Oramai lo sanno tutti: lo svezzamento non si inizia prima dei 6 mesi. O meglio: si raccomanda che i bambini nei primi 6 mesi di vita vengano nutriti con latte materno in maniera esclusiva.
Ma certo che quando tuo figlio a 5 mesi fa così, il dubbio che forse lui sia pronto prima del tempo ti viene…
Che sia questo il famoso “interesse per il cibo” di cui si parla sempre?
Cosa si deve fare in casi come questo? Bisogna essere fiscali e aspettare che i famosi segnali per l’inizio dello svezzamento ci siano tutti e che i 6 mesi siano compiuti? Lasciare che il bambino inizi ad assaggiare qualcosa anche se non ha compiuto ancora 6 mesi può fargli del male?
È meglio tenerlo alla larga dal cibo e dirgli no? Oppure lo lascio fare? Bel dilemma…. Porsi il dubbio è giusto e sacrosanto, direi doveroso.
Proviamo a cercare alcune risposte.
Cosa ne dicono gli esperti
Gli esperti non sono tutti d’accordo. Seppure la posizione che l’Organizzazione Mondiale della Sanità prese nel 2002 a favore dell’allattamento materno esclusivo fino a 6 mesi sia ancora ritenuta valida quasi universalmente e sia seguita dalla maggior parte delle istituzioni, organismi, nazioni ecc, le voci contrarie -che si concentrano però sulla tempistica di introduzione dei cibi complementari e non sulla bontà e la durata ideale dell’allattamento al seno- negli anni non sono mancate.
Tra le più ascoltata c’è quella dell’ESPGHAN, European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition, che nel 2008 in un medical position paper, pur sostenendo che l’allattamento fino a 6 mesi sia un “obiettivo desiderabile”, raccomanda che (riassumo grossolanamente) lo svezzamento inizi non prima dei 4 mesi, ma entro i 7. La posizione è stata reiterata, ma un po’ addolcita nel 2017 dove dicono che
L’allattamento al seno esclusivo va promosso per almeno 4 mesi (17 settimane, inizio del 5° mese di vita); l’allattamento al seno esclusivo o predominante per circa 6 mesi (26 settimane, inizio del 7° mese) è un obiettivo desiderabile.
Nel 2010 l’EFSA, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, pubblica la sua opinione scientifica, concentrandosi proprio sulla tempistica di introduzione dei cibi complementari e dichiara anch’essa:
“Sulla base delle conoscenza presenti, la Commissione conclude che l’introduzione di cibi complementari tra i 4 e i 6 mesi nella dieta di bambini sani nati a termine nell’unione europea è sicura e non comporta il rischio di effetti negativi per la salute (sia nel breve termine, incluse infezioni e ritardato o eccessivo aumento di peso, che nel lungo termine, come allergie e obesità) […] Alcuni bambini possono aver bisogno di cibi complementari prima dei 6 mesi (ma non prima dei 4 mesi) oltre al latte materno per supportare uno sviluppo e una crescita ottimali.”
Nel 2011, però, Cattaneo et al. pubblicano un commento alle raccomandazioni ESPGHAN, sostenendo che (molto in breve) 1. Le prove che l’ESPGHAN apporta per sostenere la sua tesi sono deboli, 2. la sua posizione potrebbe essere influenzata da conflitti d’interesse. La forza delle posizioni dell’Espghan non è tale da giustificare un cambiamento nelle raccomandazioni per la salute pubblica. Lo stesso, ritengono, vale per l’opinione EFSA: conflitti d’interesse per commistione con l’industria del baby food.
Quanti intrighi… Certo che non è facile capire chi ha ragione.
Nonostante gli autori ribadiscano la posizione dell’OMS (2002) sull’allattamento esclusivo fino a 6 mesi, scrivono, tra le altre cose, quanto segue (perdonate la traduzione raffazzonata):
Sulla base delle conoscenze a disposizione per quanto riguarda lo sviluppo delle abilità necessarie ad assumere cibi complementari […] alcuni neonati saranno pronti per i cibi complementari a 5 mesi, e una piccola minoranza persino a 4 mesi. Di contro, alcuni neonati, anche se in proporzioni decrescenti, saranno pronti per i cibi complementari a 7, 8 o anche 9 mesi. I professionisti della salute dovrebbero riconoscere che c’è una finestra di raggiungimento (achievement), più che di opportunità, per l’introduzione dei cibi complementari, e che in termini di sviluppo neuro motorio un ristretto numero di neonati sarà probabilmente pronto ad iniziare l’alimentazione complementare prima, piuttosto che dopo, dei 6 mesi. Questa finestra di raggiungimento fisiologica dovrebbe essere considerata come una normale tappa fondamentale, come camminare e parlare, e i professionisti della salute devono informare di questo i genitori e aiutarli a riconoscere i tre segnali che indicano che un neonato è pronto per i cibi complementari: (1) stare in posizione seduta e tenere la testa dritta (2) coordinare occhi, mani e bocca per guardare il cibo, afferrarlo e metterlo in bocca e (3) essere in grado di deglutire cibi solidi; è raro che questi segnali si presentino insieme prima dei 6 mesi. Ogni bambino presenta questi comportamenti all’interno di un’ampia fascia d’età. (Carruth & Skinner 2002). I genitori dovrebbero iniziare ad offrire cibi complementari sani quando i bambini sono pronti, rispettando il loro sviluppo fisiologico.
Insomma, mollate il calendario è osservate questi bambini!
Trovo questo documento particolarmente equilibrato e ragionevole, perché tiene conto di tanti fattori e non guarda solo e meramente alla medicina.
Dunque, sembrerebbe proprio che introdurre cibi complementari prima dei 6 mesi non comporti pericoli fintanto che non rispetti il reale sviluppo del bambino.
“Madri, nota categoria di visionarie”?
Mio figlio ha 5 mesi e una settimana e si mostra molto interessato durante i pasti… che dite, è troppo presto se inizio?
La mia bambina non ha ancora 6 mesi compiuti ma è da tempo che, secondo me, mostra tutti i segni di essere pronta per iniziare. Ieri mi ha strappato un pezzo di pane di mano, secondo voi ho fatto male a lasciarla fare? Dovevo impedirglielo?
Quindi le madri che si pongono questi dubbi hanno troppa fantasia e vedono figli pronti prima che lo siano davvero? Hanno troppa fretta? La scadenza dei 6 mesi va rispettata con rigore, o si tratta di una data indicativa attorno alla quale muoversi con elasticità?
A volte siamo un po’ visionarie, è vero 🙂 altre abbiamo troppa fretta, ma i 6 mesi sono una data indicativa e così come ci sono bambini che prima degli 8-10 mesi o anche oltre di mangiare cibo solido non ne vogliono nemmeno sapere ci sono bambini che a neanche 5 mesi manifestano a gran voce e ad ampie sbracciate che per loro è giunto il momento.
Quindi se il bambino si si eccita e scalpita e si gode una ciucciata di pera oggi e un assaggio di pasta al pomodoro tra due giorni, va benissimo. Iniziare gli assaggi prima dei 6 mesi, non è vietato e non è grave, purché ci si ricordi sempre che lo svezzamento è un’altalena, un processo lento e lungo, fatto di alti e di bassi, e soprattutto che all’inizio i bassi sono più degli alti.
Gli esperimenti fanno bene, le briciole non fanno male.
È o non è svezzamento a richiesta? La difficoltà semmai sta nel decifrare la richiesta in quanto non bisogna confondere la realtà facendoci influenzare da schemi preconcetti.
Come si diceva in un altro articolo, quando iniziare lo svezzamento? Chiedi al bambino, vedrai che lui lo sa; dopo tutto, chi meglio del bambino sa quando lui ha voglia di iniziare ad assaggiare?
Valutare, osservare, decidere. Del resto la scienza cerca di riprodurre e comprendere la realtà, non il contrario.
Julieta:
Io mi sono accorta dell’interesse di Elisa per il cibo al compimento del 4° mese. Riusciva a star seduta abbastanza bene, ma la tenevo in braccio con me. E ad ogni pasto si disperava al punto che non riuscivo a tenerla e negarle il cibo era un impresa.
Ma non volevo cedere, temevo per la sua salute e per quello che avrebbero detto gli altri. IO non ero pronta ad accettare la sua curiosità a soli 4 mesi. È stata proprio una mia amica, dopo 10 giorni in cui non sapevamo più come fare, che guardandola allibita mi fa: “Ma povera, non vedi che ha fame? Apre la bocca a ogni tuo boccone!”.
Con timore le ho dato il cucchiaino intinto appena, e lei con pochissimo si è placata; non era fame e non mangiava praticamente nulla, ma da allora non ha più smesso di curiosare nei nostri piatti.
Tutt’ora mi domando quale segno dal cielo attendessi per comprenderla…
Non te lo farà solo capire, non ti lascerà scelta.
29 risposte
Assolutamente d’accordo. E a guardare indietro quasi che mi faccio rider da sola 🙂
No, aspetta, in verità – dopo aver letto più accuratamente questi documenti – una distinzione c’è e deriva proprio dal fatto che la raccomandazione OMS non è di iniziare lo svezzamento a 6 mesi, ma di allattare fino a 6 mesi. Sembrano la stessa cosa, ma non lo sono. Infatti l’evidenza che sta alla base di queste raccomandazioni è quella della superiorità del latte materno, di come sia protettivo contro le infezioni, ecc ecc, ma nel caso del bambino che prende il latte artificiale non c’è alcuna evidenza (a quanto pare!) che lo svezzamento vada iniziato non prima dei 6 mesi. Infatti, dal punto di vista strettamente fisico, dai 4 mesi in poi – sembra – va sempre bene.
Ora, il punto è che se svincoliamo il concetto di inizio dello svezzamento da quelo di fine del l’allattamento esclusivo, possiamo comprendere bene che i bambini allattati artificialmente raggiungono quella finestra di cui parla il documento di Cattaneo, in un arco di tempo vario esattamente come accade al bambino allattato al seno. In altre parole: iniziamo lo svezzamento quando il bambino mostra i segni di essere pronto. Indipendentemente da che latte assume.
Non so se sono riuscita a spiegarmi, è un concetto un po’ complesso.
Aggiungo che mio figlio (allattamento esclusivo al seno e a richiesta) ha sofferto di importanti rigurgiti con conseguente esofagite per tutto il periodo del latte!Mi piace pensare che si è autogestito e aveva fretta di mangiare i solidi anche per questo (gli è passato tutto come per magia appena ha iniziato ad alimentarsi).Oltre al fatto che lui aveva proprio fame!!Io producevo tantissimo latte (me ne tiravo anche mezzo litro a volta!) ma non gli era più sufficiente.Fino a 14 mesi circa mangiava quantità impressionanti di cibo!Da lasciare a bocca aperta tutti!Senza esagerare mangiava più di noi (che,fidatevi,mangiamo parecchio).
a 5 mesi meno un giorno ha PRETESO la mia pasta e pesto.Urla e disperazione!Sono corsa a grattuggiargli una pera.Gliene davo poco poco xol cucchiaino,arrabbiato mi ha tirato il cucchiaino forte nella sua bocca:dovevo sbrigarmi e farglielo pieno pieno!Il giorno dopo eravamo fuori,non avevo nulla da offeirgli (oltre il mio latte) e si è arrabbiato che aveva fame!Non abbiamo più smesso.Non c’è proprio stato verso di convincerlo che l’OMS consiglia di iniziare a 6 mesi 🙂
la mia aveva 5mesi e mezzo e mi ha preso dalla mano il cucchiaio di minestra e se l’è portato alla bocca..più chiaro di così 😉
LauraFracassi Assolutamente no. Da NESSUNA parte viene fatta la distinzione. Forse questo valeva in passato quando il latte artificiale era peggiore di quanto non sia oggi, ma al momento NESSUNO fa più questa distinzione.
Mio figlio fa sei mesi fra 5 giorni ma già da un po’ a tavola non si tiene più. Settimana scorsa mi ha piantato una mano nel piatto di spaghetti aglio olio e peperoncino e ne ha tirati fuori una manciata! Più che mangiare vuole paciugare, assaggiare, giocare… a volte mangia un poco, altre volte fa solo casino, ma come si fa ad ignorarlo? Quando vede un piatto o una posata si agita, strepita, strilla e inizia a ridere! 🙂
La pediatra del nido dove lavoro sostiene che i sei mesi son raccomandati solo x chi é allattato al seno, x gli altri bastano 4 mesi….ti risulta? Comunque articolo bello ed equlibrato, e sempre!
Verso gli otto mesi mi ha rubato un fusillo dal piatto, il giorno dopo è stato il turno di una patata lessa con un pezzo di pollo arrosto, il giorno dopo ancora si è fatto una maschera di bellezza con il riso alle zucchine….. al che mi son detta: Cri, credo sia ora 😉
cito la mia ginecologa quando dovevo valutare se fare il tritest o l’aminiocentesi: “non è che allo scoccare della mezzanotte dei 35 anni il rischio cambia istantaneamente”… lo stesso vale per tutte le tempistiche “raccomandate”. è molto importante osservare il bambino (se ha fame e il latte non gli basta, o è semplicemente curioso, te ne accorgi!) e tenere conto delle esigenze e delle abitudini della famiglia, perchè il percorso dello svezzamento deve inserirsi nella vita di tutta la famiglia, non svolgersi parallelamente ed indipendentemente da essa. aggiungo che non è solo lo svezzamento “un’altalena, un processo lento e lungo, fatto di alti e di bassi”, ma tutte la fasi della crescita sono così, senza esclusione… il pannolino, l’asilo, la scuola, il rapporto fra fratelli… più passa il tempo più me ne rendo conto, anche quando lo svezzamento è ormai un ricordo lontano…