In teoria non c’è nessun problema con il monitoraggio del peso, ovvero se si pesa un bambino (molto) spesso, ad esempio ogni settimana, e si studia l’andamento della crescita su un grafico. Questo è specialmente vero se le pesate vengono effettuate da un operatore sanitario perché, a titolo di esempio, sta effettuando una qualche ricerca su un particolare aspetto dello sviluppo dei bambini.
Purtroppo però come sappiamo la pratica è ben diversa… la tentazione di usare la bilancia, per controllare la crescita è molto forte e non appena le misurazioni vengono messe nero su bianco ecco che anche per il più rilassato dei genitori quello che è un semplice monitoraggio diventa potenzialmente sorveglianza e ogni deviazione dalla curva “standard” viene osservata con sospetto.
Il problema di fondo è che c’è generalmente confusione anche tra i pediatri e le ASL su ogni quanto tempo andrebbe “controllato” un bambino, su come effettuare questo “controllo” e su cosa vada “controllato”. Facendo una rapida ricerca in rete ho visto che il numero di bilanci di salute di routine varia da 6 a 12 o più nel primo anno; a ciò si aggiunge che alcuni vanno non solo dal pediatra della ASL, ma anche da uno privato. Inoltre ci sono anche i consultori dove si può andare per effettuare la pesata settimanale. Cosa fare con questa marea di informazioni che viene collezionate nelle settimane e nei mesi? Interpretarla in modo corretto può non essere semplice come sembra.
Monitoraggio del peso: due esempi
1) Modo sbagliato
Una mia conoscente allattava al seno e dopo i primi due mesi il figlio aveva registrato una crescita molto forte; il mese successivo al bilancio di salute il medico ha constatato che la velocità di crescita era rallentata e quello dopo ancora c’è stato più o meno un arresto, così il percentile, che prima aveva preso un’impennata, è ritornato sui valori pre-balzo. Dopo aver visto che la crescita era rallentata così tanto, la mamma in questione ha deciso di togliere immediatamente il seno e passare al biberon, passaggio che è stato effettuato in poco tempo.
Per lei questo calo nei percentili si è tradotto in una condanna senza appello per l’allattamento, ritenuto chiaramente insufficiente: si è rivolta alle certezze offerte dal biberon senza neanche prendere in considerazione possibili alternative. La madre in questione mi ha detto che ha agito da sola, ovvero senza il consiglio di nessun operatore sanitario, ma anche se fosse così non posso non domandarmi perché al momento della pesata non le sia stato spiegato meglio cosa volevano dire quei numeri, se la situazione andava rettificata e quali passi si sarebbero potuti intraprendere per fare ciò. In questo senso l’operatore sanitario ha certamente fallito nel suo compito.
2) Modo corretto
In questo secondo caso (preso dalla conferenza ILCA 2011) abbiamo un bambino il quale per il primo mese cresceva poco o nulla, faticando a recuperare anche il calo ponderale. Tuttavia in questo caso è stato sufficiente fornire supporto per migliorare l’allattamento e il “problema” è rientrato.
Da notare come nel caso sopra riportato sembra che il bambino a 5-6 settimane ancora non abbia raggiunto il percentile che aveva alla nascita, ma questo è un altro dato fuorviante, in quanto il peso alla nascita non determina necessariamente la “nostra” curva. Piermarini lo ha spiegato bene in un commento al precedente articolo sulle curve di crescita:
Il peso alla nascita dipende principalmente dal funzionamento della placenta, quello successivo, oltre che da una alimentazione adeguata, dalla genetica del singolo individuo. Di solito nel corso del primo anno si realizza un aggiustamento verso il proprio specifico bersaglio, e in generale quelli che nascono pesanti crescono meno di quelli che nascono leggeri; il tutto si chiama regressione verso la media.
Questo sembrano averlo capito bene nel sistema sanitario britannico, in quanto le loro curve di crescita cominciano dalla terza settimane di vita, aiutando così a far diminuire le possibili preoccupazioni legate al calo ponderale.
Se provaste a immaginare il grafico qui in alto con le curve che cominciano solo dopo la seconda settimana non fareste più l’osservazione che “il bambino non ha ancora recuperato il percentile della nascita”. Insomma, quando si ha a che fare con le curve di crescita anche l’occhio vuole la sua parte.
Ci sono alcuni studi molto interessanti, anche se datati 2005/06 e basati nel Regno Unito, che parlano di questi argomenti, come ad esempio questo articolo e quest’altro. In questi studi si sottolinea il legame tra il modo in cui l’informazione legata alle curve di crescita viene presentata (o non presentata, a seconda dei casi) e l’atteggiamento dei genitori nei confronti della crescita dei figli. Ad esempio, alcuni genitori intervistati hanno detto che non gli piaceva che nelle curve ci fossero zone ombreggiate, in quanto sembravano più “sbagliate” di altre. Inoltre si suggerisce di non enfatizzare in alcun modo la curva al 50° percentile, così da non dare l’impressione che rappresenti la condizione “ideale” di crescita.
Tutto ciò può sembrare banale o scontato, ma non lo è se ti trovi con un esserino tra le braccia e non sai cosa farci:). Gli autori enfatizzano anche la necessità di condurre altri studi per comprendere meglio questo fenomeno; purtroppo però non credo che esistano e, che io sappia, non ne sono stati condotti in Italia.
In sostanza le pesate e le curve di crescita possono risultare utilissime per individuare casi in cui la crescita non procede come ci si aspetterebbe. Il problema però è capire bene e quantificare quand’è che la crescita è sospetta. Di recente leggevo di un genitore a cui il pediatra ha detto di svezzare “i propri figli a 3 mesi perché… stavano crescendo troppo”… Per questo motivo serve personale specializzato che sappia interpretare i risultati in modo obiettivo e consigliare in modo corretto.
Di certo non serve un pediatra che alla prima occasione disponibile ti dice di dare l'”aggiunta” o di svezzare; in questi casi pesate e curve sono senz’altro più deleterie che utili in quanto, a meno che il bambino non mostri una crescita perfetta o non aumenti di percentile, verrà considerato immediatamente (e spesso inutilmente) a rischio.
Sarebbe anche interessante sapere qual è il tasso di successo derivante da un monitoraggio del peso così a tappeto; al momento non sembra esserci un vantaggio così spiccato, o quanto meno non c’è informazione sufficiente. Ad esempio c’è uno studio del 2000 e un altro del 2008 che si occupano prevalentemente del terzo mondo dove si afferma che non ci si può pronunciare né in un verso né in un altro.
L’opinione corrente è che il monitoraggio (o sorveglianza, che dir si voglia) non ha rischi, per cui tanto vale effettuarlo, ma è davvero così? Ad esempio, quanti allattamenti sono stati persi in Italia per un’interpretazione superficiale delle curve di crescita? Quanti svezzamenti sono stati anticipati o quanto meno affrettati per lo stesso motivo? Inoltre, quanti bambini, sempre in Italia, sono stati danneggiati per una mancanza di monitoraggio del peso o altro? (Chiaramente non consideriamo i bambini sottoposti a maltrattamenti o incuria).
Di recente leggevo un post su un altro blog su una bambina che cresceva poco ed era molto debole, e che dopo qualche anno è stata finalmente diagnosticata con una forma particolarmente insidiosa di celiachia. Tuttavia, che la bambina non stava bene era evidente all’esame “occhiometrico” e solo in un secondo momento si è riusciti ad arrivare a una diagnosi. Presumo che ci siano casi in cui la crescita più o meno scarsa sia l’unico indizio che ci permetta di diagnosticare una determinata malattia, ma anche in questo caso bisogna considerare i costi e i benefici di un monitoraggio/sorveglianza così a tappeto previsti tramite i bilanci di salute.
Di sicuro un monitoraggio basato su pesate e curve di crescita un costo ce l’ha, e non parlo solo di quello puramente pecuniario. Nel dubbio, queste pesate facciamole pure, ma il minimo indispensabile, a meno che non ci sia una ragione ben specifica che per definizione si applica a una piccola minoranza. Se poi chi ci deve consigliare non è così ferrato in materia… speriamo che l’esame “occhiometrico” e l’istinto p/materno suppliscano alle carenze del sistema.
Pesare a tappeto e senza un vero motivo non è provato che apporti benefici, mentre è provato che può essere dannoso. Non metto in discussione che se ci si trova di fronte a un vero problema pesare non sia utile, ma pesare senza motivo spesso crea problemi inesistenti.
Non dimentichiamo infatti che il monitoraggio del peso e guardare le curve di crescita è inutile se prima non si guarda attentamente il bambino.
Ringrazio Adriano Cattaneo ex OMS ed ex epidemiologo dell’ospedale Burlo di Trieste (ora in pensione) per avermi fornito i riferimenti presenti in questo post.
75 risposte
Hai ragione Andrea, è che essendo partiti da in cima alle curve proprio non mi viene l’apprensione – noi lo pesiamo solo dal pediatra e ogni tanto con noi in modo approssimativo perchè non abbiamo mai comprato una bilancia per lui. Proprio non ci poniamo il problema… (nè ce lo pone il pediatra)
Avere tempo da perdere su certe cose è buon segno, è segno che la crisi non ci ha ancora portato alla fame…
io non l’ho mai saputo il mio pediatra mi ha sempre detto solo peso e altezza stop
Veronica Vanini, in teoria il problema si potrebbe porre se scendesse dal 90° al 75° o al 50°…
Comunque il punto del post è “a cosa serve sapere a che percentile si è?”/Andrea
per noi del novantesimo non si pone il problema 😛 😛 😛
Ciao a tutti, la mia esperienza in merito alle famigerate curve è stata uguale a molte. Il mio bimbo alla nascita pesava 3730gr e nei primi due mesi è aumentato più di un kg al mese. A tre mesi ha avuto un calo e subito la pediatra allarmata mi consigliò di integrare con il LA. Sono stati giorni un pò agitati, io mi sono fatta prendere dalla paura che il mio bimbo non crescesse, ma, grazie ad una cara amica che mi ha fatto notare come il mio bimbo fosse bello, vispo e attivo, ho ritrovato la ragione e non ho mollato. Il bibe non l’ha mai visto e adesso che ha 14 mesi ciuccia ancora che è un piacere. Con calma mi sono informata e ho letto che sul terzo mese è normale un calo della crescita perchè il cervello rallenta la sua crescita e quindi il corpo ha bisogno di meno energie…. Ci vorrebbe maggior informazione, più aggiornamenti e più umanità da parte degli addetti ai lavori.
per fortuna la mia pediatra nel primo anno, dopo la prima visita alla settimana, fa solo 4 bilanci, 1 mese, 3,6,9,12 e cmq anche lei mi ha fatto notare che non han tanto valore le tabelle in se quanto eventualmente la crescita ma soprattutto la vivacità e reattività dei bimbi…chiaro che vedere bimbi che non crescono o crescono pochissimo (come la mia primogenita) , specialmente per il primo figlio appunto, mette una certa ansia, ma le pesate a mio parere tante volte la incrementano solo, questa ansia…cmq ho tenuto botta (andavo in ogni caso a pesarla ogni settimana a un centro per mamme) e la prima è stata svezzata presto ma solo per sua volontà, non beveva neppure il mio latte tirato, nè qualsiasi altro latte, mangiava volentieri col cucchiaino, ma non il latte (che dall’anno di età assolutamente non beve in alcun modo pur mangiando latticini in abbondanza, e quindi son tranquilla che sa quel che fa). Con la seconda mai pesata se non dalla ped, ormai vedo anche ‘a occhio’ i periodi in cui cresce di più e quelli meno, ma appunto osservo il suo comportamento per prima cosa 🙂 e poi appunto, vale a mio parere tantissimo di più l’esame ‘occhiometrico’ 🙂
scusate le ripetizioni e le frasi un po’ sconnesse ma sono un po’ di corsa, spero si capisca lo stesso quello che intendevo dire! ciao!
Sono anche io molto perplessa di fronte all’uso che viene fatto delle curve di crescita e della totale assenza di una visione di insieme che si evidenzia in alcuni casi, e mi sembra utile proporre una riflessione in merito. Questo problema però non credo sia da imputare necessariamente al mezzo ma solo all’uso che se ne fa. Nel mio caso specifico ad esempio abbiamo avuto un problema perché la visione di insieme non corrispondeva alle curve di crescita (del cranio) che erano perfettamente nella media, mentre la misura ad occhio faceva capire che c’era qualche altro problema in corso. Io però alla fine ho denunciato il medico mica le curve di crescita fasulle. Al contrario nell’esempio della bambina che abbiamo pubblicato su genitoricrescono, credo che se il medico si fosse concentrato più sulla misura del peso e dell’altezza della bimba invece di tentare di spiegare tutto sul piano psicologico dello stress materno, forse avrebbe evidenziato il problema prima. Ma di nuovo, il problema non è il mezzo, ma il come viene usato. Per l’esempio che fai della mamma che ha smesso di allattare al 3 mesi invece sicuramente il pediatra avrebbe potuto spiegare meglio il senso di quelle curve, ma ho anche l’impressione che una mamma che decide di smettere di allattare così velocemente, senza che il pediatra glielo abbia consigliato, forse ha semplicemente preso la palla al balzo, perché non vedeva l’ora di smettere (e non sto facendo nessuna critica a questa mamma!). Quindi forse il problema non è tanto da ricercare nelle misure fatte, quanto nel tipo di approccio all’allattamento che viene proposto, e il sostegno che (non) si riceve nei primi mesi di vita del bambino.
@Serena Assolutamente d’accordo su tutta la linea.
Non è minimamente in discussione che le curve siano, per così dire, sbagliate o ‘immorali’. Il problema è proprio nell'(ab)uso che se ne fa.
Anch’io ho pensato che l’esempio della madre che abbia smesso di allattare avesse semplicemente preso la palla al balzo. All’epoca feci proprio lo stesso ragionamento, ma confermò assolutamente che non era il caso… vallo a sapere…
Sulla circonferenza cranica, hai letto l’intervento di Piermarini nell’altro post? Anche lui diceva che lunghezza e circonferenza cranica sono le misure meno attendibili, proprio perché difficili da effettuare, se non su lungo termine, così da eliminare errori di misura.
le visite di controllo come ho già detto altre volte dovrebbero essere qualcosa in più che pesate e misure. quello è solo un’informazione che si viene ad aggiungere ad una visita generale e a una chiacchierata con i genitori. certo non sempre c’è tempo di stare a parlare di tutto, specie se fuori c’è la fila di bambini col mocciolo verde. ma un pediatra che vede tuo figlio diverse volte nel primo anno e almeno 2 nel secondo, dovrebbe riuscire almeno una volta ogni tanto a chiederti qualcosa in più, su cosa gli piace fare, se socializza, se ride, se balla quando sente la musica, se sfoglia i libri e indica le figure, se va al nido cosa dicono le maestre, ecc. la storia delle pesate dei miei 2 figli è questa: primo figlio pesato quasi ogni settimana perchè era l’evento mondano: ci si incontrava al consultorio con le compagne di corso, si pesavano tutti i bambini e dopo la classifica (scherzosa) di chi era aumentato di più si andava tutte insieme a prendere il caffè. devo dire che essendo trasferita da poco, famiglia e amici lontani, mi sono sentita molto solo durante la prima maternità e quell’appuntamento fisso è stato la mia ancora di salvezza! non ringrazierò mai abbastanza il consultorio di avermi salvato dalla depressione! secondo figlio pesato solo dal pediatra.
il mio pediatra visita i primi 3 mesi 1 volta al mese, ogni 3 mesi fino a 1 anno, ogni 6 fino ai 2 anni o 3, non ricordo. ovviamente le visite e le telefonate per altri motivi si sprecano, fra influenze e bronchiti… se ha dei dubbi su qualcosa magari ti fa ritornare dopo 15 giorni ma è sempre molto tranquillo e tranquillizzante, però quando è stato necessario richiedere uno specialista lo ha fatto.
CosmicMummy1976 dici:
ci si incontrava al consultorio con le compagne di corso, si pesavanotutti i bambini e dopo la classifica (scherzosa) di chi era aumentato dipiù si andava tutte insieme a prendere il caffè
senza nulla togliere all’evento mondano e all’incontrarsi, siamo sicuri che la classifica era scherzosa per tutte le mamme, anche per quelle i cui bambini crescevano meno dei ‘torelli’?
Qui da noi avevamo una specie di consultorio dove si potevano fare queste pesate settimanali, ma poi è stato chiuso, o per lo meno non c’è più la possibilità di pesare se si vuole (a dire il vero non siamo mai andati… troppo pigri:) ), ma non so se è a causa di un cambio di policy o un semplice tagli di costi.Di certo la policy qui (cambiata da poco) è di non pesare a meno che non lo chiedi e di non misurare la lunghezzapraticamente mai (e su questo fanno sicuramente bene).
Se hai tempo, dai un’occhiata agli studi chi ho linkato… sono molto facili, infatti direi che più che studi sono una raccolta di esperienze personali. Tuttavia le conclusioni che ne traggono sono davvero interessanti. Di certo hanno influenzato il modo in cui le curve vengono proposte al pubblico (ovvero niente enfasi sul 50° percentile e niente curve per le prime due settimane); il cambio è avvenuto molto di recente, infatti con figlia 1 avevamo le vecchie curve e solo facendo delle ricerche per questo post ho finalmente capito il perché del cambiamento.
andrea_ CosmicMummy1976 non saprei come la interpretassero le altre mamme, ovviamente il termine ‘classifica’ era spiritoso, non è che si facesse davvero la classifica ma un confronto sul peso alla fine si faceva (anche se si poteva farlo anche solo a guardarli). che poi se non parli di peso parli di taglie di vestiti, non vi sono mai capitate quelle mamme che ‘a 6 mesi gli metto già i vestiti x 1 anno!’. comunque non mi sembra che le altre fossero tanto preoccupate (magari non lo davano a vedere, chissà), ma l’impressione è che le più ansiose sono quelle che non hanno l’opportunità di frequentare consultori o comunque centri di aggregazione fra neomamme e l’unico confronto che hanno è la mamma, la suocera, la cognata, il pediatra privato consigliato dalla suocera che era tanto bravo quando tuo marito era piccolo! frequentare le altre neo-mamme aiuta tanto a sdrammatizzare!
CosmicMummy1976 andrea_ Devo dire che appunto il tutto sta nel malcelato orgoglio con cui a tre mesi dici: eh ma lo devo vestire taglia 12 mesi. Il baco e’ ancora nel ‘grosso e’ sano’= io sono un bravo genitore. Difficile da scardinare. Nel ‘mio’ consultorio l’avvenimento mondano era mettere i bambini sul tappetone e parlare male delle suocere (e delle madri) MOOOOLTO catartico :-). per policy non ti pesavano i bambini se non una volta al mese e NON avevano le curve. Devo dire che per me, che sono una freak del controllo :-), non era facile.
Poi ho visto anche madri di bambini con triplo mento preoccuparsi della crescita, e quindi col primo mi tranquillizzavo. Con la seconda un’altra storia, ma veramente molto molto ‘strana’, quindi ci stava tutta che non fossimo tranquilli.
L’altra cosa che non ti dicono mai e’ che se il bambino e’ stato malato tra le due pesate e’ altamente probabile che la curva sia scesa. La’ sarebbe banale l’interpretazione e quindi non ci sarebbe da preoccuparsi se non- eventualmente- rifare la misura dando tempo sufficiente al piccolo di dare fondo alle sue risorse- ovvero cacciando fuori voracita’- per riprendere il calo causato dalla malattia. Mio figlio, quando e’ stato molto malato a 18 mesi ha mangiato, per pranzo, mezzo sfilatino com mozzarella e prosciutto (1 sfilatino, per capire, e’ il pranzo di un muratore) e DUE banane.
Comunque si, forse andrea ha ragione, non serve sapere che percentile e’. O forse basterebbe che il meccanismo delle curve venisse spiegato bene.
Buongiorno! Mi chiamo Luana Troncanetti e sono l’autrice del post che ha menzionato nel suo articolo, cioè questo: http://genitoricrescono.com/disturbi-alimentari-infantili-celiachia/Mi permetto di far presente, poichè conosco il caso della piccola in modo piuttosto approfondito poichè è come se facesse parte della mia famiglia, che la bambina non è stata mai sottoposta ad alcun controllo ossessivo/compulsivo del peso. La sua mamma è una donna molto equilibrata e non si presentava ogni settimana dal pediatra per controllare se sua figlia stesse crescendo oppure no. Il pediatra, a dirla tutta, le pochissime volte in cui sua madre è andata a chiedere consiglio non tanto sull’assenza totale di crescita del peso, ma sul fatto che quella creatura non si reggesse in piedi e non riuscisse neppure a saltare a corda come tutte le sue compagne, non l’ha neppure ascoltata né pesata.Chiedo scusa per questa precisazione, che forse le apparirà scortese, ma credo che il caso di Claudia non sia affatto pertinente al suo articolo.La ringrazio per l’attenzione,Luana Troncanetti
Luana Troncanetti , grazie del commento.
Hai fatto bene a precisare… chiaramente non conosco il caso in esame, a parte quanto detto nel tuo post, ma l’ho usato semplicemente come esempio di come l’esame occhiometrico alla fine (come in questo caso) funzioni.
andrea_ Luana Troncanetti il post citato mi ha colpito molto. certo alcuni dei sintomi presi da soli sembrerebbero non essere preoccupanti. quanti bambini fanno i capricci per mangiare? quanti hanno la gastroenterite? mio figlio il primo anno di nido l’avrà avuta almeno 1 volta al mese e durava anche 10 giorni. certo un pediatra di famiglia che conosce la bimba e i genitori dovrebbe essere in grado di capire quando è il caso di fare controlli più accurati. dovrebbe avere una visione d’insieme (che comprende anche il conoscere come la bambina si relaziona con gli altri, gioca…) anche facendo domande ai genitori. e comunque non si dovrebbe mai sottovalutare la preoccupazione di un genitore, tu pediatra di base devi essere in grado di capire perchè quel genitore è preoccupato e saper distinguere il genitore ansioso da un genitore che non lo è, e saper gestire le ansie dell’uno e le preoccupazioni dell’altro. altrimenti che ruolo avrebbe il pediatra di base? pesare un bambino e mettere i valori su una tabella può farlo chiunque, per i casi specifici ci sono gli specialisti, è la visione d’insieme che un pediatra deve avere per tranquillizzare o eventualmente suggerire controlli più approfonditi. un’altra cosa che noto poi è che certi medici non hanno il coraggio di dire ‘non lo so vai da un’esperto’, come se avessero paura di sembrare impreparati. invece ammettere di non sapere (non si può sapere tutto, specie in medicina) e consigliare un collega più esperto in quel campo è il primo requisito di un professionista. lo dico perchè recentemente un bambino mio parente è stato coinvolto in una serie di diagnosi ridicole per passare mesi con forti dolori come se fossero i genitori ad essere fissati, quando sarebbe bastato essere indirizzati al centro di riferimento per quel tipo di problemi per scoprire che sarebbe stato necessario un intervento. meglio tardi che mai, ma perchè trattare i genitori come dei deficienti e lasciar soffrire per mesi un bambino?
Certo che questi poveri pediatri hanno bisogno anche della laurea in psicologia, pero’ 🙂
Capisco e condivido quello che dici, pero’ mi chiedo se non si sia sul filo del rasoio in bilico tra il pretendere l’adeguato livello di professionalita’ e il chiedere decisamente troppo.
Anche a me ha colpito molto la storia di quella bambina, il pensiero di questo uccellino fragile e silenzioso che nessuno riusciva a decifrare. E penso a che botta deve essere stata per i genitori e a come difficile sia stato fare un lungo passo sopra il senso di colpa per lasciarselo alle spalle, perche’ oggettivamente colpa, e’ chiaro, non ce l’hanno. Ma cavoli com’e’ difficile in questi casi…
Gloria_ si è senz’altro molto difficile ma per fare il medico o il pediatra di famiglia devi seguire dei corsi appositi… e l’esperienza (a partire dai tirocini) dovrebbe portarti a capire le persone che hai davanti. insomma per le patologie particolari ci sono gli specialisti, tu devi essere in grado di indirizzare i tuoi pazienti verso questi se necessario. ma nella tua preparazione di base ci deve essere anche un po’ di psicologia. comunque si, anche a me la storia ha colpito soprattutto perchè ha avuto dei risvolti anche psicologici sulla bambina. e sui genitori che sicuramente non si davano pace. e meno male che alla fine si è capita la causa.
Gloria_ fra l’altro il pediatra di base è un fiore all’occhiello del sistema sanitario italiano, se nè è parlato anche in occasione della scomparsa di Panizon, che intendeva proprio questo nel rapporto fra pediatri e bambini/famiglie
CosmicMummy1976, dove se n’è parlato? (non di Panizon, ma del fatto che sia un fiore all’occhiello del sistema sanitario)
andrea_ CosmicMummy1976 non so se è la definizione giusta, ma certo non in tutti i paesi c’è il pediatra di famiglia. ora non ricordo esattamente l’articolo, se mi torna in mente te lo dico.
andrea_ CosmicMummy1976 ecco, un articolo è senz’altro questo http://unpediatraperamico.blogspot.it/2012/10/addio-professor-panizon.html ‘La pediatria di famiglia italiana era poca cosa prima che il prof. Panizon, insieme ad un piccolo gruppo di altri pediatri “illuminati”, avviasse alla fine degli anni `70 un grande movimento culturale che avrebbe contribuito in maniera determinante a trasformarla e a farla diventare quello che è: un servizio all`avanguardia che tutta l`Europa ci invidia.’ invece in questo http://oggiscienza.wordpress.com/2012/10/17/e-morto-franco-panizon-il-grande-rivoluzionario-della-pediatria-italiana/ ‘Anche se meno eclatante del movimento che ha portato all’apertura dei manicomi, l’opera di Franco Panizon, che mette al centro della cura il bambino come persona circondato dalla famiglia, ha avuto un impatto anche maggiore ed è diventata una pratica in tutta Italia e in molti paesi del mondo.’ diciamo che ho fatto una sintesi di tanti articoli 😀
CosmicMummy1976 , ah, certo… credo che il pediatra di famiglia sia assolutamente l’eccezione… Non credo che esista nei paesi anglosassoni (dove c’è la famosa Health Visitor) e di certo qui da noi non c’è.
Poi mi leggo gli articoli. Il primo lo avevo già visto.
andrea_ CosmicMummy1976 se pensi che la mia amica Ucraina (vabbè, non la considero neanche Europa, purtroppo sono molto arretrati) quando è venuta in Italia col figlio di 7 anni non sapeva che ci fossero i pediatri e ha iscritto il figlio con il suo medico, ed è arrivato a 12 anni senza aver MAI fatto un bilancio di salute. in pratica andava dal medico solo se stava male. lei diceva che tanto lo vedeva dai vestiti che era cresciuto e non si è mai posta il problema. non capirò mai però il medico di famiglia che non le ha mai detto di portare il figlio da un pediatra (o non gli ha mai fatto lei una visita di controllo), che poi ricordo che a quelle età si controlla anche se la postura è corretta, la scoliosi, i piedi ecc.noi abbiamo i figli piccoli e pensiamo solo alla crescita e allo sviluppo cognitivo, dopo i 6 anni ci sono tanti altri aspetti importanti. per carità, si sopravvive lo stesso ma una volta tutti a una certa età avevano la gobba e la dentiera, oggi abbiamo tutti schiene dritte (più o meno) e denti belli 😀
CosmicMummy1976, considera che noi non siamo in Ucraina, ma non abbiamo mai fatto un bilancio di salute, né credo lo faremo mai. Credo (ma non lo so… ancora non ci sono arrivato:) ) le cose che elenchi vengano controllate a scuola, ovvero viene lì il dottore (o chi per lui). Dopo tutto non credo che ci siano casi si scoliosi o piedi storti neanche qui. Ad esempio proprio l’altro giorno è venuto all’asilo quella dell’NHS a mettere il fluoro sui denti dei bambini (peccato che la mia si sia rifiutata di aprire la bocca…).
si probabilmente qualche controllo lo fanno a scuola anche da noi… certo essendoci il pediatra di famiglia probabilmente non è così importante, mentre se il pediatra di famiglia non c’è i controlli di routine li fanno a scuola. insomma è sempre un fatto di come è impostato il tutto. però non dico che uno deve stare sempre dal medico ma anche portare un figlio solo quando ha la bronchite e accontentarsi del fatto che i vestiti dell’anno prima gli vanno stretti non è proprio il massimo in un paese economicamente sviluppato. è un po’ come la storia delle ecografie in gravidanza, certo farne 1 al mese è inutile ma le 3 canoniche hanno permesso a tanti bambini di essere curati in tempo (addirittura alcune patologie vengono operate nella pancia!). è come sempre questione di equilibrio che il medico di riferimento dovrebbe riuscire a creare.
CosmicMummy1976 mah, guarda dipende anche che pediatra hai, purtroppo. Forse sei stata fortunata, ma io ci ho messo sei anni per trovarne uno on cui ci fosse piu’ o meno identita’ di vedute sui principi di base. Lui ha anche una serie di cose di profilassi che mi fa fare. Alla mia vecchia ho dovuto chiedere io se a mio figlio di sei anni era il caso di far fare una visita oculistica. QUando faceva i bilanci checcava le cose da fare senza farle (mai fatto promozione dell’uso del seggiolino in macchina, e lo dovrebbero fare, certo io sono una che su questa cosa transige pochissimo- mi e’ capitato di farlo per amore di pace e di equilibri, ma stando malissimo), ma anche nel mio ambiente sono una minoranza. Mai fatto opera di prevenzione sul fumo passivo ecc.
@Alessandra CosmicMummy1976 , più vado avanti più mi rendo conto di come siano diametralmente opposti il sistema britannico e quello italiano.
A me la storia del pediatra di base non convince, semplicemente perché le informazioni e il supporto che ricevi dipendono troppo dall’individuo e sembrano mancare delle linee generali valide per tutti e a me (genitore alle prime armi) questo getterebbe in confusione.Invece qui, non c’è il pediatra di base, ma anche se ci fosse sarebbe inutile andarci più di tanto, in quanto altro non fa che spiattellarti la ‘linea’ di partito del ministero, tant’è che noi diciamo che gli operatori sanitari non fanno altro che fare volantinaggio… qualunque domanda fai hanno pronto il volantino con tutte le risposte:) Per lo meno tanta rigidità evita la confusione che mi sembra regni in Italia. Non è mica possibile che se vai da un pediatra ti dica di fare una cosa e se vai da un altro ti dice di fare esattamente l’opposto…
Chiaramente il problema non è con i pediatri di base, ma con il modo in cui la struttura è (dis)organizzata.
andrea_ CosmicMummy1976 Concordo con te andrea, a me sembra adeguato il sistema britannico. Ma infatti io dalla pediatra ci andavo ( e ci vado) in caso di malattia. Per i bilanci con la piccola. Per i consigli di gestione andavo al consultorio (dove comunque c’e’ pediatra e puericultrice) il problema secondo me e’ che come su tutto stanno tagliando. E quindi non si fa piu’ molto aggiornamento. Il consultorio dove sono andata era ottimo, ma non sempre e’ cosi’.
@Alessandra,
no non credo sia un problema di tagli. Se così fosse la
gente sarebbe comunque preparata in modo più o meno uniforme Invece
abbiamo quella che da noi si chiama la ‘postcode lottery’, ovvero la
qualità dei servizi dipende a caso da dove vivi. Credo che il problema
sia organizzativo e formativo a monte; inoltre chi dovrebbe emanare
direttive (il ministero? associazioni di medici?) chiaramente non lo fa o
se lo fa rimangono disattese del tutto. Il tutto non so può imputare ai
tagli… la crisi fa chiudere il consultorio, non fa disimparare il
medico.