Traduco dal dizionario Oxford:
- Empowerment: rendere (qualcuno) più forte e maggiormente sicuro di sé, specialmente per quanto riguarda il controllo della propria vita e nel rivendicare i propri diritti.
- Disempowerement: causare la diminuzione del potere (di una persona o un gruppo) e rendere meno sicuri di sé (ad es.: una degenza ospedaliera inevitabilmente comunica alle donne un senso di disempowerment).
Crescere un figlio dovrebbe essere una cosa, sì, difficile, ma grosso modo naturale; dopo tutto lo si fa dalla notte dei tempi. Eppure mi sembra di capire che sia folto il gruppo di donne (e anche di uomini, ma di loro si sente parlare di meno) che si ritiene incapace di affrontare un tale compito senza l’aiuto dell’esperto di turno, sia esso il pediatra, un sito web, un libro specialistico, ecc. Parliamo della cosiddetta “madre incapace”
Tornare dall’ospedale con un neonato di poche ore in braccio, specialmente quando è il primo figlio, creerebbe apprensione in tutti o quasi, ma dopo qualche settimana o quanto meno qualche mese la sensazione di novità dovrebbe essere passata, ma invece non sembra essere così. Il primo sorriso, il primo boccone, il primo passo, la prima parola, ecc. vengono vissuti quasi con ansia. Non appena il vicino di casa fa qualcosa che il nostro non ha ancora fatto… apriti cielo.
Per non parlare di quando il bambino cambia routine dalla sera alla mattina mettendo in crisi il genitore che pensava di aver capito tutto 😀 Ed ecco così che furoreggiano libri e siti web sulla crescita dei bambini e che forniscono istruzioni su cosa fare, “rassicurando” al tempo stesso il genitore ansioso. Ma siamo sicuri che questo sovraccarico di informazioni sia davvero d’aiuto? Fornire un’overdose di informazioni e dati fa davvero empowerment o rende il genitore ancora più dipendente?
Come si diventa da madre a madre incapace
Ad esempio, proprio l’altro giorno su Facebook in un post dove si parlava di bambini che si svegliano la notte una delle risposte diceva: “se vi interessa io sto leggendo il libro di Brazelton Il bambino da zero a tre anni che spiega tappa per tappa cosa aspettarsi, perché e come affrontarlo, un po’ tecnico ma per me molto utile“.
Confesso che quel libro lo abbiamo anche noi (ma non l’ho mai letto se non qualche breve passaggio) perché all’epoca anche noi cercavamo conferme – e questo sito ancora non esisteva 🙂 Cos’è che cercavamo veramente da questo libro? Probabilmente un misto tra un manuale di istruzioni e un qualcuno in una posizione di autorità che ci dicesse che facevamo bene. Dopo tutto il titolo completo è:
Il bambino da zero a tre anni. Guida allo sviluppo fisico, emotivo e comportamentale del bambino;
notare la parola, molto suggestiva, “guida”… Con il senno di poi mi rendo conto che un titolo di questo genere al solito gioca sulle insicurezze del genitore e ben lungi dal farlo “crescere” emotivamente e psicologicamente, rafforza invece il concetto che lui è un genitore incapace che ha bisogno di un manuale, di una guida per far crescere il proprio bambino. Ecco che fanno capolino le “madri incapaci”
Poi, mentre scrivevo questo post, mi sono imbattuto in un altro libro: Il mio bambino. Da 0 a 5 anni, il manuale indispensabile per educare e crescere bene i propri figli. Questo è addirittura un manuale, neanche più guida, indispensabile se vuoi educare e crescere bene i tuoi figli fino a 5 anni! Alla faccia dell’empowerment…
Non conosco minimamente questo libro, ma il titolo è tutto un programma con il suo messaggio che comunica ai genitori che loro sono chiaramente incapaci di fare da soli. A titolo di esempio, una delle recensioni presenti su Amazon dice:
Libro carino, ben illustrato, trovo però sia un po’ superficiale, volendo trattare un arco di vita di 5 anni alla fine non entra nello specifico come vorrei.
Mi chiedo cosa si aspettasse chi ha scritto questo commento… davvero una guida passo passo che scandisse ogni progresso del proprio figlio come se avesse al suo interno un metronomo ultra preciso? In questo caso, siamo di fronte a un caso di empowerment o di disempowerment? Per assurdo, il fatto che il libro NON le sia piaciuto forse l’ha effettivamente aiutata ad affrancarsi da schemi precostituiti e tabelle varie facendole capire che le risposte che cerca di sicuro non le troverà in un libro del genere.
A questo proposito capita a fagiuolo un libro che letto di recente, Ancora dalla parte delle bambine di Loredana Lipperini, la quale, parlando della marea di informazioni a disposizione delle madri sostiene:
Curioso: da una parte si tornano a sospingere le donne, dolcemente e senza apparente clamore, verso il loro destino “naturale”. Dall’altra, si dice loro […] che non ne sono più capaci. E hanno bisogno del massimo aiuto.
Nel suo libro l’autrice fa diversi esempi – forse un po’ datati in quanto il libro è del 2007, ma ne esistono di simili anche oggi – dove ditte produttrici di articoli per bambini e baby food fanno a gara per vedere chi riesce a essere la più informativa sullo sviluppo del bambino, indicandoti passo passo cosa deve accadere e cosa tu DEVI fare. Così la Lipperini dice:
La mamma è indispensabile, ma sostituibile
dopo tutto ci sono tutti questi surrogati materni, riviste, giornali, ditte, forum, ecc. che ti dicono per filo e per segno quello che doveva accadere, sta accadendo e accadrà, rendendo la figura della madre quasi inutile, o quanto meno facilmente sostituibile da una di queste centinaia di Mary Poppins che certamente sanno tutto e MEGLIO di quanto ne possa sapere io, genitore alle prime armi e quindi che non sa niente di niente e che non può fare niente da solo.
Tutto ciò è poi particolarmente vero se pensiamo alla figura del medico, così fondamentale nella vita dei genitori. Il pediatra – o in alcuni casi I pediatri, come se uno non bastasse… – sembra essere in così tanti casi non più uno che cura le malattie, ma un’ostetrica, un’assistente sociale, uno psicologo, un esperto di cucina, un confidente, ecc; insomma, un incrocio tra un tuttologo e il genitore che vorremmo essere.
A quanto leggo ci si rivolge al pediatra per motivi che vanno dal, “mio figlio è una settimana che ha la febbre a 40”, a “qual è la misura delle scarpe che gli devo comprare?” (No, non me la sono inventata.)
Il pediatra si trova così ad essere una figura di riferimento primaria per il genitore inesperto e incapace di fare da sé, ma invece di affrancarlo da una tale dipendenza, sembra invece troppo spesso alimentarla.
La Lipperini continua:
La maternità viene posta al di fuori del dominio della donna, e della coppia, con l’esigenza sempre più massiccia di monitoraggi, di esami e controlli “step by step”.
La madre quindi diventa da inesperta a incapace. In soldoni, nonostante la marea di informazioni a cui si è esposti, il disempowerment dilaga e i genitori vengono sempre di più deresponsabilizzati.
Come se ciò non bastasse, purtroppo gli operatori sanitari spesso minano (volutamente? Per ignoranza? Per pigrizia? Chi lo sa.) la fiducia delle madri in loro stesse.
Prendiamo l’esempio più classico e forse tra i più clamorosi: il pediatra ti dice che “il tuo latte è acqua” (e vi assicuro che di lettere che mi dicono questo ne ricevo TANTE).
Che cosa sta dicendo il pediatra? Le sta dicendo che lei, la madre, è una madre INCAPACE di nutrire suo figlio perché si vede che non cresce, perché cresce troppo o perché non cresce come dice lui. Poi quando si introduce il latte artificiale e/o le pappe e il bambino non cambia trend, ecco che la madre si è rivelata incapace due volte: non solo non sa nutrire il proprio figlio dal suo corpo, ma non sa neanche come preparagli la più basilare delle pappe (nonostante le siano state date dettagliate istruzioni su come farlo) o non gli sa dare il biberon, o non lo sa convincere a mangiare.
Insomma, questa madre si è rivelata incapace su tutti questi fronti. In questo caso siamo di fronte a un evidente caso di disempowerment, ma in pochi sembrano rendersene conto. Dopo tutto la frase magica “me l’ha detto il pediatra” non è tra le cose più de-responsabilizzanti che si possano pensare? Il pediatra diventa magicamente il responsabile per la crescita felice del nostro bambino perché i genitori da soli ne sono incapaci.
Non c’è da sorprendersi quindi se fioriscono così tanti supporti, specialmente su internet, per i genitori. Ma questi supporti fanno davvero empowerment, affrancando il genitore da un dilagante senso di inadeguatezza? Direi che invece è vero esattamente il contrario in quanto perpetuano il circolo vizioso del genitore incapace che genererà figli ugualmente incapaci (perché poi anche loro saranno i primi a tramandare la nozione che il latte è acqua, che se il bambino piange hai fatto qualcosa di sbagliato, se non cresce come dovrebbe lo stai affamando, ecc.).
Fare domande è facile e senz’altro comprensibile, ma bisogna chiedersi per prima cosa a chi si domanda e che genere di risposta ci attendiamo e effettivamente riceviamo.
La Lipperini poi continua citando le parole di uno studioso di statistica:
Non c’è nessuna procedura a tutela della maternità – a partire dal concepimento per passare attraverso il parto e finire con lo svezzamento del bambino – che non sia strettamente medica o comunque verificata e ammessa dalla medicina.
Anche questo è senz’altro vero. In Italia sembra che ci sia quasi una gara a chi fa più esami prima della nascita del bambino, a chi va a vedere più medici, a chi è più monitorata. Un simile atteggiamento certamente non finisce con la nascita del bambino, ma invece trova il suo naturale sviluppo nella visione del pediatra come il tuttologo di turno che controlla tutti gli aspetti della vita nostra e del bambino.
Mi domando in quanto si rendano conto quanto possa essere devastante per una madre sentirsi dire che è una madre incapace e che fallisce anche nei più basilari compiti a lei affidati. Ne conosco personalmente una che, nonostante avesse avuto una gravidanza normale, è stata sottoposta a un numero infinito di esami, che alla nascita del bambino il suo latte è risultato acqua e che adesso a oltre un anno continua a dare al figlio cibo adatto a un bambino di 4 mesi, nonostante questi sia perfettamente in grado si mangiare cibo normalissimo.
Un altro esempio: proprio adesso ho risposto a una email dove una madre mi diceva che:
Sul discorso del latte [che era acqua] mi è stato detto da un medico e siccome credo nella professionalità e etica allora le ho creduto.
Si sarà reso conto questo medico che ha quello che ha detto a questa madre equivale a darle dell’incapace?
Quando si ricevono informazioni dal nostro confidente di fiducia, ovvero il pediatra, che cozzano con quello che il nostro istinto ci dice (quanto volte mi è stato scritto che il pediatra voleva che il bambino venisse allattato a orario, gli venisse dato latte artificiale, che cresceva non abbastanza/troppo, ecc.), ecco che il genitore deve smettere di fare quello che LUI pensa sia giusto e adattarsi alle regole dettate da terzi. Poco importa se a lui sembrano sbagliate, dopo tutto “lo ha detto il pediatra”… (A questo proposito vi rimando a Lo stupidario dell’allattamento e a La colazione del bambino disadattato per trovare altre storie)
Ogni volta che viene distribuita la ricettina dello svezzamento, che si consiglia come far dormire un bambino, che vengono fornite regole per la più banale delle situazioni, ecco che la madre, anche se è lei stessa spesso a richiedere regole dettagliate vede rafforzata l’idea che lei sia incapace di fare da sé. Ma d’altra parte, ci possiamo davvero sorprendere se, in nome di una maggiore sicurezza e tranquillità vengono costantemente rivoltate come un calzino dal momento in cui rimangono incinte, se non prima? È questo il modo di ottenere sicurezza e tranquillità?
La Lipperini, da brava femminista, infine si chiede:
Ma la mancanza di fiducia nelle madri non nasce con la mancanza di fiducia in se stesse in quanto donne?
Nel suo libro lei si rivolge alle donne, ex-bambine, ma la frase vale sicuramente anche per i padri… in questo caso la mancanza di fiducia senz’altro travalica le differenze di genere diventando quasi universale… un universo fatto di genitori incapaci, anzi che si sentono tali.
Per finire la domanda da un milione di dollari: pensando al modo in cui vi comportate e tenendo a mente quanto detto nell’articolo, come vi vedete, come genitori insicuri o genitori incapaci?
Ti senti una madre incapace?
Fatecelo sapere nei commenti.
PS
Mentre lavoravo a questo articolo, mi sono arrivate altre due mail di altrettante madri il cui latte si era tramutato in acqua… (chiaramente non erano passate per il blog prima di scrivere 🙂
50 risposte
Io sono una madre incapace per chi mi sta intorno… sicuramente un po’ insicura ma ho sempre fatto di testa mia e la mia bimba di quasi 11 mesi è in perfetta forma! Utilizzo anch’io la frase “me l’ha detto il pediatra”, ma solo per porre fine ad inutili discussioni dei parenti vari 😀
Io ho avuto la fortuna che mia figlia, fin dal primo giorno, ha fatto capire subito quello che voleva e quello che non voleva, si non avere alcuni schema e che nessun libro mi avrebbe aiutato a capirla perché non ce n’era alcun bisogno! È stata sempre lei la mia “maestra” fin dal primo momento così io ho comunque letto ( e lo faccio ancora) diverse cose sull’argomento per prendere spunti o anche solo per curiosità ed avere una visione il più ampia possibile ma non posso mettermi in nessuna delle due categorie!
È un po’ il rovescio della medaglia di internet. Puoi trovare di tutto, ma devi farlo con l’atteggiamento giusto altrimenti inizi a farti prendere dal panico perché tua figlia ha 7 mesi e non sa rotolare sulla pancia o non si è mai presa i piedini in bocca…
La mia gravidanza è stata estremamente medicalizzata a partire dal bi test venuto con rischio molto alto per sindrome di down.. A 28 anni mi sono rifiutata di fare amniocentesi e così ho fatto milioni di ecografie perché la piccola andava monitorata. Così le hanno trovato pure un problema ai bacinetti renali per cui all’ecografia mi hanno detto “o è down o quando nascerà dovrà essere operata”… Insomma non sono mai stata ansiosa in vita mia, ma lo ero diventata. Quando è nata era sanissima e non aveva la sindrome di down.
Poi c’è stato il problema allattamento al seno, per cui dal secondo mese ho iniziato a darle l’aggiunta perché il mio latte non era sufficiente… Sono fortunata perché ancora ne ho molto di latte, ma non è mai stato abbastanza. E anche lì leggi, ti informi e scopri che è praticamente impossibile non allattare. Allora le provi tutte per togliere quella maledetta aggiunta che ti fa sentire una pessima madre. Ma niente ha funzionato. Altra ansia.
Poi lo svezzamento, iniziato in modo tradizionale per ignoranza e miseramente fallito. Ancora ansia. Grazie soprattutto a mio marito ho superato tutti questi momenti davvero brutti e piano piano l’ansia è svanita. Ho imparato a fregarmene di quello che dovrebbe essere e fare quello che rendeva felice la famiglia. L’autosvezzamento mi ha aiutata ad avere fiducia nelle capacità della piccola e da quando abbiamo iniziato mi sento molto più tranquilla.. Ad esempio prima mi mangiavo sempre le unghie. Ho notato soltanto ieri che erano lunghissime! Non lo faccio più e neanche me ne ero resa conto.
Quindi per il prossimo figlio so già che non farò il bitest, che se non riuscirò ad allattare darò la formula senza problemi e farò autosvezzamento fin da subito.
Scusate se mi sono dilungata… Ne ho approfittato per sfogarmi un po’… 🙂
Io se non mi fossi informata avrei abbandonato l’allattamento al seno e non avrei fatto autosvezzamento..chiunque mi diceva che sbagliavo ma essendomi informata e avendo seguito il mio istinto che mi diceva che era la cosa giusta da fare per mio figlio sono arrivata a questo..quindi ben venga l’informazione!! 🙂
Ma in effetti per un raffreddore, il mal di denti, la tosse data dalla saliva che la piccola ingurgita (sempre x dentizione), pelle con eczema (crema idratante e lozione nel bagno) di più non possono fare. Con la tosse poi sono stata io a sentire che era cambiata e l’ho accompagnata dal medico per un controllo. Per l’allattamento invece ero talmente insicura che anche se le nurse mi dicevano che andava tutto bene, le pressioni dei parenti in Italia mi hanno spinto a fare “l’aggiunta” dai 3 mesi e da lì il latte è via via scomparso. L’autosvezzamento mi è stato proposto come unica maniera per spezzare e pian piano ho capito che la mamma percepisce molto di più di quello che crede. Vedere mia figlia a 6 mesi addentare con gusto un pezzo di petto di pollo accompagnato da broccoli e asparagi bolliti (carote sempre schifate) e vedere la faccia meravigliata di mia cognata “esperta in bimbi” non ha prezzo
io da questo punto di vista mi reputo un’italiana anomala 🙂 non sono ansiosa riguardo le malattie e non mi sono mai preoccupata di quanto mangiassero (logicamente sono fortunata, perché sono sane e serene). e sono anche fortunata perché ho una pediatra che non crea drammi e prescrive il minimo indispensabile. certo è che quest’inverno, dopo che la grande di 3 anni ha fatto nell’ordine: polmonite, 5 bronchiti e 1 otite, un po’ d’ansia mi è venuta e adesso, ogni volta che la sento tossire, ho un piccolo brivido 😉
CosmicMummy1976 Sono pienamente d’accordo con te. Anche io riflettendoci mi ritrovo spesso a dover rispondere “me lo ha detto il pediatra” come ultima spiaggia. Spesso non è vero (perché il pediatra lo consulto solo in quanto medico e non per scarpe, allattamento ecc..).
Comunque nemmeno questo basta. Lotta con i suoceri per lo svezzamento a sei mesi (loro consigliavano a tre sennò io sarei morta mangiata dal bimbo, mentre il pediatra dai sei mesi), sentirsi dire di continuo metti le scarpe al bimbo (che si rifiuta ma tanto non cammina ancora), fai le pappe, smetti di allattare… e chi più ne ha più ne metta, sentendo le teorie più assurde in voga: da il tuo bimbo si strozza, al non cammina bene, al si vizia, al diventa effeminato se lo allatti a lungo (questa è in assoluto la teoria più strana che ho sentito)!
Cristiana Canale, ahahahahah… a noi danno la crema idratante per tutto 😀 😀 /Andrea
Io vivo in Inghilterra e qui puntano sul rassicurare e dare poche medicine. Certo, ti danno il paracetamolo per tutto, ma se hai un bambino sano, che, anche se mangia poco fa comunque cacca e pipi, si reputano soddisfatti. Forse sono stata fortunata, ma in 19 mesi, anche se aveva piccoli disturbi, ho imparato a lasciarli passare da soli (anche gli amichetti nati nello stesso periodo è raro vadano dal medico) Nei gruppi di mamme italiane che frequento invece sono fin troppo “informate” su bugiardini e medicine, danno antibiotici prima di passare dal medico ecc. Insomma, preferisco l’approccio più easy a quello catastrofico. Anche in gravidanza ti seguono solo se hai una patologia, se sei sana ti controllano una volta ogni tre mesi.
Francesca Brigneti, ma in che modo questa conoscenza aiuta il genitore medio? Fermo restando che si parla di genitori e figli in buona salute (ovvero la stragrande maggioranza) ogni volta che si presentano con una domanda la risposta dovrebbe essere sempre la stessa “quello che fa suo figlio è normale, se ne faccia una ragione” 😀 Si può stare a disquisire per ore sul modo in cui crescono i bambini, le tappe evolutive, ecc. ecc., ma finché non si accetta la banale verità che i bambini piangono, si svegliano, vomitano a schizzo, non ti fanno dormire e ti cambiano la vita fino a renderla irriconoscibile, ecc. non si faranno passi avanti significativi. Non credo che la scienza aiuti in questo senso, anzi… ti fa rimanere ancorata a questo senso di inadeguatezza.
Al massimo quello che bisogna fare è liberarsi dei bagagli culturali degli ultimi decenni, e dettati assieme dalla medicalizzazione di tutto e dall’industria che voleva venderci un sogno, che invece hanno dipinto il bambino normale come quello che dorme/mangia/non si vede e non si sente, mentre la verità è esattamente l’opposto.
Inoltre, fino a che si farà a gara a chi fa più esami specialistici, davvero non si va da nessuna parte. Non credo che sia minimamente vero che fare gli esami “ti fa stare tranquillo”, anzi è vero il contrario, di fatti c’è sempre un altro esame da fare.
Di nuovo si ritorna al punto principale del tema, la differenza tra inesperto e incapace. /A.