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Il compito del pediatra non è quello di spiegare come si prepara il brodo vegetale

Il comunicato che segue è stato originariamente pubblicato su Facebook. Lo ripubblico qui, con il permesso degli autori, per assicurare che sia disponibile anche in futuro in quanto contiene considerazioni importanti sullo svezzamento tradizionale/medicalizzato e il ruolo del pediatra, e fornisce dei riferimenti bibliografici interessanti.

Il video della trasmissione a cui si fa riferimento lo trovate qui; la parte sullo svezzamento comincia dal minuto 26 e dura per circa 14 minuti.

Se volete sapere cosa finisce nel brodo vegetale, qui trovate un elenco dettagliato dei vari nutrienti.

Se invece volete approfondire la parte sull’allattamento, allora trovate il dialogo e un commento allo stesso nel post “Non dobbiamo far sentire in colpa le madri che non allattano”.

svezzamento brodo vegetale
Foto di The Pink Peppercorn

L’Associazione Culturale Pediatri (ACP) si dissocia dalle informazioni sullo “svezzamento” fornite da una pediatra nel corso del programma televisivo “Detto fatto” trasmesso da RAI 2 il giorno 23.03.2015

L’aggiunta al latte di altri alimenti, in epoche diverse a seconda delle varie specie, è una necessità di tutti i mammiferi e, nell’uomo, si basa sul raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo psicomotorio e di capacità relazionali atte allo scopo, che il bambino inizia da acquisire intorno ai 6 mesi di vita. L’introduzione di altri alimenti, in aggiunta al latte, è resa possibile grazie a queste capacità, all’imitazione dei genitori nel loro modo di alimentarsi, e alle sue innate capacità di autoregolazione. Nel percorso di “esplorazione” dei nuovi alimenti il bambino viene accompagnato da una famiglia che, adeguatamente informata sulla necessità di una dieta salutare per tutti i suoi componenti, gli insegnerà con l’esempio ad assumere una dieta sana. Questa modalità di “svezzamento” (termine che dovrebbe essere abbandonato perché significa “perdere il vizio” del latte, quando proprio il latte deve rappresentare ancora per molti mesi la fonte principale di nutrienti) prende il nome di Alimentazione Complementare a Richiesta.

La rappresentazione di questo processo naturale e fisiologico data nel corso della trasmissione in oggetto è stata, viceversa, quella di un decalogo prescrittivo con messaggi che in più occasioni hanno dimostrato l’assenza di rigore scientifico, indispensabile proprio perché era una pediatra che parlava, e che, al contrario, ha fornito indicazioni che vanno contro le evidenze che la letteratura scientifica ci propone.

Non possiamo, difatti, non dissentire dal messaggio che:

  • sebbene l’OMS indichi i 6 mesi quale periodo migliore nel quale iniziare l’alimentazione complementare, si annuisca compiaciuti di fronte alla sollecitazione della conduttrice che già dal 4° mese, 4° mese e mezzo “si può fare”;
  • si debba iniziare con il “brodo vegetale con una patata, una carota e una zucchina” con l’aggiunta di “crema di mais e tapioca”;
  • si debba continuare dopo qualche giorno aggiungendo i liofilizzati di carni bianche o gli omogeneizzati;
  • l’orario al quale si deve introdurre il primo pasto sia le 12 del mattino.

Non possiamo non dissentire dal messaggio generale del ruolo che il pediatra deve assumere nell’approccio all’avvio dell’alimentazione complementare che non è certo spiegare come si prepara il brodo vegetale.

Non possiamo non dissentire dalle indicazioni di prodotti industriali specifici e sulla prescrizione da parte del pediatra di pappe specificamente preparate per bambini.

Quello che è invece dimostrato, e non da oggi, è che, all’età di circa 6 mesi, in accordo con le raccomandazioni dell’OMS, le “pappe” industriali non sono affatto superiori agli alimenti domestici, che l’uso di alimenti complementari di origine industriale può ritardare l’accettazione della dieta familiare e costituisce un onere non necessario per il bilancio familiare, che l’introduzione graduale e scaglionata degli alimenti non evita ma, anzi, favorisce le allergie, e che il rispetto della ”capacità di autoregolazione del bambino”, associato alla conseguente presa di coscienza, da parte della famiglia, della necessità di una dieta salutare per tutti, contrastano efficacemente il rischio di errori alimentari, non solo in questa fase, ma per tutta la vita del bambino.

Che di tutto ciò non si abbia ancora piena coscienza e che numerosi “opinion leaders” in tema di nutrizione infantile stiano scendendo in campo a difesa dello “svezzamento classico” dipende probabilmente dagli ingenti interessi professionali ed economici che, da sempre, girano intorno all’alimentazione infantile. Possiamo vedere esempi di programmi di formazione in tema di alimentazione infantile, indirizzati ai pediatri, sponsorizzati da ditte che producono alimenti per bambini, con chiari messaggi contrari all’alimentazione complementare a richiesta, e alle sempre maggiori evidenze disponibili in questo campo.

Gruppo Nutrizione ACP


Riferimenti bibliografici:

Per concludere, alcune considerazioni sulla diffusione delle informazioni.

Il programma Detto Fatto all’epoca veniva seguito da circa 1 milione di persone al giorno. Ipotizziamo che solo un quarto stesse effettivamente seguendo il programma quando si parlava di svezzamento, parliamo quindi di circa 250.000.
Il post di Facebook dell’ACP è stato condiviso tramite la pagina FB di autosvezzamento 279 volte e altre 198 volte dalla pagina dell’IBFAN. In totale abbiamo 477 condivisioni (e non credo che aumenteranno più di tanto dato che oramai il post sembra aver esaurito la benzina). Vi sembrano tante? Utilizzando i dati che Facebook mette a disposizione posso dirvi che circa 40.000 persone vi sono state esposte. Tuttavia, in quanti lo avranno letto? Ipotizziamo che lo abbiano fatto la metà di loro  (ma credo che questa sia una stima molto, ma molto, ma molto esagerata), parliamo di 20.000 persone. Se paragonate questa cifra ai 250.000 che avranno visto la trasmissione, potete trarre da soli le conclusioni.

Inoltre, come ha giustamente puntualizzato Chiara commentando il post di Facebook:

Sì, il problema è che intanto la trasmissione su raidue è stata fatta, ascoltata e seguita. Mentre il messaggio dell’ACP […] chi lo leggerà? Probabilmente chi già la pensa così…

È vero che all’atto pratico stiamo cercando di convincere chi convinto già lo è? Probabilmente sì in quanto siamo troppo piccoli e non possiamo fare certo concorrenza a un programma televisivo trasmesso su un canale a diffusione nazionale. Inoltre per come funzionano Google e Facebook, le informazioni in rete tendono a essere diffuse solo tra chi condivide gli stessi interessi, quindi potrebbe davvero essere che ce la suoniamo e ce la cantiamo..

Possiamo solo sperare che la notizia venga ripresa da qualche testata nazionale o sito a diffusione molto più ampia del nostro. Fatelo circolare e speriamo si diffonda il più possibile.

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