“Ma non ti preoccupare, quando avrà fame mangerà”. Mi diceva spesso mia moglie. Mangerà? E chi lo sa? E se la fame non tornasse? Dopo tutto è un “bambino inappetente”. E se ci fosse di mezzo la salute?
Filippo non mangiava… oddio, non esageriamo, mangiava poco. Secondo me non mangiava abbastanza. Sono l’uomo di cucina: che brutta cosa vedere i frutti delle mie fatiche quasi intonse nel piatto. Lì, sole e neanche assaggiate!
Ma al di là di questo sentimento un po’ narcisistico, il non mangiare di Filippo non mi lasciava tranquillo. A nulla valeva una Beatrice che invece dava soddisfazione (nel suo equilibrio di bambina non mangiona).
Un bambino inappetente?
Filippo, invece, era inappetente. A tavola spesso un disastro: sbocconcellava a mala pena il minimo sindacale (e con fatica.. pure mia, quella di un “insano papà” un po’ rompiscatole) e mi pareva sempre che non si nutrisse il giusto. Non abbastanza, secondo me. Mai abbastanza!
Mi faceva davvero preoccupare. Sono di vecchio stampo. Mia nonna se mi sentiva dire “sono sazio”, subito s’allarmava. “Non stai bene?”. “Nonna, sto benissimo, ma il bis anche del secondo non riesco a farlo!”.
- Cibo = salute.
- Appetito = star bene.
Sono equazioni del mio passato. E in parte del mio presente.
- Se Filippo mangia poco = ha qualcosa. Magari anche di grave.
E mi preoccupavo.
In più quest’estate m’ha pure perso 1 kg. È vero ha messo su 4 cm, non stava fermo un secondo, viveva allo stato brado dalla mattina alla sera… eppure ha perso quel maledetto kg, che ha fatto sorgere in me pure un poco d’ansia.
Filippo ha appena compiuto tre anni e da un paio di mesi mangia abbastanza. Diciamo quel che gli serve.
Le cose sono cambiate, abbiamo svoltato. Io e lui insieme. La vera svolta non l’ha fatta lui, ma io. La mia testa. In questi mesi sono uscite dalla mia testa queste parole – con i concetti annessi – : abbastanza, mangia poco, perché non mangi, inappetenza…? Il mio atteggiamento nei sui confronti ha perso quella dose di preoccupazione e di ansia (non eccessiva per la verità) che rendeva l’approccio al cibo un problema a prescindere.
Un po’ perché alla fine nonostante l’apparente inappetenza era ed è una bambino vivace, allegro, attivo e normodotato.
Un po’ perché la pediatra nei suoi controlli di routine non ha mai sollevato questo problema. Una volta ho abbozzato un “secondo me magia poco” e lei mi ha fulminato: “quando hanno fame i bambini si fanno sentire, mangiano quel che a loro basta…”.
Un po’ perché molti mi dicevano di stare tranquillo, di non preoccuparmi (mia moglie in primis, ma lei – si sa – ha torto per definizione…).
Un po’ perché leggere altre esperienze o discussioni sul tema mi ha aiutato a inquadrare meglio la questione. Anche se questo ha comportato vincere le mie resistenze di papà attento e sensibile e preoccupato e premuroso (queste onestamente sono le più difficili, ce n’è voluto).
Un po’ perché ho cominciato a sperimentare che il rito dello stare a tavola cambia volto, diventa un bel momento quasi rilassante, se è vissuto con serenità grazie alla sana indifferenza verso i “capricci alimentari” di Filippo.
Ma soprattutto – e questa è stata la vera scintilla – perché mia mamma mi ha finalmente raccontato che a 3 anni mi hanno ricoverato in ospedale per sospetta “inappetenza infantile” per poi decretare uno stato di salute impeccabile… mangiavo molto poco e basta. Mi ha “guarito” semplicemente il crescere, fino agli attuali 82 kg di una sano onnivoro.
Ho svoltato nella mia testa. Con lei s’è schiarito e rasserenato pure l’orizzonte.
Filippo a tavola è uno scassa palle (tale è rimasto): si siede e spesso la prima cosa dice è “non mi piace” (magari qualche giorno prima l’ha divorato alla grande). Prima, o manifestavo una certa irritazione – sempre deleteria – o tentavo di riparare con alternative (spesso già pronte per magia… Filippo di fatto decideva il suo menù approfittando della mia pirlaggine).
Ora tranquillamente ribatto: ”se non ti va non mangiare… Sai che c’è? Se non lo mangi tu me lo mangio io fra un momento…” e lo lascio perdere. Quasi sempre dopo qualche minuto inizia a mangiare come se niente fosse. Non è diventato all’improvviso un mangione, ma è più regolare e pian piano assaggia tutto. E mangia certamente abbastanza. Quanto a lui serve.
Non ho perso del tutto il mio sguardo attento (forse troppo) ai segnali che i miei figli comunque danno e sul cibo non sono ancora riuscito a scrollarmi di dosso, e dal “di dentro”, qualche mio retaggio esistenziale. Comunque mi sento molto più libero lasciando liberi i miei figli.
Libero e sereno: una bella conquista!
27 risposte
è vero che quando cucini poi ti spiace se qualcosa avanza. magari avevi fatto quella cosa apposta per lui, perchè sai che gli piace, e invece quel giorno lui non ne ha voglia. oppure il piccolo prende il piatto e lo fa volare, e finisce tutto nel pavimento. certo bisogna insegnare ai bambini a rispettare quello che c’è a tavola, non fare porzioni giganti se poi non si riesce a mangiare, non pretendere di mangiare altro se mamma o papà hanno cucinato una certa cosa, magari insegnare nei limiti del possibile ad assaggiare prima di dire ‘non mi piace’. e questo è un fatto. mangiare però tutti la stessa cosa aiuta anche in questo senso, perchè quello che il bambino non vuole se lo mangia l’adulto. e non si butta niente. e anche se ti alzi da tavola per andare a giocare rischi di non poter fare più il bis. a casa nostra è successo qualche volta che tornasse a tavola per mangiare ancora un po’ ma noi avevamo spazzolato già tutto. la morale è che se una cosa ti interessa devi chiederla quando sei in tempo, e se ci si alza da tavola vuol dire che non si ha più fame. certo cucinare qualcosa e vedere che tuo figlio la mangia di gusto e fa il bis dà soddisfazione, così come dispiace se non vuole neanche assaggiare ciò che hai preparato sperando di prevedere i suoi gusti. ma che ci vuoi fare? del resto farglielo capire può innescare una serie di meccanismi perversi per cui il bambino mangia/non mangia per compiacerti/sfida e non se ne esce più.
molto vero…
CosmicMummy1976 hahaha… adesso BM ha imparato e se si alza da tavola (magari per andare in bagno o quello che è) dice CHIARAMENTE che il suo piatto non va toccato :D:D
andrea_ CosmicMummy1976 certo il SUO piatto no, ma quello di portata… se tu ti alzi da tavola per andare a giocare non puoi pretendere che noi ti aspettiamo nel caso volessi ancora… abbiamo fame anche noi, a tavola è una guerra!!! 😀
andrea_ CosmicMummy1976 + che altro anche il fratello non si fa pregare per finire le cose, ora ha imparato a fare segno con la manina come per dire ‘dai qua’… 😉
Io sono cresciuta con una nonna per la quale nessuno era mai abbastanza magro, a volte nemmeno io, fa niente se magari ero al nono mese di gravidanza. Adesso ogni volta che vede i miei figli dice che sono grassi. Le mie creature??!! A loro piace mangiare, mangiano più o meno di tutto e io di certo non li forzo, se non hanno fame prima o poi mangeranno. Mia nonna sarebbe fiera di Filippo, se vuoi te la presto ogni tanto..
Non è più semplice che io presti ogni tanto Filippo alla nonna?
vittore Direi di no… La nonna di Filippo direbbe che è troppo magro, mentre quella di sonoalmondo dice che non lo sono abbastanza (o così mi sembra di aver capito:) )
@ Gloria. Se rispetto a questo tema avessi scritto 2 mesi fa probabilmente avresti trovato qualcosa di diverso. Dopo l’estate la concomitanza di tutte quelle cose che ho citato mi hanno fatto affrontare la questione in modo diverso con i risultati indicati. Questo non toglie che certe dinamiche scompaiano del tutto. Cerco di essere attento ai segnali che mi lanciano i piccoli, anche rispetto al cibo, ma so che li devo prendere in modo diverso.
Rispetto ai sentimenti di “mantenimento” sfondi davvero una porta aperta: il sentimento che istintivamente spesso si presenta non è ne bene nè male ha necessità di essere constestualizzato. Nasce da me e quindi da mie sovrastrutture o convinzioni inconsce o è stimolato da reali situazioni che hanno bisogno di decodifiche? Un sano atteggiamento di premura aiuta a leggerli perchè comunque una risposta va data, altrimenti rischiano di essere vissuti solo d’istinto.
É che a volte temo che da quello che diciamo (non tanto qui dentro, quanto fuori di qui) possa passare per faciloneria, ma ci tengo molto che non sia cosi’ e che non si percepisca che sia cosi’. L’attenzione, l’ascolto e il rispetto sono, per me, la forma di premura piu’ “evoluta”.
“[…] perche’ comunque una risposta va data, altrimenti rischiano di essere vissuti solo d’istinto”In che senso?
(puoi utilizzare il Reply qui sotto per rispondere direttamente sotto ai commenti 🙂 cosi’ rimangono tutti l’uno sotto l’altro)
Se di fronte a Filippo che non mangia si genera in me un sentimento di disagio (inteso o come istintiva irritazione o ansia che non mangi) non devo reagire in modo istintivo o con la ramanzina o con la preoccupata ricerca dell’alternativa, ma devo cercare di capire qual’è l’origine del mio disagio. Dietro un sentimente c’è molto di più ed è quello che devo imparare a leggere. Per tornare all’esempio: il disagio è “ferita implicita” perchè il mio cibo non è accettato? E’ preoccupazione perchè non mangia e quindi “oddio non cresce”?
Certo questo è un meccanismo non immediato, ma molto importante: quante volte mi capita che il sentimento di “rabbia” generato da qualche comportamento dei fogli sia dovuto non tanto perchè in quel momento abbiano fatto una reale super marachella, ma perchè in quel momento quella cosa ha dato fastidio a me…
Non so se mi sono spiegato.
Spiegato benissimo e capisco al 100%, se non a tavola in buona parte degli altri aspetti della vita delle bimbe. E’ un lavoro di introspezione mica facile… e ognuno ha il suo punto debole.