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(Auto)svezzamento e la via di mezzo: la paura

paura da autosvezzamento, via di mezzo

In rete si legge con regolarità di genitori che, affetti da “paura da autosvezzamento” si chiedono: “è possibile combinare l’alimentazione complementare a richiesta, o autosvezzamento, con uno svezzamento tradizionale all’italiana? La domanda non può sorprendere dato che in Italia il concetto di “alimentazione complementare a richiesta” è tuttora certamente poco diffuso.

Abbiamo già accennato che l’autosvezzamento si può visualizzare come un passaggio dal latte ai solidi “orizzontale“, mentre quello tradizionale è più “verticale”.

E la via di mezzo? È forse obliqua?

Quando un genitore, i cui amici e parenti hanno seguito grosso modo all’unisono un determinato schema fatto di brodi, farine, ecc., ovvero uno svezzamento tradizionale DOC, si chiede se quella dell’autosvezzamento sia una strada percorribile, cerca spesso una specie di compromesso per evitare di sembrare troppo originale, per non dire “estremista”; in fondo se più o meno tutti seguono una certa strada, devono aver ragione per forza… Insomma, questo genitore ha paura.

Paura da autosvezzamento

Allora mescoliamo i metodi? Beh, in teoria uno può fare quello che vuole, ma in questo caso c’è un’idea di fondo che, se prendiamo per vera, gli altri approcci semplicemente perdono di significato.

Faccio un esempio: la zia Giacomina era molto superstiziosa e il figlio la prendeva sempre in giro dicendo che erano cose senza senso e prive di alcuna veridicità scientifica. Il marito, lo zio Arnolfo, affermava che non ci credeva neanche lui, tuttavia, anche senza raggiungere il parossismo della moglie, non sarebbe andato a cena se era il 13mo a tavola, e se vedeva un gatto nero faceva gli scongiuri.

Ora, dato che non aveva gli amuleti contro le fatture e i talismani portafortuna della zia Giacomina si potrebbe dire che il suo approccio alla superstizione fosse più bilanciato dato che non lo costringeva a rinunciare a tutto, ma era in grado di ritenere quegli aspetti che riteneva più confacenti alla sua personalità. Chiaramente il figlio, il cugino Ernesto, scuoteva la testa quando parlava di queste cose sia con la madre che con il padre… Sarebbe corretto dire che il figlio era intransigente e che il padre aveva adottato la via di mezzo? Direi che, usando le parole di Peppino di Filippo, lo zio Arnolfo era un classico caso di “non è vero, ma ci credo”…

Tornando all'(auto)svezzamento, se si accetta l’assunto che il bambino, dandogliene la possibilità, riesce a mangiare da sé e presupponendo che i genitori mangino in modo equilibrato (e se non lo fanno se ne dovranno prima o poi fare una ragione), il problema non si pone: la “via di mezzo” perde completamente di significato, così come l’approccio più tradizionale… Il bambino che mangia a richiesta si regola da solo in quello che vuole e che non vuole. Il ruolo dei genitori è di assicurarsi che tutto quello che è a tavola sia vario (a medio e lungo termine) e a portata di mano.

Se uno poi dice che dà anche l’omogeneizzato (che non demonizzo, per carità, dato che anche lui presumo abbia la sua utilità) o che frulla tutto perché così gli sembra di comportarsi in modo più equilibrato e perché forse vede il bambino mangiare di più… devo dire che segue la scuola del “non è vero ma ci credo”.

No, non si può avere un’alimentazione a richiesta a comando.

Dare prima la pappa usando brodi, farine e omogeneizzati e poi metterlo a tavola per farlo spizzicare se vuole, non è lontanamente fare autosvezzamento; né è fare autosvezzamento preparare una pappa usando quello che c’è a tavola per poi “somministrarla” al bambino. Questi sono semplicemente esempi di svezzamento “tradizionali” dove si è rilassato il calendario di introduzione dei cibi. In altre parole, l’insicurezza, il timore di sbagliare, i dubbi e la paura ci fanno ritornare sui nostri passi, ma rimaniamo con l’impressione di aver fatto un passo avanti, che ci fa sentire meglio e forse anche un po’ trasgressivi :).

Non che ci sia nulla di male in un approccio del genere, soprattutto se i genitori (e possibilmente il bambino) sono contenti, ma bisogna chiamare le cose con il loro nome; inoltre teniamo conto del fatto che se diamo le pappe, per cui imbocchiamo, ci potrebbero anche essere delle conseguenze per il BMI.

Se il bambino mangia veramente a richiesta, allora facciamo autosvezzamento.
Se sono i genitori a decidere cosa, quando e in che quantità mangiare, allora si fa uno svezzamento “tradizionale”.
Gli ingredienti usati sono secondari: come l’abito non fa il monaco, gli ingredienti (da soli) non fanno lo svezzamento.

E la via di mezzo? In questo caso è semplicemente un’illusione.

Ma se ci sono problemi (forse più) oggettivi, tipo nonne, suocere, nidi, ecc, come facciamo? Di questo parleremo a breve.

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46 risposte

  1. Dopo aver letto la conversazione del forum mi sembra che ci sia da specificare: una cosa sono i crostacei, con il discorso di eventuali allergie (per la cronaca: con la piccola di un mese, in vacanza in sardegna, ci hanno regalato un’aragosta: e che facevo, la lasciavo li’? :-)).
    Un discorso diverso sono i frutti di mare: tendono ad essere un po’ un concentrato di “schifezze” visto che fanno da filtro dei mari (chi piu’, chi meno). G. ha mangiato gli spaghetti alle cozze (solo la pasta) a undici mesi, ma venivano da un posto controllato e l’amico da cui abitavamo lavora con biologi ed aveva accesso a tutti i database sui monitoraggi della laguna da cui provenivano. Probabilmente e’ stato rischioso. Io mi faccio un po’ di scrupoli a metterli a tavola.

  2. quello che è stato detto a me è che frutti di mare e polpo sono particolarmente difficili da digerire, perché ricchissimi di tessuto connettivo. Se un bambino non è in grado di masticare bene, stracciando le fibre con i molari, rischia di avere mal di pancia. Però, un pezzettino di polpo la mia piccola l’ha rosicchiato, e non le è successo nulla.
    Sulle allergie, c’è un post molto recente che rimette in causa la politica di ritardare l’introduzione degli alimenti “allergeni”, perché apparentemente fa ancora peggio.

  3. la minestrina di cui sopra era sempre per tornare al discorso del nido. loro mi chiedono cosa far mangiare a mio figliod i 6 mesi, per motivi organizzativi (e credo anche di asl) devono cucinare apposta per i lattanti, e lui è il più piccolo di tutti ma a quanto pare mangia più degli altri :-D. io gli ho detto per il momento di preparargli così, poi man mano varieranno gli alimenti, verdure sempre diverse, carne e pesce e formaggi ecc. a casa invece per esempio ieri noi mangiavamo il pesce e le verdure e lui ha mangiato quello, oltre alla minestrina fatta apposta per lui perchè noi non mangiamo sia primo che secondo mentre lui che ha più fame è giusto che mangi anche un “primo”. insomma l’autosvezzamento così come lo svezzamento più tradizionale non sono delle religioni in cui credi o non credi, ma una volta assodato – perchè scientificamente valido e anche di buon senso – che un bambino a 6 mesi può mangiare praticamente tutto, e non c’è bisogno di frullare e tantomeno di comprare alimenti appositi per l’infanzia, poi ognuno si regola giorno per giorno secondo le necessità e le comodità della famiglia e delle altre persone che si occuperanno di lui.
    una curiosità: cosa ne pensate invece dei frutti di mare ecc.? perchè quelli erano l’unica cosa che il mio pediatra aveva davvero vietato fino a circa 3 anni (allergie? intossicazioni?).

  4. … no, il cucchiaio pre-riempito è stato un disastro … al meglio, ha ributtato tutto dentro e continuato a rimestolare … la lascio fare a modo suo …

    … sulle etichette, quello che intendevo è, se per qualche motivo non fai AS puro e semplice, che bisogno c’è di dichiarare che fai “quasi” AS, o una via di mezzo? Fai quello che fai, tranquillo, e quello che ti piace dell’AS magari lo “importi” nel TUO personale metodo. Ogni bambino è diverso, ogni famiglia si arrangia un pò come può, il cibo è una cosa banale e naturale che, secondo me, non richiede alcun particolare metodo, né pappette a calendario cronometrati precisi al microgrammo, né (attenzione, eresia!) necessariamente AS “puro e duro”.

    quanto all’opportunità di provare da sé, ce l’ha, ce l’ha sempre avuta, e già a 9-10 mesi al nido mangiava da sola (quando l’ho detto la prima volta mi hanno riso in faccia dicendo che era molto troppo piccola, ma l’hanno comunque lasciata provare).

    Da qualche parte ho la ventosa per attaccare il piatto al tavolo …

    1. direi che il cucchiaio pre-riempito e’ piu’ difficile da gestire che la forchetta pre-inforchettata…. o almeno per noi e’ stato cosi’

    2. Sono completamente d’accordo con te Alexandra. Io per esempio prenderò dall’autosvezzamento i principi generali e farò del mio meglio per rimanerci fedele ma senza disdegnare una minestra fatta apposta per la mia bimba (che adora) quando quello che metto nel mio piatto non lo ritengo adatto a lei oppure un piatto particolare semplicemente perchè ne va matta e ne mangia oltre il semplice assaggio. Alla fine la rivoluzione, per come la vedo io, sta nel fatto che finalmente i bimbi non sono più trattati da malati da sfamare a forza, ma individui in grado non solo di mangiare tutto con delle preferenze ma anche nelle quantità che loro preferiscono tutto il resto mi sembrano forzature (vedi il frullatore assolutamente no, il cucchiaino è il male etc etc)

      1. Sono assolutamente d’accordo, non c’è niente di male a predisporre un piatto alternativo se questa sera mi voglio affogare di fritto misto. Non credo che esista il concetto di “AS puro”, l’autosvezzamento è una forma mentis, è davvero una maniera di rieducare i genitori a comprendere e a liberare i figli dalla fissità dei menù a schema. Se si ritiene che la cena di stasera non sia adatta per il piccolo di casa, OK, l’importante è che sia davvero una tantum e non accada troppo di frequente, ma soprattutto che non sia il frutto “della paura”… dei pezzi, degli alimenti “a rischio”, del giudizio dell’amica. Insomma, se noi genitori abbiamo bene chiaro che cosa stiamo facendo, non vedo problemi di sorta. Se invece siamo confusi, forse ci fa bene riflettere sul fatto che “a richiesta a comando” non ha senso. Ho sempre ritenuto che lo scopo del forum (quando ancora il blog non esisteva) era quello di aiutare le mamme a superare l’ansia che troppo spesso accompagna i pasti nelle famiglie, questo post va un po’ in questa direzione. La “via di mezzo” di cui si parla qui è quella che significa confusione di idee, non è quella “tecnica” 🙂

        1. Giusto, Goria. Una tantum che problema c’è? Non siamo Estivil, per cui una sola volta di ‘sgarro’ manderebbe a monte mesi di lavoro!

          Per il resto rimando al mio commento un po’ più giù!

      2. … e poi ci sono quelle volte in cui arrivi a casa e la lupachiotta sta ululando ferocemente dalla fame: al nido la fanno mangiare alle 11 e 1/4, e nonostante la merenda, alle 18.30 mangerebbe un bue intero, e se oltrepassi un certo limite, è lo sclero totale … che fai, le fai aspettare mentre cucini la cena per la famiglia, o le fai una cosa veloce tutta per lei?

        … adesso dirò una mostruosità, ma davvero il tritatutto (o frullatore) “assolutamente no”? caso classico, cucciola comincia a mangiare qualcosa, palesemente le piace, ma dopo un pò è chiaro che i pezzi un pò “coriacei” (leggi carne) la stufano. Per forza bisogna andare di biberon / tetta, quando basta una tritata per ridurre un pò i pezzettini, e finisce il piatto di gran gusto? per me questo è semplicemente un atto di rispetto nei confronti dei limiti del bimbo in quel momento, che fa parte delle tappe graduali della sua “padronanza” del cibo. Le dico “guarda, adesso risolviamo questa difficoltà”, facendole vedere che le cose si possono anche modificare, adeguare, invece di subito rinunciare. Credo addirittura che la mia cucciola si offenderebbe se gli togliessi puramente e semplicemente il piatto, sarebbe come dirle “non sei capace, torna al latte”.

        1. Ma non c’è niente che non va nel non essere capaci, e vuoi mettere il gusto di superare le difficoltà da soli?
          Ognuno a casa sua fa quello che valuta giusto, è ovvio, ma io credo sinceramente che frullare oggi e vedere che di conseguenza si spazzola il piatto, può voler dire molto facilmente che domani sarai (tu generico) tentata di farlo di nuovo magari per vedere se mangia di più, cedendo alla voglia/gioia di vederla mangiare in abbondanza. Non sono la quantità e la velocità a contare, ma l’esperienza del cibarsi a 360° anche con le sue difficoltà. Inoltre credo anche che forse se un bambino non è tecnicamente in grado di mangiare un determinato cibo è meglio che non lo mangi.

        2. No no no! lungi da me la tentazione di “barare” perché mangi di più. Mangia quello che sente. Flullato o non frullato, se non ha più fame, non mangia più, e basta.

          Superare la difficoltà, lo fa, mangia i pezzetti, usa il cucchiaio da sola, ma ad un certo punto si stufa – non del cibo in sé, ma dello sforzo, o anche (l’ho notato spesso in altre cose) una volta la difficoltà superata, non l’interessa più. Però ha ancora fame, e il suo cibo è lì, buono. Sarà che non prende più il lattedimamma, ma una formula speciale per allergici alle proteine del latte, che
          a) costa un occhio della testa, e
          b) sono comunque proteine del latte, anche se trattate, e non me la sento di saturarne la mia piccola,
          ma preferisco dare una tritatina piuttosto che preparare un biberon. Effettivamente, ho un pò di remora ad assecondare questa pigrizia”, ma … non è solo lei ad essere stanca …

          Sulla velocità, lo ammetto, Colpevole, Vostro Onore! non che debba per forza mangiare a tempo record, ma se si tratta di stare lì per ore e ore, non ci sto più dentro. La stanchezza è tanta, e fino a quando cucciola non andrà a dormire, e un bel pò oltre, per me il concetto di riposo sarà un lontano miraggio. Allora il contenimento del pasto in tempi, diciamo, ragionevoli, che già rispetto ai miei standard pre-bimba sono lunghissimi, è fortemente desiderabile. Non un imperativo assoluto, ci sono sempre tutti gli adeguamenti del caso, ma comunque una buona cosa.

          Sull’incapacità tecnica, è sempre relativa, perché comunque il cibo glielo adeguiamo sempre più o meno: non tagliamo forse la carne a pezzettini piccoli, o qualcuno le mele a fettine fini fini?

          Quanto al non esserci niente che non va nel non essere capaci, concordo pienamente: quello che non mi piace è rinunciare in blocco, invece di provare a fare qualcosa per mitigare la difficoltà. Se incontri un muro, hai 3 soluzioni: rinunciare, provare a scavalcarlo all’infinito, o fare un passo indietro e cercare di aggirarlo. Se capita in un contratto un punto di blocco, di solito non si rinuncia per quello alla transazione, si “tagliuzza” e modifica la clausola critica finché le parti non trovano un punto d’incontro.

          ecco, spero di aver chiarito meglio

  5. Non parlavo di lanci volontari, ma di lanci accidentali (il cucchiaio arriva sul bordo del piatto, lei lo alza spingendo anche un pò sul bordo, e … volaaaaaa (cane felice).

    Fichissima l’idea della forchetta precaricata! proverò! Ma la cosa che alla mia cucciola piace di più è girare il cucchiaio nel piatto per mischiare insieme tutto il cibo …

    Il grosso problema quando mangiamo tutti insieme è che si mangia tutta la MIA pappa (quando è mangiabile per lei), o ne ruba per rifilarla al cane, e se le do un pezzo di pane da dare al cane, lo rosicchia lei, anzi, vorrebbe portarselo in giro, col povero animale sbavante al suo seguito …

    1. hahaha!!!
      Si sa che la pappa dei genitori (e del cane) è SEMPRE più buona; lo dice anche il proverbio, no?

      Comunque, se vuole essere imboccata perché mangiate una minestra o quello che sia non credo proprio sia un problema (ma non lo dite alla Rapley), ma al tempo stesso diamole l’opportunità di provare da sé.

      Noi di solito usavamo ciotole concave a base larga (ma all’inizio le dovevamo tenere con la mano in modo discreto per evitare i lanci o i ribaltamenti più o meno accidentali…) e non troppo profonde. Come cucchiaio, un cucchiaino un po’ grandino (non quelli micro da caffè per intenderci). Il tutto però è normale… dopo tutto, non ti aspetti che un bambino cada quando incomincia a camminare? L’istinto però è troppo forte e così si rialza e riprova anche se dà una capocciata:):)

  6. E cosa dici di un bimbo allergico? un sacco di cose che metto in tavola volentieri per noi, alla mia cucciola non le posso dare, perché ha una netta allergia alle proteine del latte: niente latte, niente formaggio, niente burro, niente panna, niente vitello, niente wurstel, niente prosciutto cotto, senza parlare di tutte le cose nelle quali non immaginavo neanche che si nascondesse il latte.
    Mangiamo una pasta al pesto – devo per forza cucinare a parte per lei; polpette al sugo – idem; un arrosto? guardacaso, è vitello – tocca cucinare altro …
    Ma non mi verrebbe mai in mente di considerarlo un menu “di serie B”. E’ quello di cui ha bisogno il mio amore cucciolo. Semmai, quello è di serie A, e quello che mangiamo noi di serie B…

    Seconda domanda pratica (mia curiosità): quanto tempo ci vuole ad un bimbo autosvezzante per mangiare quello di cui ha bisogno? E gli altri cosa fanno, stanno a tavola con lui finché non ha finito?

    Quid, infine, quando un bimbo semplicemente si stufa di mangiare da solo: mangerebbe anche molto volentieri quello che ha sul piatto, ma non ha più voglia di armeggiare con il cucchiaio, dopo 2-3 volte che ha mandato questa cosa buona a catapulta fuori dal piatto, si è seccato, e vorrebbe rimettersi in posizione passiva. Cosa si fa: gli si da la tetta, o lo si imbocca? Credo che comunque per un cucciolino piccolo, il gesto della mamma che gli “dà” il mangiare sia carico di significato affettivo: come sai, io ho cominciato lo svezzamento in modo tradizionale, e credo che per la mia piccola sia così. Lei non manca mai, peraltro, di prendere a sua volta il cucchiaio e di imboccare me (o di farlo anche con le mani). Credo sia Bruno Bettelheim che ha illustrato con belle parole il “dialogo” mamma-cucciolo basato su questo gesto d’amore ricambiato.

    Quanto al concetto di “via di mezzo”, non ne vedo l’utilità: un genitore in buona fede può anche prendere da diverse scuole di pensiero gli elementi che ritiene giusti, non c’è un unico metodo “impermeabile” a qualsiasi influenza, e non c’è bisogno di “etichettare” quello che fai. Quello che conta non è la “scuola” che segui, ma lo stare attenti a quello di cui ha bisogno il tuo bambino.

    Sulla paura del giudizio altrui … ne parliamo un’altra volta …

    1. Lungo intervento… vediamo un po’…

      Allergie: qui è tutto un altro discorso. Se ci sono problemi medici è chiaro che bisogna avere menu specifici, ma ciò non toglie che tutta la famiglia può condividerli, almeno ogni tanto. Comunque questo è un problema che rimarrà per anni a venire e certo non è limitato allo svezzamento. Ciò non toglie che si può tranquillamente mantenere la fase dello svezzamento “a richiesta” anche se logisticamente più difficile. Dopo tutto provare diverse consistenze e sapori è importantissimo all’inizio.

      Durata dei pasti: Ci si mette la durata normale del pasto. Se il bambino si vede che continua a mangiare con regolarità magari aspetti un po’ (soprattutto crescendo quando mangia di più), ma se fa melina si passa oltre.

      Per quanto riguarda i lanci, a mio avviso sono sintomo che tanta fame non c’è. Le cose solide (tipo pasta, carne, pane) sono molto più facili da gestire per il piccolo, ma ricordarsi sempre di dargliene sempre una o due alla volta. Comunque tutti passano per la fase “lanci” prima o poi. È per questo che consigliamo di mettere un bello straccio largo sotto il seggiolone:) (A meno che il cane non ci arrivi prima :D)
      Imboccare non è il male, soprattutto se la manualità non è sufficientemente sviluppata, ma per svilupparsi ha bisogno di fare esercizio. Inoltre non credo che si mangeranno tutti i giorni minestre. Noi le facevamo un paio di volte a settimana. Per il resto si andava di mano o di forchetta pre-caricata (il “caricamento” autosufficiente è arrivato dopo).
      Comunque, se leggi il libro della Rapley (Baby-led-weaning), per lei imboccare è quasi il male. Lei sostiene che anche le zuppe vanno mangiate da soli. Confesso però che quando mangiavamo minestre, ecc. noi imboccavamo all’inizio. Mi pare che verso i 18 mesi BM abbia cominciato a fare tutto da sola (ma anche prima spesso noi riempivamo il cucchiaio, ma lei lo prendeva da sola)

      Per quanto riguarda le etichette, per quanto provi non riesco a trovare una definizione di “svezzamento-via-di-mezzo” che funzioni… se ci penso 30 secondi ricado subito nello svezzamento tradizionale “a proposta”.

      Per quanto riguarda il “gesto d’amore RICAMBIATO” sai quanto volte mettevamo un pezzo di qualcosa in bocca a BM e lei ci metteva in bocca a noi il boccone successivo preso con le sue manine:) (sul forum sono in tanti ad aver avuto la stessa esperienza)

      1. scena di ieri? penne rigate al pesto di rucola, una in bocca, la tira fuori: ora a mamma, e me la da. e di nuovo, e di nuovo…:-D

  7. Sono con il telefonino, quindi ho problemi “tecnici”

    1) tutto bene se la mangiano tutti e tutti insieme (e non solo quella tutti i giorni). DOmani mangeremo pasta, carne o quello che è.
    2) gliene dai finché la vuole o fino a che non ce n’è più.

    Il punto è che il menu non fa lo svezzamento:) non ci sono menu di serie A e di serie B per malati (a meno che qualcuno non stia male:)

  8. e di una minestra fatta di verdure miste solo schiacciate, non frullate, pastina, pollo a pezzettini, olio e parmigiano, tutto fresco e preparato in casa (o al nido), che mi dici?
    Seconda domanda: se il bambino ha evidentemente fame e mangia la suddetta minestra volentieri tanto che piange quando il piatto è finito, ma non è ancora in grado di mangiare da solo, che si fa?

    1. minestra di verdure (passate) con dentro pastina e sopra sformaggiata di grana è una delle nostre cene di autosvezzanti
      la mangiavamo anche prima che nascesse Riki, la mangiamo tuttora, a Riki piace e la mangia quando la faccio per tutta la famiglia

      la differenza sta nel fatto che non gliela faccio APPOSTA e a parte

    2. Io non ci ho messo il pollo anche, ma minestre con la pala!
      Quello che farei, e che in realta’ ho fatto col primo che ha fatto uno svezzamento tradizionale con tutta la calendarizzazione dell’introduzione degli alimenti (ed erano anche sei anni fa): se piange perche’ la minestra e’ finita gliene do’ ancora…

  9. In effetti mi stavo proprio chiedendo questo! Cioè gestire l’alimentazione con i nonni/babysitter. Educare loro potrebbe rivelarsi un’attività improba!

    1. Secondo me quello è meno un problema di quanto non si immagini (o meglio, i bambini sanno adattarsi facilmente alle varie situazioni).
      Comunque prima dovevamo gettare le premesse per fare questo discorso. Troppo spesso leggo in rete di genitori che optano per la “via di mezzo” non rendendosi conto che quello che fanno è uno svezzamento “tradizionale” puro e semplice.
      Il concetto che la differenza tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento è l’atteggiamento verso l’alimentazione e non un menù particolare non sembra essere molto chiaro (non qui, ma in generale il rete) ed è questo il motivo che ci spinge a reiterare questo concetto (sperando di non sembrare ripetitivi ai nostri lettori:).
      Una volta assodato questo punto possiamo parlare di cosa fare se i parenti o le istituzioni fanno ostruzionismo, ma di questo parleremo nella prossima puntata 😀

      1. Secondo me, o almeno quello che ho fatto, con nonni/babysitter ci si organizza con un menu a base di minestre medie, che tanto comunque a noi erano lo standard del pranzo, gli si fa tagliuzzare le cose (non puoi chiedergli di affrontare il “finto strozzo” con tranquillita’, o almeno io non ho potuto) e, secondo me la cosa piu’ importante, e’ chiedere di assolutamente non insistere.

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