In un articolo recente ho parlato della nuova campagna Mellin “Fidati del cuore”, lo trovate cliccando qui. Vi consiglio di leggerlo prima di proseguire per capire meglio a cosa faccio riferimento – ed evito di scrivere le cose due volte. Inoltre non dimenticate l’hashtag #noistintoblu se ne parlate sui social.
Leggendo qui e là i commenti legati alla detta campagna sono rimasto sorpreso dal fatto che non ne abbia trovato neanche uno – e intendo uno di numero – che fosse positivo. Ad essere pignoli alcuni commenti positivi ci sono, ma sono quelli lasciati dagli amici della protagonista dello spot e che non entravano nel dettaglio del messaggio pubblicitario, per cui non credo contino.
Però mi voglio concentrare sui pochi commenti di chi non ha trovato niente che non va in questa pubblicità, tipo il seguente:
Mah, forse non capisco io, ma cosa c’è di male in questa pubblicità […] è ovvio è una pubblicità come tante altre, sta al buon senso delle persone cercare di non credere a tutto quello che ci vogliono trasmettere!!!! Un po’ di buon senso.
Secondo la scrivente il “buon senso” è sufficiente a proteggerci. Ma è davvero così?
Nel mio precedente articolo ho ipotizzato che il gruppo di consumatori a cui lo spot della Mellin si rivolge non sia quello delle madri che allattano, ma quello delle donne che i figli ancora non li hanno e per me la questione chiave è capire che informazioni chi non ha ancora figli o li sta per avere riceve da spot come questo.
Il caso ha voluto che pochi giorni prima della fine del 2014 sia uscito sul BMJ un articolo che analizza proprio come vengono interpretate le pubblicità dei latti di proseguimento da parte di due gruppi di consumatori: le madri e le donne incinte. Il titolo dell’articolo è “Advertisements of follow-on formula and their perception by pregnant women and mothers in Italy” che traduco così: “Pubblicità di latti di proseguimento e la percezione che ne hanno le donne incinte e le madri italiane” (il link è solo all’abstract; per leggere l’articolo completo bisogna richiederlo o iscriversi alla rivista).
Di meglio non potevo chiedere e qui di seguito vi riporto in traduzione i risultati che ho trovato più interessanti, insieme ad alcune mie considerazioni evidenziate nei riquadri come questo.
Cominciamo con le donne incinte.
L’effetto delle pubblicità del latte di proseguimento sulle donne incinte italiane
Per questa parte dell’articolo sono state intervistate 80 donne di età media pari a 32 anni, in gran parte lavoratrici e con alto livello di istruzione (il 56% ha almeno una laurea). Circa 2/3 hanno seguito un corso pre-parto e la maggioranza è stata seguita da un ginecologo privato. Solo 1/3 faceva riferimento a un’ospedale pubblico.
Qui è chiara la confusione generata dalle scritte presenti sulla confezione. Stiamo parlando di donne che non hanno ancora partorito, per cui non sono state ancora consigliate in un modo o in un altro e non hanno avuto ancora occasione di utilizzare nessuno di questi prodotti.
2) Quanti mesi ha il bambino raffigurato?
Questa tabella chiaramente dimostra quanto sia difficile riconoscere l’età di un bambino (io ad esempio non ci indovino mai…)
3) Qual è il messaggio che queste pubblicità vogliono trasmettere?
In questo caso l’Aptamil viene percepito come più simile al latte materno, mentre l’aspetto che colpisce di più del Mellin sono i nutrienti.
Tra tutte le donne intervistate, solo una ha definito il prodotto come “latte di proseguimento”. Nell’intervista che è seguita alla compilazione del questionario, è stato reiterato che l’uso del numero “2” era causa di confusione, così come il bambino raffigurato nell’immagine.
Da notare come il 65% delle intervistate, dando una semplice occhiata alla pubblicità di un latte di crescita, non ha realizzato che quello è un prodotto destinato a una fascia ben precisa di bambini. In questo senso si può affermare che questo gruppo di persone è stato esposto a una pubblicità di latte artificiale totalmente svincolata dall’età del bambino: in alcuni casi l’età non è stata proprio presa in considerazione, in altri era totalmente sbagliata.
Quello che gli autori vogliono enfatizzare non è che le donne intervistate fossero particolarmente ingenue, ma invece che le pubblicità, le confezioni e le scritte che contengono sono studiate in modo tale da lasciare nel dubbio chi le guarda in quanto non identificano con precisione il target a cui dovrebbero essere indirizzate – nel nostro caso si parla di bambini dai 6 ai 12 mesi.
Se devo dire la verità, anche io ho trovato entrambe le pubblicità estremamente fuorvianti.
Non dimentichiamo poi che l’OMS ha dichiarato che il latte di proseguimento è del tutto inutile e che invece è consigliato continuare con il latte 1 fino ai 12 mesi. Per chi è interessato, ecco altre due letture attinenti:
- l’EFSA ha preso una posizione chiara sul fatto che non c’è valore aggiunto nel latte di crescita
- La maniera subdola in cui vengono proposte al pubblico le pubblicità dei latti di crescita
Abbiamo un prodotto definito inutile dagli enti preposti e che quando viene pubblicizzato non viene percepito per quello che è, ma per qualcos’altro… Quindi non è azzardato dire che il latte di proseguimento – e ancora di più il latte di crescita – esistono prevalentemente in qualità di escamotage per aggirare il divieto di fare pubblicità al latte 1.
Le pubblicità dei latti di proseguimento e le madri italiane
In questa parte dello studio sono state intervistate 562 donne provenienti da tutta Italia con almeno un figlio di età inferiore ai 3 anni. Il 75% delle intervistate ha un titolo di studio superiore o è laureata.
L’81% delle donne che ha partecipato alla ricerca (N.B. il questionario proposto è diverso dal precedente) ha dichiarato di aver visto almeno una pubblicità di latte formulato (con il Mellin nettamente in testa) tra televisione, riviste, opuscoli, ecc.. Per quanto riguarda il messaggio che è stato recepito in seguito all’esposizione a queste pubblicità, è risultato che le madri intervistate vedono il latte formulato come segue:
- 69% – assicura lo sviluppo e una giusta crescita
- 56% – rinforza il sistema immunitario
- 14% – è comodo
- 9% – rende il bambino più in salute e più felice
- 4% – migliora lo sviluppo del cervello
Inoltre, alla domanda che chiedeva che tipo di latte formulato venisse pubblicizzato
- il 65% credeva fosse un latte utilizzabile dalla nascita,
- il 25% utilizzabile dai 6 mesi
- il 10% utilizzabile dai 12 mesi
Interessante il fatto che non siano state riscontrate differenze significative nelle risposte prendendo in considerazione i metodi di allattamento (esclusivo, artificiale o misto) utilizzati dalle intervistate, a indicare che l’effetto del marketing può agire su tutte le madri, indipendentemente da come nutrono il proprio bambino.
Infine quasi il 20% delle madri ha dichiarato di aver ricevuto campioni gratuiti di latte artificiale dal
- pediatra (quasi 1/2 dei casi)
- ospedale (1/6)
- fiere ed altri eventi
- farmacia
- ecc.
Conclusioni
Questo studio conferma i risultati ottenuti in altri studi precedenti secondo i quali le pubblicità dei latti di crescita e di proseguimento vengono percepite dalle donne incinte e dalle madri come pubblicità di latte formulato (ovvero del latte 1). Queste sono espressamente proibite dalla legge.
È possibile che la confusione creata da questo genere di pubblicità causi la diminuzione della fiducia che le donne hanno nella loro capacità di allattare e che porti così a un utilizzo inappropriato dei sostituti del latte materno. Questo è ancora più probabile se le madri percepiscono che i pediatri e altri operatori sanitari approvano attivamente l’utilizzo di questi prodotti poiché ne distribuiscono campioni gratuiti.
Tornando al commento relativo alla pubblicità della Mellin, mi pare chiaro che non possiamo fare affidamento unicamente sul “buon senso” di chi guarda le pubblicità. Abbiamo visto che, dati alla mano, indipendentemente dal tipo di allattamento, dal fatto che una donna abbia già partorito o meno, indipendentemente dal livello di istruzione le pubblicità dei latti di proseguimento e di crescita vengono senza dubbio percepite come pubblicità al latte formulato adatto dalla nascita in poi (latte 1).
Non dimenticate l’hashtag #noistintoblu quando condividete o ne parlate sui social.
Infine, il discorso donne che non possono allattare, esula completamente da questo contesto (ovvero, queste pubblicità non sono rivolte a loro e non ne sono loro le beneficiarie).
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