Questo, Elis, lo quoto. Non sono 'a priori' contraria al fuori-pasto, anzi! Io cerco di valutare caso per caso, se manca molto per il pranzo, per esempio, e se mangiare in quel momento potrebbe privarlo del curioso appetito che gli rende così graditi e importanti i pasti che svolgiamo insieme (con tutti gli errori di valutazione del caso: siamo esseri fallibili!
)
(12-03-2012, 09:49 21)Elis Ha scritto: Anche a me sembra piú giusto che siano loro a chiedere il cibo, almeno da cosí piccoli. Non sono peró d'accordo a negarglielo se lo richiedono anche fuori pasto, nei limiti del buon senso ovviamente.
(...)
Diverso é farli mangiucchiare tutto il giorno,
(...)
LindaEva, perché pensi non sia corretto dare cibo se lo chiedono anche fuori pasto, quando li abbiamo sempre abituati a mangiare a richiesta?
...però, secondo me un 'non adesso, ora ceniamo', anche se accolto con un pianto, se comunque motivato, spiegato, sia più 'sincero'e educativo che eliminare il cibo dai cassetti bassi.
Questa negazione, non mi sembra contraddittoria come, al contrario, il negare un assaggio per partecipazione a ciò che facciamo noi, perché sono convinta che lo porti gradualmente prima a sperimentare, poi percepire, poi scoprire e in fine a riflettere sugli stimoli (bisogni) che gli invia il suo corpo e ad imparare che non sempre è meglio dare loro una soddisfazione immediata, la prima (anche se sana dal punto di vista alimentare) che capita, e che con un minimo di pazienza (e fiducia prima nei genitori, in futuro in se stessi) si può rispondere loro con una risposta più adeguata e soddisfacente.
E oltre a quello che scrivi tu, Elis, faccio mia per intero questa risposta di ChiaraC
(12-03-2012, 10:28 22)chiaraC Ha scritto: Allora io credo che un conto sia il cibo fuori pasto, un conto sia l'autogestione. Io non ho cibo a disposizione negli armadietti bassi, non apposta, era già così prima (...), è rimasto così. Però non le lascerei libero accesso al cibo. Intanto se potesse prendere quando vuole e ciò che vuole
(...)
Detto ciò non sono contraria al cibo "fuori pasto", diciamo che se nella norma c'è colazione, merenda, pranzo, merenda, cena, spesso di merende pomeridiane ne fa due, oppure inizia la cena prima che sia ufficialmente pronta, chiedendomi assaggi o qualcosa. Io tipo un pezzo di pane o di verdura non glielo nego mai. Diciamo che fino a un certo punto se mi rendevo conto che era noiosa magari le chiedevo io se avesse fame, ora invece se ha fame me lo fa capire (...). Poi immagino che cambi con l'età, immagino che, più grande, sia più in grado di mangiare una merenda e aspettare cena se gli si dice è pronto fra 10 minuti. Ora 10 minuti sono un'eternità..
ALT, FERMI TUTTI!
Mi sono accorta solo ora che c'è un equivoco di fondo.
Forse è per questo che vi lasciava perplesse l'intervento di Piermarini.
(14-03-2012, 06:19 18)giulieee Ha scritto: Io credo che la vera richiesta sia ... RICHIESTA! Se mio figlio mi chiede - e la disponibilità c'è e credo sia sano ciò che mi ha chiesto - io do. Se mi chiede ogni giorno cioccolata, non gliela do. Se mi chiede ogni giorno ostriche, non gliele do. Ma se vuole un tarallo alle 18 e alle 17 ha mangiato una banana, non sto certo a dirgli "no..è fuori orario!".
(12-03-2012, 09:49 21)Elis Ha scritto: li abbiamo sempre abituati a mangiare a richiesta?
Non è questo a cui li stiamo educando con l'Alimentazione Complementare a Richiesta.
La Richiesta da assecondare (finché resta complementare al latte, nello specifico) è il mezzo che permette al bambino di procedere attivamente facendo tesoro del prezioso bene della 'motivazione'.
Questa motivazione si fonda sul motore di ogni conquista umana: la curiosità, l'emozione della scoperta, il piacere della sperimentazione.
Il fine è traghettarlo dal latte al giusto, sano e buon mangiare.
Quali debbano essere i pasti, la loro distribuzione nell'arco della giornata, il tipo di alimentazione non ce lo dice nessuno. Ci si auspica che sia un'alimentazione sana. Stop.
Oltre l'AS (parliamo pur sempre di 'svezzamento' per intenderci, di passaggio) non pretende di spingersi.
L' obiettivo cui si vuole giungere è che poi il bambino così procedendo gradualmente si adegui con allegria e naturalezza alle norme (chiamiamole regole, convenzioni o abitudini) che valgono per il resto della famiglia.
La richiesta di assaggi prima o poi lascerà il campo alle porzioni.
La RICHIESTA, che poi non è altro che una emanazione del principio di rispetto delle esigenze e dei gusti personali,
è il mezzo. Non il fine, ciò a cui lo stiamo abituando.
Non dimentichiamolo.
E lo stesso Piermarini, più volte, ci ricorda di mantere il ricordo di questo principio ispiratore della nostra azione eduativa. Di non dimenticarci che resterà una risorsa che prima o poi verrà giustamente accantonata, ma solo fin quando la navigazione procederà con vento in poppa.
Ci chiede di tornare a sfruttarla, a ricordarcene come principio ispiratore ogni qual volta il figlio (anche oltre i 3 anni) avrà momenti più o meno occasionali di inappetenza.
Non insistere, ma comunicare, anzi ascoltare i suoi messaggi, le sue richieste, permettergli di avere appetito o no secondo le sue esigenze.
Anche per questo consiglia di ridurre le porzioni, perché possa avere la voglia e sentirsi libero di chiederne di più.