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Ma sono tutti ©øglıønı?

svezzamento tradizionale non ha senso

“Ma sono tutti ©øglıønı?” è la domanda che, un po’ per celia, è stata posta dal pediatra Lucio Piermarini in un articolo sull’autosvezzamento. La domanda all’inizio mi fece ridere, ma più ci pensavo più mi sembrava importante: è vero o non è vero che fior di laureati, dopo aver speso la loro gioventù sui banchi universitari, con tanto di specializzazione senza fine, si riducano a non essere altro che una massa di dottorucoli retrogradi, inefficienti e inaffidabili non appena si parla di svezzamento? Perché posso affermare che lo svezzamento tradizionale non ha senso?

Lo svezzamento tradizionale è nel nostro subcosciente.

Non è lontano il tempo in cui pensavo che lo svezzamento fosse fatto di sputi, vomiti, lacrime, urli, areoplanini, filastrocche, tragedie greche e tanti soldi spesi per comprare questo e quello; è la vita… che ci vogliamo fare… hai voluto un figlio, ora la sconti!! La cosa mi sarebbe anche potuta andare bene se almeno coloro che dispensano la verità, ovvero i pediatri, si fossero trovati tutti d’accordo, quanto meno su grandi linee. In Italia c’è la Grande Verità che dice che ai figli bisogna dare il brodino di patata e carota, ma come mai alcuni dicono di cominciare a 4 mesi, altri a 5, altri a 6, altri ti dicono di attendere ancora di più e altri ancora ti dicono che puoi cominciare anche prima? Alcuni sono ferrei e sostengono che deve essere solo patata e carota, altri aggiungono la zucchina. Per alcuni poi si mette il parmigiano, altri dicono di no; alcuni ti danno la lista delle verdure da comprare necessariamente al banco N° 15 del Mercato di Via Trionfale (per chi è di Roma), altri ti dicono che qualunque cosa va bene… Chiaramente esagero (meno di quanto si possa immaginare), ma basta sfogliare le pagine degli interminabili e estremamente ripetitivi post sullo svezzamento che imperversano in rete per capire di cosa parlo. Le domande sono sempre uguali: “il cardo glielo date?”, “La peddy mi ha detto niente pesce fino a 8 mesi”, “Gli ho dato un pezzetto di cavolfiore, dite che ho fatto bene?”, “Oddio non mi mangia, ma com’è? Se continua così tra un po’ sparisce”, e così via. Proprio oggi leggevo di una madre che ha paragonato la ricetta datale dal pediatra a un programma della NASA e un’altra che domani avrebbe chiesto al dottore il permesso per aggiungere un altro cucchiaio di farina alla pappa perché troppo liquida.

Le domande sarebbero anche legittime se dietro tutti i consigli e i controconsigli che si sentono (e che in certo modo sono alla causa delle domande stesse) ci fosse della scienza, ma finora ho trovato solo che quello che i pediatri in linea di massima consigliano non è molto diverso dalla “ricetta della nonna” (con tanto di scuse alle nonne) o dal ”al paese mio si fa così”. Insomma, sembrano dire così perché è così che si fa.

E poi se svezzare fosse così difficile, l’umanità si sarebbe estinta già da molti millenni.

Anche i genitori hanno le loro responsabilità

A dirla tutta però, credo che le mamme siano complici (quasi) inconsapevoli: loro si aspettano una certa cosa (la ricettina) e il dottore, per quieto vivere, trova più facile assecondarle, tanto questo metodo non fa male (almeno spero…), piuttosto che dire qualcosa di diverso. Ad esempio, su un altro forum ho letto di una mamma che era rimasta talmente spaesata dal fatto che il pediatra le avesse detto di dare al figlio quello che le pareva, così si è affrettata a cambiare dottore. Insomma, è un circolo vizioso, le mamme si aspettano qualcosa che a loro viene prontamente dato perpetuando così l’errore (pare che questa sia una pratica comune nella medicina italiana), ed ecco che, forse per difendersi o forse per risparmiare tempi, il pediatra sconsiglia di fare autosvezzamento (o quanto meno non lo consiglia).

Lo svezzamento tradizionale all’italiana si fa solo… in Italia

Ma sono tutti ©øglıønı? – svezzamento tradizionale non ha sensoIl fatto che lo svezzamento all’italiana non sia una cosa scritta sul retro delle tavole dei 10 comandamenti è provata dal fatto che, ad esempio, nel Regno Unito (così come in molti altri paesi) la procedura è del tutto diversa: lì ti dicono di dare quasi tutto da subito (basta vedere come sono fatti i primi omogeneizzati); non ti dicono di frullare niente; ci sono pochissime restrizioni sugli ingredienti che si possono scegliere, il più dovute a questioni di allergie, e non c’è un ordine specifico in cui darle. Non parliamo poi dell’OMS e dell’UE. Per farla corta nessun organismo internazionale, che io sappia, parla di brodini, patate, carote, liste della spesa fatte con il calendario, regimi dietetici ferrei, né parla di pappe, frullati, omogeneizzati, liofilizzati ecc. e non ci sono neanche tante raccomandazioni per quanto riguarda le allergie. Come se ciò non bastasse, neppure il Ministero della Salute italiano sembra condividere lo “svezzamento tradizionale all’italiana” – neanche nelle tanto vituperate linee guida pubblicate qualche anno fa sono riusciti a sdoganarlo – e quindi perché alcuni (molti, anzi troppi) pediatri continuano a parlare di brodini di patata e carota come se fossero indispensabili e imprescindibili per una crescita sana?

Lo svezzamento tradizionale non ha senso

Insomma, se vogliamo che lo svezzamento all’italiana abbia un minimo di rispettabilità per prima cosa il pediatra di Annina, quello di Giacomino e quello di Francesco e di Luisella devono dire le stesse cose e devono spiegare il perché dei loro consigli e non limitarsi a distribuire un ciclostile, quasi come se stessero facendo volantinaggio. Prima di fare ciò bisogna effettuare però una ricerca che giustifichi tali consigli, ma dubito fortemente che si farà mai e forse non sarebbe neanche possibile dato l’altissimo numero di variabili in gioco. Insomma non mi sembra proprio che ci sia una giustificazione sostenibile riguardo l’esistenza/necessità di un menù fisso, di una ricetta, di un vademecum per lo svezzamento, o per lo meno non c’è niente, che io sappia, che metta d’accordo tutti.

Le uniche cose davvero valide sono delle “regole” molto generiche che si possono riassumere con un semplice “usa il buon senso e dimentica il resto”, solo così si uscirà dal circolo vizioso e forse si permetterà al medico pediatra di avere più tempo per fare quello per cui è pagato: curare i malati.

Il problema è convincere anche quei genitori che la ricettina per lo svezzamento la richiedono a gran forza…

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28 risposte

  1. Tra poco avrò il fatidico incontro con la pediatra per parlare di svezzamento..aiuto!!! Oggi però voglio fare un regalo di san valentino al mio piccolo(5 mesi e mezzo),lo metto a tavola con noi!! Penne al ragú un po’ troppo come inizio?(il ragú l’ho fatto io con poco olio e carne buona)

  2. magari la mia pediatra mi dicesse di dargli quello che voglio…non dovrei sempre mentire, mi ha giàdfetto che quando svezzeremo a 6 mesi ci sarà passato di verdure, ok buono lo mangio anche io ma altro? mah!

      1. andrea_ SofiaBianchi gli ho dovuto dire che non mangia di notte, perchè per le dopo 3/4 mesi di vita doveva dormire tutta la notte quando ancora ora che ne ha 8 mangia di notte e io sono felice così, saròùà lui a scegliere quando smettere perchè così è la natura. Ora che siamo arrivati allo svezzamento mi ha dato un pessimo passato di verdure e carne da dare uguale per un mese. Io non ho seguito niente di quando detto e sto cercando un nuovo pediatra…ma non è facile trovarne non dico favorevoli all’autosvezzamento ma almeno che siano neutrali.

  3. sul forum ho postato un video di un pediatra dove nell’intervista parla della nutrizione e di come i futuri pediatri studiano la materia all’università: dopo aver visto il filmato si capisce dunque perchè la maggior parte di loro non ne sa una cippa!

  4. Parlo per esperienza diretta e personale.
    Ho due figli, uno di quasi 4 anni e l’altra di quasi 2.
    Avevo una pediatra omeopata che al momento dello svezzamento del primo mi diceva tutto quello che dovevo inserire nella sua dieta, brodo fatto esclusivamente con verdure di stagione senza la patata o la zucchina se non di stagione, e io a chiedermi che cosa cavolo metterci in questo brodo se non potevo metterci patate e zucchine (finocchi diceva lei!!). Vabbè avevo la fortuna che mio figlio mangiava la sbobba tutti i giorni fino al giorno in cui seduto a tavola con noi vedendo quello che mangiavamo noi non ne ha voluto sapere più della sbobba col semolino (aveva 1 anno e io avevo letto da poco Piermarini)
    La seconda praticamente si è svezzata da sola (il primo giorno del semolino l’ha mangiato, il secondo no) indicava la pasta, la carne e tutto quello che mangiavamo noi e non mi sono fatta fuggire l’occasione mentre mia madre diceva “ma dalle quello che deve mangiare lei (tipo pappe e così via)” si certo…nemmeno frullate le voleva le cose, a pezzetti e ti dirò è stato decisamente meglio!
    Mai avuto problemi con pappe, pianti, sputi etc.! Però questo grazie a un pò di buon senso e alle idee di autosvezzamento che ho avuto modo di sperimentare.
    Inoltre entrambi hanno imparato a mangiare da soli praticamente da subito, con le mani e poi con la forchetta!!

  5. Eh si, usare il buon senso è FATICOSO! e poi ci va di mezzo la responsabilità, vogliamo scherzare, e se per caso si sbagliasse?…
    e poi, abominazione suprema, ASCOLTARE il bambino, non se ne parla, il bambino deve “abituarsi” a fare come gli dicono e basta …
    Quello che a me colpisce come presupposto di tutto ciò, è la ricerca di una “grande verità”, di una regola una e unica da seguire al di fuori dalla quale non c’è salvezza: come se fare quello che uno sceglie da sé, quello che uno vuole in cuore e coscienza, fosse inaccettabile, e il disaccordo altrui intollerabile.
    Ricordo il libro (uno dei tanti), scritto da un pediatra forse un pò antiquato per alcuni versi, che esordiva con il concetto seguente: le mamme (non considerava i papà, proprio per quello, tra l’altro, l’ho considerato antiquato) amano profondamente i(l) loro bambino/i, sono a strettissimo contatto con loro e li ascoltano, e per questo, qualsiasi scelta facciano, non sbagliano mai.
    Io di pediatri ne ho incontrato solo di onesti e coscienziosi, che la “ricettina” la danno palesemente solo perché le mamme se l’aspettano. Non mi aspettavo minimamente una qualsiasi difficoltà nello svezzamento (“classico”), l’unico mio dubbio era sulle quantità da proporre. Per me, non è mai stato il cibo in sé il problema, salvo rari episodi e divieto assoluto di proporre due volte di seguito la stessa cosa (alla faccia del brodino sempre uguale!), ma più il “fattore distrazione” che catapultava le pappette a sorpresa in giro e protraeva i pasti all’infinito (anche adesso, ci metterà mille anni a mangiare un biscotto, ma guai a toglierglielo).

  6. Mi sa che il punto centrale (cito Linda) e’ questo:

    “Questa cultura induce a familiarizzare sin da piccoli col concetto che abbandonare il latte sia un percorso difficile e così delicato da richiedere un dettagliato ossequio a regole ferree e guide esperte.”

    Tutti si aspettano che lo svezzamento sia difficile, (e quindi la “ricetta” rassicura) perche’ i bambini non vogliono smettere di vivere di latte (cosi’ come devi metterli tu seduti, li devi sollecitare nel linguaggio, li devi sollecitare a muoversi ecc.), e invece bisognerebbe cambiare prospettiva. Loro vogliono crescere,mangiare, parlare, camminare e salire sui tavoli…. Solo il “quando” dovrebbero deciderlo loro.

  7. Cosmic, soprattutto dal momento che a volte non ci condividiamo, mi fa tanto piacere quando invece sono piuttosto d’accordo con te.
    Come anche altri dicevano (compreso l’articolo) sono la maggioranza dei genitori che chiedono fin nei dettagli più, a volte, ridicoli le ricette e le tabelle.
    Purtroppo, però, questo non è dovuto ad una presunta ignoranza di questi genitorii. Il fatto è che decenni di pediatria ‘disinformata’ che non capisce di esserlo ha contribuito insieme all’industria a produrre una cultura che dà per scontato uno svezzamento che passa attraverso alimenti intermedi fatti di frullati e pappe.
    Ricordo (e ce ne sono a bizzeffe tutt’ora) ciccibelli con corredo di biberons, piattini da pappa e finti barattolini di omogeneizzato, film e telefilm con neonati buffissimi nel loro opporsi al cucchiaino e sputacchiamenti ovunque…
    Questa cultura induce a familiarizzare sin da piccoli col concetto che abbandonare il latte sia un percorso difficile e così delicato da richiedere un dettagliato ossequio a regole ferree e guide esperte.

    Sarà pur vero, ne sono certa, che la maggioranza dei medici per bambini sia professionale nel loro campo, ma la maggior parte, in ogni caso, è completamente disinformata negli ambiti dell’alimentazione dall’allattamento in poi (e probabilmente a tal punto da non capire nemmeno quanto).
    I corsi d’aggiornamento non aiutano perché quelli più scientifici che recuperano l’Evidence Based Medicine (anche nel campo del progresso alimentare del bambino) sono generalmente a pagamento mentre quelli in uso vengono sponsorizzati dal cartello dall’industria del baby food, ma passati da alcune assocazioni pediatriche (colluse? Ignoranti? Mah) come scientifici.

    Se l’informazione corretta venisse promossa veramente dalle Associazioni pediatriche, qualcosa cambierebbe, forse.
    Sinceramente più tempo passa, più mi chiedo quanto la responsabilità dei singoli pediatri sia veramente colpevole di dolo e non, invece, di fiducia mal riposta nei loro titolati e tronfi ‘luminari’ di settore!

    E non sono la minoranza, purtroppo.
    Lo testimonia qanto poco seguito abbia ancora l’AS che ha un nome e un cognome mentre dovrebbe essere solo una ovvia linea di condotta di massima ispirata al semplice buonsenso.
    Se non fossimo incrostati di consuetudini apparentemente innoque di una bassa e falsamente scientifica cutura dello ‘svezzaento’,non servirebbero un Piermarini o una Rapley a ricordarci che mangiare per ogni animale, compreso l’essere umano, è un bisogno con un suo percorso stampato nei geni e naturale (in opposizione ad artificioso, difficile e ‘terapeutico’).
    Così come per camminare, una volta mature la fisiologia e le competenze neurologiche, che basta offrirgliene l’occasione e ogni bambino impara a camminare per gradi secondo i propri tempi e modalità, anche per mangiare è così.

    1. @Cosmic e Linda,

      come dicevo, in rete si vedono praticamente solo quelli con le ricettine che chiedono lumi. Anche sul blog la chiave di ricerca più gettonata, dopo autosvezzamento e varianti, è “tabella degli alimenti” e varianti.
      Questo si può spiegare forse dicendo che coloro che hanno la ricettina sono confusi e cercano lumi, mentre quelli che hanno ricevuto informazioni più “serie” non ne hanno bisogno, così si concentrano su forum di sport, cucina o quello che è:)

      Una cosa è certa, è IMPOSSIBILE rispondere a tutti quelli che postano (non qui, parlo in generale) chiedendo informazioni e schemini vari. Faccio già fatica a stargli dietro sul sito figuriamoci altrove 😀
      Dico IMPOSSIBILE (e in maiuscolo) perché sono semplicemente troppi e continuano a moltiplicarsi senza fine… Sarebbe un lavoro a tempo pieno anche solo fare copia/incolla della stessa risposta.
      Forse è per questo che i pediatri se la sbrigano così, almeno si tolgono i genitori di torno più rapidamente.

      1. Concordo in parte.
        Perché ce ne sono di quelli che se la prendono se non li segui alla lettera, quelli che appena ti dicono che possono iniziare adassumere solidi se, come credo normale, chiedi in che senso ti rifilano la ricettina invece di provare anche solo a dirti ‘quello che vuole lui basta che abbiate riguardo ciò che mangiate voi’…………

  8. Io al primo figlio in piena ansia da primo figlio, dermatitico, con sospetto di asma, figlio di allergici, e dopo aver letto cose apocalittiche sugli svezzamenti mi sono fatta dare la ricettina: ne avevo bisogno. Al consultorio(ora non so come l’operatrice non abbia riso, ma tant’e’) e non dalla pediatra , che era tutta uno sponsor, (per la cronaca, lei poi mi ha consigliato i formaggini col “vero parmigiano” (non ricordo che marca) ,solo che io movimento ordini da centinaia di chili di parmigiano bio superstagionato da parma per il nostro GAS :-)). Rigorosamente inserendo una verdura alla volta, di s tagione, e un tipo di carne alla volta.
    Al consultorio distribuivano un vademecum della asl su tutta l’alimentazione familiare veramente sensato ( e quello secondo me serve), e mi sono rifatta a quello (quindi no prosciutto, no formaggini ad esempio). E da allora e’ il modello che mi ispira. Siamo passati al km0/bio/ stagionalita’ quando possibile. Quindi la riflessione sul suo svezzamento ha dato una svolta all’alimentazione familiare.
    Abbiamo fatto una serie di aggiustamenti alla “ricettina” anche perche’ io parlavo di svezzamenti di oltralpe con vari amici, e ho subito cominciato a “sgarrare” sulle quantita’, visto che avevo un termovalorizzatore travestito da bambino. E intorno agli otto mesi abbiamo incominciato con le consistenze diverse.
    All’anno era cucina familiare.

      1. Ci provo, ormai l’ho interiorizzato, quindi l’ho staccato dal frigo. Comunque era una piramide, no merendine, no fritti, no patatine, no bevande zuccherate, no formaggini perche’ fanno schifo, no insaccati, olio di oliva. lavare i denti e latte materno. All’incirca. Provero’ a fare di meglio.

  9. si sono d’accordo con quello che dici. è che a volte si preferisce far contento il paziente, perchè in fondo in un certo senso questo gli fa bene – vedi l’effetto placebo nell’omeopatia. si certo le statistiche mancano, sono solo opinioni che mi sono fatta (e vedo che ti sei fatto anche tu) frequentando altri genitori. oddio, ad essere sinceri mi sembra che i casi eclatanti di cui parlavo siano comunque una minoranza, anche se tutti chi più o chi meno abbiamo le nostre piccole fissazioni. io per esempio ho la fissa dei seggiolini e delle cinture, anche se la reputo un po’ più “giustificata” di tante altre. i miei figli non hanno mai viaggiato senza, piuttosto resto a casa o vado a piedi se non posso usare la mia auto con seggiolino. non sai quante polemiche mi sono tirata dietro per questo negli anni!
    riguardo alla mancanza di formazione sullo svezzamento nelle scuole di specializzazione – se ho capito bene – la prima cosa che mi viene in mente è che forse non se ne parla perchè non c’è niente da dire, oltre alle normali regole della buona alimentazione che valgono per tutti. ma aspetto l’articolo 😉

    1. Cosmic dice: “a volte si preferisce far contento il paziente, perchè in fondo in un certo senso questo gli fa bene”

      Oggi in un altro forum sono incappato del tutto per caso in questa madre che tutta contenta ha detto che la pediatra (molto brava) le ha dato lo schemino per l’INIZIO dello svezzamento.
      Non ce l’ho fatta e ho dovuto postare una risposta… una campagna militare sarebbe stata meno dettagliata.

      “A sei mesi ESATTI” inizio con questo, “Dopo 20 giorni” quest’altro”, “dopo altri 20 giorni” un’altra cosa, e così via.
      per non parlare dei LIOFILIZZATI introdotti un gusto alla volta a distanza di NON MENO di 6 giorni per verificare la presenza di possibili intolleranze. (Mia enfasi, ma neanche tanto).
      La madre è tutta contenta perché ha il suo piano di battaglia preparato, ma che succede se il bambino un giorno sta male e non vuole mangiare? Gli sbarella il piano così meticolosamente preparato? E se, peggio del peggio, il bambino non vuole proprio mangiare??
      OK, la pediatra magari ha soddisfatto un desiderio della madre, ma se così fosse, le ha reso davvero un servizio di cui esserle grata?
      O forse la pediatra le ha semplicemente dato il ciclostile che dà a tutti, ma allora la madre non dovrebbe chiedersi se tanta precisione è necessaria?

      Tra l’altro nella stessa discussione un’altra madre si lamentava che la sua pediatra le aveva detto (ben in anticipo, mancano ancora mesi) che per lo svezzamento potrà darle tutto quello che mangia lei, ma il commento che è stato fatto è che probabilmente quella (la pediatra) era una di quelle che non vuole spiegare le cose.
      Ma allora, anche se non ci sarebbe niente da dire, bisogna comunque spiegare sempre tutto… (beh, meno male, così possiamo continuare con il blog 🙂

  10. secondo me l’ipotesi dei genitori ansiosi che vogliono la ricettina è la più probabile, o quantomeno la più diffusa. non penso che i pediatri siano tutti C..ni, anzi secondo me la stragrande maggioranza di quelli di base sono molto competenti e in gamba. la mia personale statistica (basata su persone che conosco personalmente più o meno da vicino – e con 2 figli devo dire che ormai possiedo dei dati con cui potrei scrivere un articolo da sottomettere a Nature :-D) è che le possibilità sono queste:
    – pediatra privato con genitori ansiosi: salvo disagi molto forti della sanità pubblica locale in genere si sceglie un pediatra privato perchè si pensa che sia “più bravo” per il solo fatto che lo si paga profumatamente. a volte tale pediatra è persino omeopata, naturopata, vanta 50 anni di esperienza se non è addirittura stato pediatra di uno dei genitori (e a quel punto mi chiedo: come può un pediatra di 70 anni che lavora solo nel privato essere aggiornato e avere interesse a informarsi e migliorarsi?). questo pediatra dovrà in qualche modo giustificare l’elevato prezzo delle sue visite, e tenere legati a se i genitori e i piccoli pazienti, dunque farà leva sulle insicurezze – normalissime – dei genitori per convincerli che tutto deve essere ben ponderato o saranno guai. questo succede purtroppo non solo in pediatria.
    – pediatra sponsorizzato dalle industrie di prodotti per bambini. il sospetto viene quando consiglia prodotti solo di una stessa marca e soprattutto quando insiste che vengano usati pastina e latte di quella marca lì anche oltre l’anno.
    – pediatra bravo e onesto (stragrande maggioranza) ma genitori che da quell’orecchio non ci sentono e preferiscono ascoltare le nonne o le vicine di casa, e come si suol dire “non c’è peggior sordo di chi non può sentire”. questo è davvero il caso più diffuso. e a quel punto non è che il pediatra può diventare il paladino della giustizia e andare nelle case dei suoi pazienti a controllare se la mamma cucina o se scioglie liofilizzati…

    riguardo alle indicazioni, come dici tu sono proprio i genitori che le chiedono, e al primo figlio se non sono troppo precise e cronometrate fanno anche bene, rassicurano. insomma se un pediatra ti consiglia la minestra di verdure che in genere è patata-carota-zucchina per iniziare a cui si aggiungono man mano nuovi ingredienti e la carne e il pesce… in maniera graduale e senza stress, va benissimo (aiuta anche molto da un punto di vista pratico). è uno svezzamento “tradizionale” ma corretto e molto easy. il motivo per cui la minestra base è patata-carota-zucchina più o meno in parti uguali è semplicemente di logica: consigliano di mangiare 5 porzioni al giorno di frutta e verdura di colori diversi no? una minestra fatta così a cui magari si aggiungono altri ingredienti come spinaci, broccoli, piselli, pomodoro… ovviamente cereali quali pasta, riso, creme, ecc. e si alternano carne, pesce, formaggio e eventualmente uova a rotazione è sicuramente una dieta bilanciata. tutto ovviamente se fatto con buon senso e senza pesare con una bilancia analitica di precisione gli ingredienti o farsi venire l’insonnia se il bambino non ha mangiato tutto. io personalmente ho avuto delle blande indicazioni con il primo figlio e col secondo sono andata molto più a braccio, anche perchè sapevo già cosa un bambino di 6-7-8 mesi sa gestire e avevo visto risultati positivi la prima volta.

    1. D’accordissimo sulla classificazione dei pediatri, anche se sarebbe interessante avere dei numeri più precisi per capire le dimensioni del problema (assumendo che ci sia un problema).
      Tuttavia, non dimentichiamo che è proprio dell’altro giorno l’articolo che diceva che circa 1/4 dei pediatri PUBBLICI “prescrive” medicine alternative, con le fitoterapiche in testa.
      Come li consideri questi pediatri? A mio modestissimo avviso alle medicine alternative non credono, ma siccome il paziente deve uscire dallo studio con una ricetta in mano, prescrivono quello, perché tanto non fa male. Agire così non è far fessi i “pazienti”?
      Lo stesso per la ricettina… Perché dover iniziare in un certo modo, aumentando gli ingredienti piano piano, ecc. ecc quando non c’è evidenza scientifica che ciò serva? Di nuovo, non è voler far fesso chi viene da te?
      Chiaramente ci sarà il caso della madre super ansiosa per cui la prescrizione sarà di beneficio (mentre al figlio non fa differenza), ma nel complesso non vedo come una mancanza d’informazione (o informazione superata) possa essere d’aiuto per il genitore.
      Tra l’altro, non dimentichiamo che se il dottore te lo dice e magari te lo mette per iscritto, quello spesso e volentieri diventa vangelo, con tutti i problemi che ne conseguono.

      Inoltre, la sensazione che ho leggendo su Internet (che ovviamente ha un significato statistico nullo) è che a praticamente tutti i neo genitori si dice che si deve fare in un certo modo, comprando determinate cose, ecc. ecc.

      SPOILER ALERT: nel prossimo articolo parlerò della (mancanza di) formazione le scuole di specializzazione sull’argomento. Bada bene, non che trovi questo fatto scandaloso, anzi…

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