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Tiramisù

Portare i bambini

No, non è una ricetta per dolci. Si tratta di qualcosa che mi ha ‘tirato su lo sguardo’ e mi ha permesso di vedere al di sopra del problema e, allo stesso tempo, tirato su la bimba dalla carrozzina: portare in fascia.

Ho ricevuto il mio primo babysling quando ero incinta di tre mesi. Una bellissima fascia ad anelli, fatta artigianalmente da un’amica. Mi ricordo che quando vivevo in America ogni tanto vedevo qualche mamma portatrice e l’idea mi piaceva molto. Tanto che appena dopo che ho ricevuto questa fascia, mi sono messa a studiare i modi corretti per portare, la sicurezza, i vantaggi, etc.

Ai giorni d’oggi si trova di tutto in rete, anche video tutorial che insegnano a indossare diverse tipologie di supporto per i bimbi, tante volte trovi roba non proprio coerente, e molte neo-mamme si confondono se non sono affiancate da qualcuno che gli fa una lezioncina pratica; l’insegnamento dell’uso di un supporto è qualcosa di veramente importante ed è fondamentale per garantire la sicurezza del bambino. Io alla prima mezz’ora sono andata a tentativi, poi ho subito chiamato la mia amica, artigiana, ma soprattutto mamma portatrice esperta, ed è andata fantasticamente con tutte le dritte che mi ha dato.

I nostri primi giorni a casa tornati dall’ospedale sono stati tranquilli; M. mangiava e dormiva, e io pure. Sembrava di stare in paradiso (ehm, togliendo l’inizio allattamento, ché con un seno che sembrava una pallone da calcio – in dimensione e durezza – la bimba trovava qualche difficoltà ad attaccarsi con quella sua boccuccia minuta).

Dal decimo giorno in poi sono iniziati momenti abbastanza turbolenti: pianti nervosi, irrequietezza e alla fine della giornata arrivava l’isteria, mia e sua. Grazie alle letture fatte in gravidanza, avevo imparato a fasciare la piccola, quindi per casa camminavo, ballavo e cantavo con lei appesa sull’avambraccio a pancia in giù; in pratica avevo trovato un efficientissimo modo di fare palestra senza nemmeno uscire: perdevo chili anche mangiando come un camionista.

Purtroppo, però la situazione continuava a peggiorare. Mi sentivo dire di tutto: allatti troppo spesso, le poppate sono eccessivamente frequenti, la prendi troppo in braccio, lasciala piangere, questa bimba ti prende in giro, ti manipola, ma vedi che è già furbetta, vuole stare solo con te, fagli un bagnetto di mattina, no, è meglio di pomeriggio, no, fallo di sera, no, di notte, non mangiare legumi, né latticini, né verdure, usa un anticolica, prova con l’omeopatia, fitoterapia, allopatia, insomma… noi, un po’ intontiti dalle voci, ma anche dal pianto continuo, abbiamo provato ogni possibile cosa; senza successo.

Portare in fascia

In mezzo a una crisi esistenziale – dopo qualche altro giorno di tortura con la carrozzina – e tra sensazione d’impotenza, senso d’inadeguatezza e paura mischiati a tanto, tantissimo amore, mi si è accesa una lucina: mi sono ricordata la fascia. M. aveva quindici giorni, e ho cominciato a metterla nella seconda parte della mattina (sì le coliche iniziavano già alle 10), e si poteva passare l’aspirapolvere, lavare qualche stoviglia e pensare a cosa cucinare. Riuscivo a leggere alcune e-mail e ogni tanto a rispondere, capitava d’inviare fotografie della piccola agli amici e parenti lontani.

portare in fascia

Senza nemmeno accorgersene c’è stata una riduzione nel volume della suoneria 🙂

Da lì in poi ho cominciato a portare in fascia al parco, al supermercato, al mare, ai matrimoni, ai battesimi, all’aeroporto, a fare pipì (eh sì!), a lavare per terra; quasi dappertutto. M. era serena perché si trovava letteralmente vicino al cuore, alla altezza di baci e aveva a portata di mano il ‘suo’ seno. Noi, poiché la sentivamo tranquilla, avevamo la sensazione di stare sempre abbracciati a lei e ogni giorno eravamo più consapevoli, e imparavamo a vedere le cose dal suo punto di vista. Non si smette mai di imparare.

Tante cose sono intuitive, e veramente ho fatto diverse letture prima che M. nascesse. Mi sentivo molto convinta e preparata, ma oltre a qualunque lettura, consiglio o indicazione, i genitori possono imparare a esserlo, se gli è permesso di fare ciò che gli viene naturale fare.

La fiducia reciproca tra mamma/papà e bambino, almeno credo io, si instaura seguendo il proprio istinto, le proprie idee, permettendosi di tentare ciò che si pensa, di accogliere le richieste del proprio bambino e di trasformarle in risposte sincere, indipendentemente dal ‘giusto’ o ‘sbagliato’; se gli si dà l’opportunità, sarà il bambino stesso a portare una donna a percorrere il suo nuovo percorso di mamma.

Il portare in fascia ci accompagna da più di un anno e mezzo, e per noi è veramente più di un supporto, è parte dell’abbigliamento, e ci aiuta a ricordare che basta un attimo per guardarsi negli occhi e capirsi.


Nota importante: se non si ha mai utilizzato un supporto, qualunque esso sia, bisogna stare attenti ad alcuni importanti dettagli e fare accorgimenti essenziali per la sicurezza. Quando iniziate a portare in fascia:

  • il bimbo deve essere ad altezza baci, quindi non molto in basso;
  • ci si deve sentire come se lo si tenesse in braccio, la posizione non deve essere qualcosa di non naturale; la fascia soltanto avvolge e regge;
  • il mento non deve mai premere contro il petto;
  • la testa deve rimanere più in alto del resto del corpo ed essere sorretta dal tessuto;
  • le ginocchia devono stare più in alto del sederino;
  • la stoffa non deve coprire il viso.

Aggiornamento

Perché più si va avanti più si impara, sono venuta a conoscere altre mamme portatrici, altre amiche che si sono avvicinate al mondo del portare, e ad avere un contatto ravvicinato con alcune consulenti, ossia persone che hanno fatto una formazione per consigliare ed insegnare a portare in maniera sicura e fisiologica. Anche se non è qualcosa di difficile da imparare e a prendere la mano, resta comunque il fatto che noi non siamo stati portati da bambini tantomeno abbiamo in famiglia chi ce la trasmetta questa preziosa lezione. Quindi ci si può sbagliare, come nel mio caso, avendo portato per 2-3 mesi la mia bambina, a fronte mondo.

Ho imparato dopo, molto dopo, che oltre a non essere fisiologica per la schiena, questa posizione, perché non rispetta la curvatura della colonna vertebrale, e forza alcuni punti che non sono maturi, un altro problema si può creare, esponendo il bambino così senza filtro come ehm…un para-brezze.. ecco non ci avrei pensato che la ragione per la quale la mia M. piangeva molto quasi 1 ora o oltre la sera, era per scaricare gli stimoli che aveva assorbito ‘di fronte’ durante la giornata in fascia guardando in quella posizione. La sovrastimolazione ricevuta e molte scene che probabilmente la disturbavano, la portavano a non essere serena.

Purtroppo non ho appreso questa lezione al suo tempo ma molto tempo dopo, sentendomi in colpa per non averci pensato prima, ma fortunatamente avendo la possibilità di correggere questo errore a chi come me si era avvicinato al portare in fascia senza sapere importantissime informazioni, quindi approfondendo con confronti con amiche consulenti e leggendo libri appositi.

Povera piccola mia, quante ne ha viste, quante ne avrei potuto averle risparmiato..

Però, non si sa mai abbastanza, ed oggi dopo 3 anni e 4 mesi di portare in fascia, posso dire che so molto di più di quanto ne credevo di sapere all’inizio, l’importante è avere occhi per vedere ed orecchie per ascoltare 😉

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78 risposte

  1. Linda mi era sfuggita la tua domanda sul ‘fasciare’, ecco la avvolgevo con una coperta leggerissima di cottone (faceva caldissimo); è un metodo utilizzato dalle nonne e aiuta il bebè a sentirsi più ‘contenuto’, agitandosi meno. Infatti anche le mie amiche americane swaddle their little babies 🙂

  2. Io amo tanto la fascia da decidere, prima di essere incinta per la seconda volta, di diventare consulente del portare :-).
    Gioriga e’ in fascia praticamente dalla nascita e ora ogni tanto dice: “scende!” e vuole camminare (alla faccia dei gufatori.-))
    @Linda: il famoso marsupio di marca nordica e’ per noi “formate” come un drappo rosso davanti ad un toro :-)), tanto che stanno facendo delle campagne. Ultimo il risultato di oeko test che lo dichiara: “assolutamente sconsigliabile”.
    @Lauryn anche nel nostro caso si dorme insieme, ma da un mesetto giorgia si addormenta nel suo “lettino bello” e guai a non farlgielo fare!
    Secondo l’etologa tedesca Elisabeth Kirkilionis:
    “Il bisogno di attenzioni e il comportamento di ricerca del contatto di un bambino in età neonatale, che chiede la conferma della presenza da parte di una persona di fiducia, avviene più spesso di quanto sia razionalmente comprensibile ad alcuni genitori, perchè apparentemente non ci sarebbe nulla che giustifichi i timori del bambino. Il silenzio e l’essere da soli sono invece per un “portato” una situazione di minaccia alla vita, poichè nel periodo preistorico una separazione dalla persona che accudisce implicava essere lasciato indietro e in questo modo rimanere facile preda di un predatore. Uno stato che un neonato deve interrompere con tutte le forze a sua disposizione.”

    1. Ciao Eliana,

      stavo per cestinare il tuo commento pensando che fosse spam, ma poi ho guardato il link al tuo blog 🙂 Forse vuoi fare la traduzione per i non portoghesi parlanti 😀

  3. Lauryn, nel nostro caso, la notte il problema non si pone perché noi condividiamo il sonno dal primo giorno di vita, quindi M rimane attaccata a me anche a letto 🙂
    Ad ogni modo, quelli-che-vogliono-dare-preziosi-consigli-alle-inesperte-neo-mamme, me lo dicevano quando lei aveva 2-3 mesi che se continuavo così a tenerla attaccata a me con la fascia e a rispondere immediatamente ad ogni pianto e rassicurarla sempre soltanto io, lei sarebbe cresciuta senza autonomia e troppo dipendente da ‘mamma’. :-\
    Invece tutt’altro, come dice bene Linda, più rassicuri il bambino, più il rapporto di fiducia si solidifica, e quando la mamma si allontana, il bambino sa che non deve stare lì ad aspettare ad oltranza chissà quando torna, ma è talmente in simbiosi che è sereno e tranquillo 🙂

  4. Anche io ho usato e ancora sto usando la fascia ma non così spesso perché al mio bimbo piace stare nel passeggino. Ho provato un po’ tutti i tipi di fascia cmq e mi trovo benissimo, soprattutto quando si va in città dove tra mezzi e gente sarebbe impossibile andare in passeggino! 🙂 POi uno non deve fare caso a commenti tipo: Mi sembra da zingara (grrrr)!!!!

  5. Che bella testimonianza!
    Graazie Cami!
    Una curiosità: che intendi quando dici che dalle tue letture avevi imparato a ‘fasciarla’?

    Per il resto io con il secondo mi decisi ad usare un marsupio di una nota marca nordica, ultima edizione, a supporto lombare. Mi decisi perché con un bimbo di 2 anni e mezzo circa, anche un po’ pigro a camminare, volevo essere libera di uscire da sola con entrambi e trovandoci in estate si rivelò un’ottima soluzione. Poi lo usai anche come dici tu.
    Anche se ritengo che la fascia o il mei tai siano più ‘fisiologici’ devo dire che si è rivelato un sistema fantastico!

    E per rispondere anch’io a Lauryn, non ho notato differenze di reazione tra un bimbo, il primo, abituato a carrozzina e passeggino, e lui per la notte. A parte che sentendosi rassicurato spesso dal non veder ‘sparire’ dopo la nascita il contatto col mio corpo, mi sembrava più sereno e disponibile a passare le nanne in un temporaneo ‘distacco’.
    Credo che il motivo sia che un bambino più ‘rifornimento’ di sicurezza fa, più è rilassato e più spazio di autonomia conquista

  6. mi pare di rivedermi…con sirio sempre addosso nel fare le cose più impensabili…e le più quotidiane…
    e lui sempre tranquillo, nel silenzio come nel caos…
    santa fascia!!! ^___^

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