LA VERITÀ È UN TABÙ
A rischio di essere marchiato come “terrorista dell’allattamento”, in questo articolo metterò in evidenza la correlazione tra il non allattamento, e la conseguente assunzione di latte artificiale, e alcune patologie che possono affliggere i bambini.
“Allattamento” e “Terrorismo” è un binomio che forse sorprenderà alcuni… Se non ci avete mai pensato, fate una ricerca su Google e troverete che ci sono 362.000 pagine che contengono al loro interno sia “allattamento” che “terrorismo”; tanto per contestualizzarne la frequenza, il binomio “allattamento” e “svezzamento” compare ‘solo’ 700.000 volte (chiaramente dipende dal browser che usate e dalle pagine che visitate. Ognuno visualizzerà numeri diversi). Dico questo per sottolineare quanto quello dell’allattamento sia un argomento davvero scottante, a prescindere dalla propria posizione. Qualunque sia la vostra opinione sull’argomento, non vi preoccupate, prima o poi troverete qualcuno che vi darà del “terrorista”:).
Nel mio caso però spero di riuscire a evitare l’etichetta di “terrorista dell’allattamento” in quanto più che riportare la mia opinione personale, citerò dei risultati disponibili a tutti e pubblicati in studi scientifici.
In precedenza è stato sottolineato come l’allattamento al seno, essendo dettato dalla nostra natura di mammiferi, debba necessariamente essere percepito come la norma contro cui tutto il resto si misura. Al di là di qualunque considerazione scientifica, l’istinto ci dice che il latte formulato è intrinsecamente inferiore al materno, ma il quesito che nasce spontaneo è: in che misura? Questo domanda, a mio avviso fondamentale, sembra essere totalmente tabù dato che, nonostante ci siano MOLTI articoli in letteratura, c’è poco e niente di adatto ai profani che sia reperibile in rete nonostante abbia fatto una ricerca abbastanza approfondita. In nessuno dei forum che leggo per tenermi informato si legge alcunché in materia. Al massimo si parla dei danni legati all’uso del latte artificiale nel terzo mondo, danni senz’altro maggiormente noti e in alcuni casi molto gravi; qui invece ci vogliamo concentrare sul mondo industrializzato quale potrebbe essere l’Europa o gli Stati Uniti.
L’AUMENTO DEL RISCHIO
Qui di seguito farò riferimento a due documenti che analizzano e riassumono tutta una serie di studi effettuati in precedenza sull’argomento. Per chi è interessato li potete scaricare qui e qui.
Per semplificare la lettura dei dati ho compilato uno schema che riporta le informazioni a mio avviso più importanti (ho inserito solo le patologie considerate più rischiose)
Ma come leggere questa tabella?
- Nella prima colonna ho riportato la patologia.
- Nella seconda la durata dell’allattamento presa in considerazione nello studio (se specificata).
- Nella terza l’aumento del rischio, legato al non allattamento al seno (e alla conseguente assunzione di latte artificiale) di contrarre una determinata malattia. In altre parole, un “aumento del rischio” pari al 100% equivale a una probabilità doppia che un certo evento accada; un aumento del 200% a una tripla e così via* (vedi nota in fondo all’articolo).
Oltre a quelle riportate nella tabella, c’è tutta un’altra serie di patologie (asma, diabete di tipo 1 e 2, leucemia, obesità) con aumento del rischio inferiore, tipicamente tra il 20% e il 70%, ma in questi casi la causalità tra l’evento (il non allattamento al seno) e l’effetto (la patologia) comincia a diventare più sfumata perché se il non allattamento è una causa, non è certo l’unica, e per alcune malattie potrebbe non essere la più importante.
Chiaramente i dati più interessanti sono contenuti nella terza colonna; ma cosa vogliono dire quei numeri? Per cercare di contestualizzarli mi concentro, per semplicità, solo su alcune patologie: la SIDS (o morte in culla), e le infezioni del tratto respiratorio inferiore e otite media.
1) SIDS (Morte in culla)
Va specificato che in uno degli articoli a cui faccio riferimento gli autori sottolineano che il minor numero di casi di morte in culla per gli allattati al seno deriva da una serie di fattori legati all’allattamento, più che dal latte materno in sé. L’altro articolo è più vago su questo punto, ma asserisce che la rigorosità dei dati presi in considerazioni permette di concludere senza dubbio che vi sia un legame tra il non allattamento al seno e la SIDS (anche se fornisce un valore dell’aumento del rischio più basso).
I casi di morte in culla sono, per fortuna, abbastanza rari: nel 2004 negli USA sono stati riportati 55 casi su 100.000 bambini tra 1 e 12 mesi. In Europa la mortalità per SIDS è in generale più bassa che negli USA, tra 30 e 40 per 100.000, con valori più bassi in Giappone (19) e Olanda (10), sempre attorno al 2004.
Ciononostante l’imprevedibilità di questi decessi fa sì che in ogni genitore ci sia sempre il timore che possa capitare anche a loro. Per questo motivo vengono messe in atto con i bambini tutta una serie di semplici accorgimenti volti a diminuire la possibilità che ciò accada, tra cui farli dormire supini, non coprirli troppo, condividere la camera da letto con i genitori, ecc.
Un altro rimedio che viene molto pubblicizzato è l’utilizzo del ciuccio. Quando sono andato a cercarne uno al supermercato ho notato che su alcune confezioni c’è scritto a grandi lettere come il suo utilizzo serva a far diminuire le probabilità che un bambino venga colpito dalla SIDS. La prima domanda che viene spontanea è perché si promuova qualcosa che, in teoria, dovrebbe ridurre le probabilità di morte in culla e non si facciano gli stessi sforzi per sottolineare come l’allattamento al seno da solo basti per diminuirne la probabilità di un buon 40%. Se sul ciuccio si può scrivere che serve a proteggersi contro la SIDS, perché non viene richiesto che i produttori di latte artificiale mettano un’avvertenza che il non allattamento al seno fa aumentare le probabilità della morte in culla?
La cosa è ancora più grave se poi si scopre (come è appena successo a me mentre effettuavo delle ricerche per quest’articolo) che il fatto che il ciuccio aiuti a prevenire la SIDS è molto controverso e sembra essere ben lungi dall’essere provato. Per maggiori informazioni sull’argomento segnalo questi due articoli, uno pubblicato dalla LLL e un altro dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP).
In ogni caso, al di là dell’efficacia del ciuccio come mezzo preventivo, i genitori hanno il diritto di essere consapevoli che il non allattamento al seno ha come effetto collaterale quello di aumentare le probabilità della morte in culla. Dopo tutto, anche se si parla di numeri piccoli, un aumento in media di circa l’80% è certamente degno di nota.
2) Infezioni del tratto respiratorio inferiore (polmoniti, bronchiti, ecc.) e otite media
Qui il discorso si fa ancora più interessante e, per molti versi, sorprendente.
Come paragone usiamo il fumo passivo; grazie alla ricerche fatta sulla sua nocività, è stato di recente bandito in molti Paesi europei, compresa l’Italia, il fumo nei posti di lavoro e nei locali aperti al pubblico (e meno male aggiungo io…).
In questo documento pubblicato dal Ministero della Salute vengono descritti i pericoli associati al fumo passivo. Tra le altre cose viene affermato (mia enfasi):
[quote]L’OMS ha analizzato i risultati di oltre 40 studi sull’impatto del fumo dei genitori sulle malattie delle basse vie respiratorie dei bambini. È stato stimato che i figli di madri fumatrici hanno un eccesso di rischio del 70% … di avere malattie delle basse vie respiratorie rispetto ai bambini figli di madri non fumatrici.[/quote]
Se confrontiamo questo dato con quanto riportato precedentemente sul non allattamento al seno (vedi tabella) ci accorgiamo che il rischio di contrarre infezioni del tratto respiratorio inferiore in caso di allattamento artificiale aumenta del 260% (!!), ovvero quasi QUATTRO volte tanto quello associato al fumo passivo.
Un simile discorso si può fare sull’otite media, dove l’aumento del rischio associato al fumo passivo è di circa il 30%, mentre con il latte artificiale raggiunge il 100% (ovvero è più di 3 volte tanto).
Al di là dei numeri (che sono indubbiamente preoccupanti), come genitore, non posso non chiedermi perché queste informazioni non siano più facilmente accessibili. Dopo tutto, se ti trovi in compagnia di un bambino piccolo e ti metti a fumare dovrai farlo quasi di nascosto per evitare le critiche di amici, parenti e perfetti sconosciuti.
Tuttavia, nonostante sia stato dimostrato che l’alimentazione artificiale, almeno per quanto riguarda le infezioni delle vie respiratorie e l’otite media, abbia un effetto notevolmente più dannoso di quello causato da una madre fumatrice, nell’immaginario collettivo il biberon è onnipresente nella vita dei bambini e GUAI a dire che potrebbe essere dannoso; qualcuno potrebbe accusarti di fare terrorismo!!
IN PAROLE POVERE…
Insomma, quali conclusioni possiamo trarre da quanto detto sopra? In parole povere (tralasciando la SIDS) il non allattamento al seno, tra le altre cose, aumenta sensibilmente il RISCHIO di contrarre malattie respiratorie (da un semplice raffreddori a una più seria polmonite) e gastrointestinali (causando ad esempio diarrea).
È indubbio che ci sono situazioni in cui non c’è scelta, nel qual caso chiaramente il latte artificiale rappresenta l’unica via percorribile; tuttavia vorrei chiedere agli operatori sanitari che alle prime difficoltà suggeriscono senza pensarci due volte aggiunte quando non ce n’è davvero bisogno, se loro consiglierebbero alle stesse madri di fumare in presenza di bambini di pochi mesi… Inoltre sarebbe interessante sapere cosa penserebbero di tali consigli i genitori a cui viene “suggerito” di cominciare con il biberon se venissero messi a conoscenza degli effetti collaterali legati al non allattamento al seno. Peccato che queste informazioni non sembrino circolare; io per primo non ne sapevo niente fino a poco tempo fa.
Chiaramente molte domande sono rimaste senza risposta: quanto dura la protezione offerta dall’allattamento? Quale percentuale di latte formulato bisogna introdurre perché questo effetto cominci a indebolirsi? Come inquadrare il latte materno tirato? In breve abbiamo appena scalfito la superficie, ma almeno abbiamo cominciato.
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NOTA:
*Tanto per chiarire ulteriormente il concetto di “aumento di rischio” :
se tra i bambini allattati al seno ho 20 casi di otite ogni 100 bambini (tiro a caso…), un aumento del rischio del 100% vorrà dire che tra quelli che non lo sono ci saranno 40 casi di otite ogni 100 bambini.
Vuol dire che tra chi è allattato al seno nessuno si ammala di otite? NO, se ne ammalano comunque 20.
Vuol dire che tra chi prende latte artificiale tutti quanti si ammalano di otite? NO, 60 saranno comunque sani.
90 risposte
Io le offese non le capisco proprio!!! E guarda che Andrea è anche ottimamente riuscito ad astrarsi dalla propria esperienza di padre, ed ha fatto un ottimo lavoro di informazione…non ha classificato nè tantomeno declassato nessuno.
Se le informazioni che lui ha riportato qui le riportassero “gli addetti ai lavori”, in primis i pediatri che tanto facilmente consigliano “l’aggiunta”, ci sarebbero molte meno mamme che “non possono” allattare…..e sia bene inteso che sono fermamente convinta che queste ci siano…..ma onestamente, al giorno d’oggi, ce ne sono un po’ troppe proprio per la scarsa informazione, o meglio interessata deviazione, sull’argomento!
Attendo con ansia il post sull’ipogalattia culturale, geniale!
Guarda Angela, ti sbagli su questo articolo, sai?
Che l’allattamento artificiale sia per un dato di fatto una seconda scelta (o scelta di serie B) perché un’imitazione ottima, ma non perfetta del latte materno è oggettivo, comunque. Così come gli integratori multivitaminici, per es, sono vitamine di serie B rispetto alla loro assunzione per mezzo di alimenti freschi e genuini.
Ma, come per le vitamine, ben venga il latte ‘formulato’ (chimica) perché pur se un surrogato, permette di superare situazioni di difficoltà di qualunque tipo sapendo di aver scelto il meglio possibile, non potendo il latte proprio, per il proprio figlio.
E NESSUN FIGLIO, come NESSUNA MADRE per questo deve ritenersi o essere giudicato di serie B.
Se il mondo fosse meglio informato su questo, come fa questo articolo (ma va letto tutto, non spulciato dal titolo), i ‘cretini’, quelli sì, che si permettono di farlo avrebbero terra bruciata intorno!
Mi dispiace per chi ne abbia fatto esperienza…
A parte che gli insulti sono tristissimi e che davvero ci sarebbe molto lavoro da fare sul proprio vissuto per imparare a non aggredire e mortificare ciò che ci fa soffrire, io però mi’ chiedo: questo articolo, interessante e ben scritto, riporta dati scientifici, statistici, noti. Perché ammazzarsi ad attaccarlo e cercare di smentirlo? Perché dice la verità, soprattutto su un dato: l’allattamento al seno, a richiesta, esclusivo e ad oltranza, è un tabù.
Hanno voglia certi pediatri illuminati a sgolarsi: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
E poi si, allattare è una cosa naturale, ê LA NORMA BIOLOGICA PER LA SPECIE UMANA.
E la stragrande maggioranza delle mamme può allattare, sono pochissimi e rarissimi i caso in cui davvero non sia possibile farlo.
La realtà, scomoda, è un’altra: c’è un oceano di disinformazione, le madri sono lasciate spesso sole e hanno disimparato un gesto atavico.
E poi, ci sono ovviamente quelle che non hanno nessuna voglia di reimpararlo, quel gesto.
Fatti loro.
Ma che almeno non dicano che allattare o meno è la stessa cosa, che latte artificiale e latte di mamma sono uguali, che i bambini crescono allo stesso modo, che non fa differenza.
Perché semplicemente, non è vero.
Non ti ho neanche letto cretino che nn sei altro….mia mamma nn mi ha allattata e sono qua (32anni) e io purtroppo nn ho POTUTO allattare la mia bimba di serie B ma vai a quel paese
Scusami se non l’hai neanche letto…perchè non provi a leggere? Secondo me vale comunque la pena.
Molto interessante. Anche la discussione che ne è nata. Mi spaventano sempre questi articoli perché temo che chi non ha POTUTO allattare ne soffra. Ricordo sempre come al corso preparto mi dicessero”Allattare è la cosa più naturale del mondo”. Già ma di che mondo? di un mondo di donne che rientrano al lavoro? di un mondo dove il nostro seno è “protetto” da reggiseni, canotte e quant’altro e quando il bimbo (che non ha ancora capito che è nato, e che non sapeva cosa fosse la fame) ci si attacca, se ti va bene che si attacca (mica roba da poco) allora ti strapperà pelle e carne per ore al giorno e ogni notte. E se non allatti a richiesta GUAI!!! Ma se non ti tira le tre ore senza poppare …allora GUAI!!! E se piange tanto stai sbagliando ad allattarlo troppo. e se non piange svegliandosi, stai sbagliando ad allattarlo poco. Oppure comunque, stai sbagliando, il percentile è lì di guardia, ha le coliche e “Ma tu cosa mangi?” ecc… ecc…. Questo quanto vissuto da me. Che ho avuto un’immensa fortuna, tantissimo latte ed una bimba vorace che si attaccava perfettamente.
Naturale ‘sto par di ciufoli. Insomma per dire che la prima tutela dell’allattamento è al di fuori delle scelte e possibilità della mamma. E’ nei papà, nei familiari, nei datori di lavoro, nella percezione sociale, nell’informazione. E, possibilmente, nelle tabelle percentili tarate sull’allattamento esclusivo, e non sull’artificiale (che, grazie a Dio esiste).
Grazie mille per tutto il lavoro di informazione che fate, su tutto.
Ciao Antonella e grazie per il tuo commento ricco di spunti.
Provo a risponderti brevemente:
Su questo non sono d’accordo. L’informazione è neutra e non può certamente essere censurata per timore che un settore della società possa rimanerci male. Tra l’altro, non vedo come chi non ha potuto allattare possa soffrirne; è un po’ come dire che uno a cui non funzionano i reni e faccia dialisi si debba risentire se vede scritto quali sono i problemi legati alla procedura che deve seguire. Dato che in entrambi i casi l’alternativa è molto probabilmente la morte, la scelta è chiara. Comunque, senza fare esempi estremi, pensa a quando hai una banale influenza e prendi un banalissimo antibiotico: se leggi il bugiardino ti spaventi nel constatare quanti effetti collaterali indesiderati abbiano. Tuttavia una valutazione rischio/beneficio ti fa comunque prendere l’antibiotico (se poi ne valga davvero la pena… questo è da vedere). Lo stesso vale per il latte artificiale: non è possibile fare una (più) corretta valutazione dei costi e benefici se non sai a quali rischi vai incontro. I problemi nascono dalla eccessiva medicalizzazione del mondo in cui viviamo e dall’abuso di medicinali (tra cui anche il latte artificiale).
Questa è una grande verità. Di nuovo, il problema è che le informazioni che riceviamo sono contraddittorie e spesso dettate più dai pregiudizi che da altro. Rimanendo nel campo dell’allattamento, a mio avviso il problema (come ben indicato in un articolo recente del blog di UPPA) è che noi siamo figli e, in qualche caso, nipoti di persone per le quali l’allattamento era un qualcosa di cui si poteva fare tranquillamente a meno e che da decenni si fanno pochi figli: questo vuol dire che né noi, né chi ci sta intorno sa veramente cosa sia lecito aspettarsi da un neonato dato che la conoscenza si è semplicemente persa nelle generazioni (un po’ come quasi nessuno oggi saprebbe fare il bucato con la cenere). Non appena il bambino piange scatta subito il meccanismo del “c’è qualcosa che non va”, seguito da “telefoniamo al pediatra” per poi culminare con “facciamoci dare una cura”
Sempre a mio avviso, le cose non miglioreranno fino a che non si smetterà di vivere la prima infanzia come una malattia e di cercare una cura per guarirla (che non sia il tempo e la crescita del “paziente”).
Non deve stupire che su un blog sull’autosvezzamento (visto come opportunità per vivere il passaggio dal latte ai solidi come un qualcosa di normale e non di “ospedaliero”) si trovano post come questi in quanto queste tematiche sono tutte facce di una stessa medaglia.
Di nuovo, grande verità, ma anche qui l’unica strada è fare informazione. Se oggigiorno fumare in un posto di lavoro è illegale in quanto dannoso per chi ti sta vicino, bisogna far notare che tali pericoli sono presenti anche se costringi una madre a non allattare.
Mi pareva che le tabelle fossero state aggiornate… Comunque bisognerà che un post lo dedichiamo proprio alle tabelle dei percentili e su cosa effettivamente vogliono dire, così da fare chiarezza una volta per tutte; di sicuro questo era un mondo migliore prima che le inventassero (ma divago…)
Antonella (e chiunque fosse interessato),
riguardo la questione “non allattamento e sensi di colpa” ti linko un paio di articoli che ne parlano molto bene.
Uno è di Adriano Cattaneo, epidemiologo che scrive per UPPA, e l’altro di Sara Cosano dell’IBFAN Italia
http://www.bambinonaturale.it/2012/02/latte-materno-cattivi-consigli/
http://www.uppa.it/dett_articolo.php?ida=729&idr=48&idb=0
Siamo nettamente fuori tema, ma magari qualcuno li troverà interessanti.
Grazie per la risposta così articolata e precisa. Sono d’accordo su tutto. Il centro è l’informazione, maggiore informazione significa maggiore consapevolezza.
E sono anche completamente d’accordo sul fatto che noi genitori spesso ci sentiamo investiti della “cura” dei nostri figli in senso troppo strettamente medico.
Noi li curiamo dall’infanzia. Con tutte le caratteristiche che questa ha. Proprio bella riflessione e, consentimi la digressione di “genere”, apprezzo ancor di più che provenga da un papà!
L’articolo sorprende anche me, pur essendo stata una mamma che all’inizio era scettica sull’allattamento prolungato, sorpresa perfino da se stessa, ancora allatta.
Capisco anche Irene che ricorda come tra il dire e il fare ci sia una bella differenza. Ricordo ancora le parole dell’ostetrica che disse: “Per allattare la mamma ha bisogno della sua roccia”. E la roccia può essere il papà o qualcuno di sensibile che sostiene la mamma. E capisco che le critiche della suocera non aiutino!
Comunque, alla fine, anche tu hai allattato!
🙂
Bravo Andrea…..articolo ben fatto, si vede dietro tanto lavoro e tanto approfondimento…..bocca aperta anche io 😉
Tettalebane!!! simpaticissimo! ….tutta invidia la mia! 😉
a lasciato anche a me a bocca aperta che sono una tettalebana! 🙂