17-08-2012, 07:37 19
(07-08-2012, 02:52 14)tinetta78 Ha scritto: Mi piace tutto e mangio di tutto. Sono molto curiosa di fare nuovi assaggi. ... Tipo cibi esotici o stranieri..... Chissa forse perche non ho mai potuto mangiare quello che mi incuriosiva???? Mah!!!
Ecco io invece per me do un'altra spiegazione.
Nonostante il mio svezzamento tradizionale in senso lato (frullati e creme/minestre casarecci, regole a tavola, mangiare tutto, mangiare=dovere, punizioni e minacce ecc...), i miei genitori e nonni erano ottime forchette e mi fornivano un buon esempio 'onnivoro' e godurioso.
Quando svezzarono me (la prima figlia alle porte del '70) i consigli pediatrici, già in parte indirizzati dalle nuove mode, erano ancora prevalentemente basati su un generale buon senso da medico di campagna di una volta.
Certamente se ne sapeva un po' meno di adesso, ma in compenso si sapeva ancora poco di allergie (nel male, ma anche nel bene=meno paranoie inutili) e di svezzamento precoce pediatrico.
Fui allattata fino ai 6 mesi circa e al seno.
[Andò peggio ai miei fratelli nati 2 e quasi 4 anni dopo: ormai mia madre e i nuovi pediatri erano perfettamente informati, non era più alle prime armi, su tutte le nuove frontiere della scienza del baby food (l'enorme frescaccia omo, pappe e fisime varie).]
Tuttavia l'insieme di regole per un pasto 'dovere' mi crearono problemi.
Anche io bambina fragile e esile, lo ero perché mangiavo troppo poco, secondo i criteri di mia madre.
Donna che sa come inventarsi sempre nuovi sensi di colpa, convinta di sbagliare perché il figlio di amici figlio di personalini massicci e alti, era molto più robusto e massiccio di me alla stessa età, quindi, fialette rosse e arancioni anche a me, e forzature di ogni genere per 'non sbagliare' dai circa 2 ai sette anni circa!
Quando finalmente arrivò il via libera ai cibi della tavola 'di tutti' ormai consentiti, all'improvviso tutti avrebbero voluto fortemente che fossi andata oltre mozzarella, fettina e pastasciutta, in pieni TT e fase di 'diffidenza', allora sconosciuti, ero ormai stata debitamente abituata a detestare i pasti perché odiavo i miei abituali.
Nonostante questo anche se mangiavo prevalentemente le cose 'adatte' a un bambino, so che non mi negarono assaggi, ma solo dopo aver finito il mio piatto e non oltre un assaggio perché ero ancora piccola.
E ricordo che ero da una parte diffidente, ma dall'altra molto curiosa, al punto che vivevo di contrasti.
Ricordo personalmente che verso i 3 anni mentre mangiavano con gusto 'lumache' io provai ad assaggiare, ma rinunciai perché andavano masticate troppo! Dissi, però, che ero sicura che da grande mi sarebbero piaciute.
Ero abituata a credere che certi cibi fossero solo per i grandi, ero nella fase di diffidenza verso il nuovo, ma la mia curiosità innata stava per prendere il sopravvento.
(06-08-2012, 04:30 16)ax76 Ha scritto: 1) Non credo che dipenda dallo svezzamento in se' quanto da un generale approccio nei miei confronti
e nei confronti dei pasti.
Sono d'accordo con questo.
Credo anche che l'atteggiamento 'non gonzalesiano' (per capirci) delle diverse sfumature esistenti anche allora nell'approccio educativo del bambino, preesistenti e all'origine dello svezzamento 'posologico' abbia avuto più influenza dello svezzamento in sé.
In fondo, se ci pensiamo, una moda non nasce solo dai modelli proposte, ma necessita di un substrato culturale già esistente che l'accolga.
E questo si era andato già preparando da molto prima, secondo me.
Il pediatra con le 'istruzioni per l'uso' per ottenere un allattamento 'perfetto' e poco faticoso, per una buona educazione e per lo svezzamento, non avrebbe preso tanto piede se i modelli culturali non fossero già orientati in questa direzione, se non fosse stato avvertito come un 'bisogno' da parte delle madri.
Infatti, anche su me per molti anni ha influito molto più il senso del pasto come dovere, che conrastandoo col mio bisogno di affermare la mia capacità decisionale e i miei gusti o esigenze di quantità, a lungo mi ha tenuto lontana dal percepire i pasti come un piacere.
Il periodo della scuola mi aiutò, non per la mensa delle suore (i primi erano sbobbe che spesso finivano nei cassetti delle tavole!) se non, forse, del mangiare divertendomi con 'miei pari' e non carnefici, bensì soprattutto perché stavo più spesso dai nonni, persone di campagna, con piena libertà di assaggiare e mangiare le mie quantità.
Ma soprattutto, su Tutto, influì il senso che quelle che sentivo mie esigenze, se al di fuori delle basilari necessità (ma poi le capivano, davvero, o le davano per scontate secondo norme e pregiudizi da manuale?) indicate dai loro dictat, venivano considerate capricci a priori, da non prendere in considerazione, ma neanche per spiegare il perché di un no.
Cresco contrastata fra senso di profonda indipendenza e bisogno costante di sentirmi approvata da almeno qualcuno intorno, cose che spesso facilmente non collimano.
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Sul fronte alimentare, il continuo ricatto affettivo legato al mangiare credo abbiano associato il senso di 'sazietà/pienezza alla soddisfazione affettiva di mia madre che ricambiandomi con occhi a cuore e serenità (sua) faceva di riflesso contenta anche me e mi faceva sentire appagata. se mangiavo di più lo facevo per amore, oltre la mia capacità di stomaco.
Sarà anche per questo che a ogni stato 'alterato' di ansia, nervosismo, emozione tenderei a rispondere col cibo?
Fondamentalmente sono dell'idea che certe scelte educative, come lo svezzamento imposto, tendano a fiaccare la personalità e ad assecondare spinte negative, certo, non agevolano i ben più sani e armoniosi processi naturali della psiche, ma li mettono a dura prova!
Non penso, sinceramente, che ci sia un diretto rapporto causale, tant'è vero che problemi alimentari scaturiti sono stati (e sono) in aumento, ma non per tutti gli stessi e non per tutti.
2/10/2007 Tartarughino
27/6/2010 Torello