Buondì.
Non so bene decidere se quanto scrivo qua sotto sia in topic od off topic o metà e metà... semplicemente erano idee che premevano per uscire, dopo aver leggiucchiato qua e là in questo forum e nel blog, dietro segnalazioni di una certa entusiasta utenza che, vedo, s'è appassionata all'argomento oltre l'immaginabile! E qui mi sembrava ci stessero.
Fateci poi quel che volete!
These are only
my two cents!
(09-05-2012, 12:58 12)Valina Ha scritto: Quando saremo nonni, diremo quello che si faceva alla nostra epoca. E accetteremo quello che verrà scelto dai nostri figli. Magari si scoprirà che l'AS crea piccoli anarchici dispotici e maleducati. Oppure la cosa avrà (finalmente) preso piede e verrà consigliata dai pediatri. Io credo in quello che ho scritto sul blog: se lascio libero mio figlio già da adesso, sarò abituata a lasciarlo libero anche da adulto. E soprattutto io credo che una persona cresciuta con la libertà di scegliere ed esprimersi, concederà lo stesso spazio ai suoi figli.
Speriamo solo che se non dovesse essere AS sia almeno qualcosa cucinato in casa e non omo-lio!
Essere genitori o nonni è comunque essere come dei Maestri, che insegnano ai giovani a stare al mondo.
Detta così parrebbe cosa molto superficiale e pure un po' ipocrita, ma esistono molti aspetti molto profondi di una cosa apparentemente così banale.
Intanto una regola, che vale per chiunque si trovi a dare qualsiasi tipo di insegnamento, che siano le correlazioni profonde della teoria della relatività speciale di Einstein al come girare una chiave nella toppa della serratura: "insegnare insegna".
L'approccio umile, attento, ricettivo di chi si trova dietro la cattedra è fondamentale. Imprescindibile per ottenere il risultato preposto.
Negli antichi era normale considerare l'esistenza di due "guerre": la "piccola guerra" e la "grande guerra".
La piccola è quella che si combatte esternamente, nella vita... in questo caso la metafora sarebbe nell'insegnamento ad un allievo/figlio.
La grande quella che si combatte al nostro interno, contro le nostre "posture mentali", contro i nostri istinti, ed è appunto grande perchè è sempre più facile vedere e correggere i difetti degli altri che non confessarsi o solo rendersi consapevoli dei proprî.
Questo per dire che alla fine... uno che si mette a fare il genitore e lo vuole fare fino in fondo, ha davanti a volte più sè stesso che il figlio. E non è un lavoro facile.
Il parallelo con le arti marziali a me riesce facile, in quanto praticante, da qualche tempo a questa parte anche ufficialmente da dietro la famosa cattedra.
Ho letto il post di Valina, in home-page, quello che riguarda il lasciar liberi i proprî figli di crescere da soli, e ci vedo una stretta correlazione con quanto scritto qui nel forum in questo thread sulla nonnitudine.
Da nonni, come da genitori, occorre essere attenti, ricettivi ed umili, esattamente come un Maestro coi proprî allievi.
Pena il fallimento, parziale o totale, del ruolo di insegnante.
Quando si insegna una "tecnica", come quando si insegna a tenere il cucchiaio diritto ad un bimbo di 2 anni o forse meno, ci si pone addentro il problema di sapere *bene* come funziona quella tal cosa, al punto che si rivelano aspetti che nemmeno ci eravamo mai accorti che esistessero, perchè a noi magari è sempre venuta bene di suo.
Poi capita che il bimbo/allievo ti faccia una domanda su qualcosa che non avevi mai considerato, ma che per lui costituisce IL problema, ed ecco che devi capire, comprendere, trovare la risposta.
E poi c'è da stare anche un po' "rilassati"... attenti a non elargire insegnamenti non richiesti.
Come diceva Valina, attenti a lasciare che i figli prendano la loro strada da soli, sempre disponibili ad una richiesta di aiuto ma lasciandoli andare a loro stessi, con le loro responsabilità e con la nostra fiducia che sapranno farci fronte.
Invero non siamo noi, genitori, che insegnamo ai figli a stare al mondo, ma sono LORO che imparando
da con noi migliorano il nostro stare al mondo.
Essere nonni poi è un gradino ulteriore, perchè bisogna saper tirarsi indietro ancora di più di quanto non lo si sia già fatto coi proprî figli quando han preso il largo sulla loro
rotta della vita.
Io ho sempre visto il *nonno* come una figura di riferimento tipo "saggio della tribù".
Il nonno per me dovrebbe essere quello che garantisce, nella famiglia, la memoria storica, la saggezza di chi essendo "stanco" - o comunque più stanco di un giovane - ha il tempo e la pace per dare il giusto consiglio, quando richiesto.
Vengo da una famiglia dove i miei nonni erano molto differenti: i paterni completamente indifferenti, vittime della loro eterna ed estrema preferenza per la figlia (mia zia) e relativa nipotanza.
Quando mia cugina restò incinta, al 5° mese ancora si dava alla fuga per non farsi beccare da me o da mio padre sulle scale del palazzo, come se avesse fatto la cosa più vergognosa della storia dell'umanità.
Solo che a noi fregava circa come l'andamento del PIL del Burkina Faso...
Ma del resto... si vedon negli altri i difetti proprî.
Quelle volte che non si poteva fare a meno e dovevano accudirmi eran sempre un po' superficiali coi miei e freddi, quasi scocciati, di dovermi tenere quel giorno... mia nonna a pranzo, con la scusa che mi piaceva tanto, mi serviva "riso sporco" ed il resto del tempo era un'attesa che arrivassero le 5.30pm e qualcuno venisse a "ritirare il pacco".
I nonni materni, invece, ci sarebbe da stender loro un tappeto rosso dove camminano, se calcassero ancora questa Terra. Di fatto mi hanno cresciuto, prendendosi la responsabilità di fare le veci dei miei, che a quel tempo causa lavoro non avevano la possibilità di starmi appresso. Se poi calcoliamo che io devo aver fatto circa 15gg. di asilo in totale, sommando i varî tentativi di inserirmici, tutti falliti perchè ero un irriducibile testa di rapa che non ci voleva andare all'asilo. "256261!: chiama la mia nonna e dille di venirmi a prendere!"
Il numero lo ricordo ancora, dopo 35 anni...
Questi non erano esattamente come "il saggio del villaggio" che ho in mente io come figura ideale, ma comunque sia ho di loro gran bei ricordi, dalle prime vacanze a Cattolica senza mamma e papà quando avevo circa 5 o 6 anni, alle visite dai bis-nonni ai piedi del Monte Grappa, alla prima volta che il Quartetto Cetra presentò Goldrake su Rai Uno. Quella sera cenai a pan cotto. Mi pare ieri.
Avevano dei gran bei difetti, ma non importa. Erano i nonni. E se per qualche motivo dovessero aver fatto qualche errore pedagogico/comportamentale/educativo... beh, io dei loro non ne ho memoria.
Ciò che ricordo è che mi diedero tutto ciò che potevano darmi. E vedo oggi in mia madre ciò che vedevo ieri in mia nonna, come carattere, come modi di fare.
Tutte le cose che scrive Valina, comunque, sono perfettamente condivisibili, e certo le condivido.
Ma su alcune sono un po' meno integralista.
Per esempio io credo che anche se la nonna si chiama talvolta mamma, la creatura che ha in custodia ha tutti gli strumenti per capire che forse non è proprio così.
Anzi... tra un po' finirà che la corregge lei, la nonna. Basta sedersi sulla sponda del fiume e attendere con pazienza.
E' più un problema di principio, e poi della nonna in sè, che non dell'educazione del nipote. E' solo che ciò enfatizza il naturale, legittimo, istinto materno che porta ad essere molto gelosi della propria prole.
Insomma... mi spiace, ma mi preoccupo più per la nonna che non per il/la nipote che ci sta assieme.
E poi... un po' di fiducia nel bimbo, che spesso, anche con l'autosvezzamento, dimostra di saperne molto più di quanto non si pensi.
Saprà discernere, e capire chi è il nonno, chi è il genitore.
Non si può essere perfetti.
Per quanto si possa stilare una lista di regole di cose da non fare, ogni tanto capita di trovarsi al compromesso, all'errore, alla reazione più istintiva che magari poi ci fa sentire in colpa.
Capita.
La ricerca della perfezione porta al crash. Uno ci sclera dietro...
La ricerca dell'auto-correzione, invece, è più salutare per tutti. (insegnare insegna...)
Lo sberlotto sulla bocca... capita. Non sarà per questo che vi dovete sentire appiccicati sulla schiena il cartello "genitore degenere e violento"!
L'importante è che non sia la norma. Che non diventi il rifugio standard di quello che non sa come fare per imporre la sua volontà e sceglie sempre la via facile delle bacchettate sulle mani.
Ci si scusa, il figlio lo comprende. Eccome se lo comprende.
Ci sono figli che non si ribellano mai solo perchè "è mamma" o "è papà", ed "è giusto che facciano così", esattamente come ci sono donne che subiscono violenze domestiche senza dire "beh?" ed anzi giustificandole come punizioni meritate o con "eh ma io lo amo", ed altre amenità di questo genere.
Figuriamoci se uno sberlotto istintivo, seguito da scuse sincere, può essere un danno irreparabile.
Qualcuno ha scritto "dopotutto si arrabbiano pure loro". Appunto!
L'importante, in tutto, è essere umili.
E cercare più di capire cosa il figlio chiede che non di capire cosa posso dargli io di più di quel che già non sto dando.
In questo modo il figlio assorbirà questo atteggiamento, e probabilmente tenderà a replicarlo quando sarà il suo turno di insegnare qualcosa a qualcuno.
Esiste un proverbietto, che mi viene in mente ora, e forse c'entra un po' tirato per i capelli... e per il quale nove volte su dieci vengo preso a male parole sostenendolo: "ai figli bisogna far patire un poco di fame ed un poco di freddo".
Io ci credo. Molti non ne capiscono la reale interpretazione, che non è così crudele come può sembrare.
Ve lo lascio qui... e vi saluto!
Avete un bel forum. Se fossero tutti attenti come voi forse il mondo girerebbe diverso...
(Ah, per inciso: il riso sporco altro non sarebbe che del riso in bianco condito con del burro, opportunamente fatto bruciacchiare in padella. Ciò regala degli splendidi e saporiti puntini neri che, appunto, "sporcano" il riso. La vera sostanza della cosa, però, è che il riso in bianco ed un tòcco di burro costano poco... ed impegnano ancora meno... al limite spolverata di grana e pedalare! =) )