Cerca
Close this search box.

Un alimento nuovo ogni 3 giorni

intervallo per introdurre nuovi cibi

Un classico dello svezzamento

Quella di introdurre alimenti nuovi nella dieta del bambino a scadenze più o meno fisse è un classico dello svezzamento che anche tuttora viene proposto da molti. Anche alcuni nomi celebri che suggeriscono di fare così. Ad esempio, Luciano Proietti in Figli vegetariani dice (pag 105-6):

Il bambino e il suo organismo si devono abituare ai nuovi cibi, perciò è importante introdurre un alimento alla volta per verificare meglio la risposta del piccolo, sia rispetto al gusto che alla eventuale reazione alla sostanza (intolleranze o allergie alimentari).

C’è da dire che, in questo libro, Proietti propone un’idea dello svezzamento molto medicalizzata e lontana anni luce dall’autosvezzamento, ma almeno non dice che serva un intervallo per introdurre nuovi cibi.
Carlos González ne Il mio bambino non mi mangia invece afferma (pag. 126):

Introdurre i nuovi alimenti uno alla volta, separandoli di almeno una settimana l’uno dall’altro. Iniziare con piccole quantità.

Separarli di almeno una settimana? Ci vuole un intervallo per introdurre nuovi cibi di ALMENO UNA SETTIMANA? González dice tante cose giuste e importanti nel suo libro, ma temo che quanto detto sopra non possa essere annoverato tra queste in quanto una vita non basta per assaggiare (in quantità crescenti…) tutto quello che c’è da assaggiare al ritmo di un alimento a settimana.

Cerchiamo allora una strada un po’ più temperata… diciamo di introdurre un alimento nuovo ogni 3 giorni, ma anche così siamo sicuri di capire la logistica necessaria per portare avanti un piano simile?

Ho fatto un’indagine nella mia cucina e ho contato 12 tipi di vegetali diversi e 7 di frutta, quindi per introdurre SOLO questi (e non ho contato le diverse varietà della stessa verdura) ci vorrebbero circa 2 mesi. Sempre sperando che il bambino non faccia storie, non stia male, non gli giri, ecc. e si attenga alla tabella di marcia.

Quello che accade nella vita reale sospetto che sia molto diverso… ovvero il genitore comincia davvero con una tabellina, ma nel corso delle settimane semplicemente se ne scorda, come è umano che sia, e rapidamente gli alimenti vengono comunque introdotti a caso.

Come si giustifica l’intervallo per introdurre nuovi cibi?

Le tante difficoltà riscontrabili (organizzazione, memoria – usiamo un foglio Excel? – varietà infinita di frutti di stagione, ecc) si potrebbero affrontare tutto sommato serenamente se ci fosse una ragione davvero valida per prendere tutte queste precauzioni. Il problema, se vogliamo chiamarlo tale, è che – almeno a quanto ne so io – di linee guida sull’alimentazione dei bambini piccoli che suggeriscano un intervallo per introdurre nuovi cibi non se ne trovano da nessuna parte. Al più ho trovato queste, che vengono adottate nel Regno Unito:

È più probabile che i bambini sviluppino allergie se in famiglia si è sofferto di dermatite, asma e febbre da fieno. In questi casi […] è opportuno introdurre i cibi che sono a più alta probabilità di causare allergie uno alla volta, cominciando da piccole quantità e dopo i sei mesi di vita del bambino, così da poter identificare reazioni avverse. Questi cibi sono:

– noccioline
– frutta a guscio
– semi
– uova
– soia
– frumento (e altri cereali che contengono glutine, quali orzo, avena e segale)
– pesce e frutti di mare
– latte che non sia materno o formulato.

Notate come siano davvero pochissime cose a cui potenzialmente stare attenti e non si parla di frutti di bosco, pomodori, kiwi, ciliegie e altre cose che in Italia vengono tradizionalmente considerate pericolose. Notate anche come l’indicazione appena riportata sia molto più specifica e, se vogliamo, ragionevole e fattibile rispetto a quello che dice González.

C’è anche chi dice tutto e subito

Ultimamente si stanno moltiplicando gli studi secondo i quali un’introduzione precoce, ovvero più o meno dai 4 ai 7 mesi, di tutti gli alimenti è consigliabile perché consente di diminuire il rischio di sviluppare malattie allergiche quali eczema, asma o riniti. Ne abbiamo parlato anche noi quando ci siamo chiesti se bisogna ritardare l’introduzione di alcuni alimenti.
Chiaramente se vogliamo sposare questa tesi ci dobbiamo necessariamente scordare l’idea di un intervallo per introdurre nuovi cibi uno alla volta.
Inoltre dovremmo soprattutto introdurre anche alimenti considerati “a rischio” prima dei sei mesi, così contraddicendo le linee guida tuttora in vigore.

Una parentesi sullo svezzamento a 4 mesi

La notizia che un’introduzione precoce del cibo solido diminuisca il rischio di sviluppare malattie allergiche viene utilizzato da alcuni come motivo valido per anticipare l’inizio dello svezzamento verso i quattro mesi. Francamente a me questo genere di approccio fa pensare a chi vuol far rientrare il baby food dalla finestra dopo che è uscito dalla porta…
Per prima cosa, gli studi in questo senso sono ancora agli albori, per cui non si possono ancora trarre conclusioni ad ampia portata. Inoltre, e questo è per me l’elemento più importante, la questione delle allergie è solo UNO degli aspetti da tenere in considerazione. Ad esempio non si può dimenticare lo sviluppo psicofisico del bambino – ovvero, sta dritto e ha perso il riflesso di estrusione? – e il suo interesse verso il cibo stesso. Quindi anche se questi studi sull’esistenza di una “finestra” che limiti le allergie si dimostrassero validi e applicabili a tutta la popolazione, non vuol necessariamente dire che dovremmo cominciare a far mangiare i bambini a 4 mesi, ma invece ci darebbero l’ulteriore conferma che l’alimentazione complementare A RICHIESTA è la via da percorrere, perché allora il bambino si potrà sedere tranquillamente a tavola con i genitori e cominciare ad avvicinarsi al cibo con una leccatina qui e un morsetto là per la felicità di tutta la famiglia.

Invece da quanto leggo, al momento questo genere di informazione viene veicolato in modo tale da spingere il genitore a dare al proprio figlio il brodino con il mais e la tapioca, altro che fragole e gamberetti.

In ogni caso al momento questo è semplicemente un esempio di come, grazie alla rete, le cose si ingigantiscano grazie a un tam tam mediatico in quanto questi studi, come ho detto, sì esistono e sembrano promettenti, ma vanno certamente sviluppati e la ricerca approfondita. Per dirne una, l’altro giorno ho ricevuto un messaggio che mi chiedeva un parere proprio su questo fatto e come prova che fosse un fatto reale mi sono stati mandati tre link (tutti rispettabili). Peccato che leggendoli ci si rende conto che riportavano tutti la stessa identica notizia, anzi, nel proporla non facevano altro che citarsi l’uno con l’altro.

Inoltre non dobbiamo dimenticare che si parla di piccole diminuzioni del rischio di allergie – di per sé già relativamente piccolo – e questo parametro va valutato attentamente contro altri parametri, quali, ad esempio, il rischio che il bambino sviluppi un avversione verso il cibo legata a un’introduzione troppo precoce, e contraria ai suoi desideri, del cibo solido; oppure la schiavitù da pappe e pappine che si protrae negli anni, ecc. Tutti questi sono fenomeni percentualmente forse piccoli, ma se si parte dal presupposto che rispettando lo sviluppo del bambino possono essere evitati bisogna chiedersi quale sia l’approccio migliore per il bambino.

Queste sono questioni estremamente complesse che vanno studiate attentamente nel tempo e non possono essere minimamente influenzate dall’industria senza correre il rischio di avere risultati distorti.

Vediamo cosa fa l’industria del baby food

Concludo questa rapida carrellata sul perché non ha senso stare a perdere tanto tempo a osservare un intervallo per introdurre nuovi cibi portando come prova definitiva quello che fanno i miei migliori amici, ovvero i produttori di baby food. Di sicuro se c’è qualcuno che di queste cose se ne intende, sono loro – dopo tutto mica vogliono farsi fare causa, no? 🙂 In Italia vanno di moda gli omogeneizzati monogusto, ma appena varchiamo i confini nazionali le cose cambiano. Prendiamo ad esempio la Cow&Gate – la versione inglese della Mellin – che vende questo Porridge mela e mirtilli, consigliato dai 4 mesi, contenente tra le altre cose: mela, mirtilli, banana, riso, grano e un grasso ricavato dalla soia e dai girasoli. Invece questo Cottage pie cremoso, consigliato sempre dai 4 mesi in su, contiene: patata dolce, piselli, zucchina, carota, un tipo di rapa, cipolla, manzo, fagioli bianchi, patate e amidi.
Quindi mi pare evidente che alla versione inglese della Mellin non sembra poi così importante introdurre un alimento alla volta, anche a 4 mesi.
In Italia la Plasmon produce delle Pappe complete, come quella con verdure, farina di riso, vitella e contenente: patate, carote, fagiolini, piselli, carne di vitello, farina di riso, amido di mais, olio di girasole e un pizzico di sale. Questa viene consigliata dai 6 mesi e anche se non raggiunge le vette dei corrispettivi prodotti inglesi, di certo siamo lontani dalle pappe monogusto. Come al solito vediamo che paese che vai, baby food che trovi. Di sicuro però, più che ogni altro aspetto, i produttori avranno a cuore il modo in cui i genitori rispondono ai vari prodotti, nella consapevolezza che nessuno starà male per aver mangiato uno qualunque dei loro prodotti.

Quindi…

Perché si perpetua l’idea che sia indispensabile un intervallo per introdurre nuovi cibi? Semplicemente perché è un concetto facile da comprendere e soprattutto da veicolare – pensate solo a quanto sia più difficile spiegare cos’è l’autosvezzamento a chi non lo sa… – ma soprattutto, e ritorniamo sempre lì, dà al genitore l’illusione di essere in controllo di quello che accade; se siete arrivati a leggere fino a qui, leggete anche l’articolo su chi è meglio che eserciti il controllo.

Se proprio vogliamo stare attenti, l’elenco degli alimenti “a rischio” ve l’ho riportato in alto, ma per favore non facciamo come quella mamma che (storia vera!) inseguiva il bambino per il parco giochi perché qualcuno gli aveva dato una prugna, un alimento che ancora non avevano inserito…

E voi? Ogni quanto avete introdotto un alimento?

Avete rispettato un intervallo per introdurre nuovi cibi?

Come vi hanno consigliati e come vi siete comportati?

ISCRIVITI e ricevi SUBITO
in OMAGGIO
la NUOVA EDIZIONE dell’ebook,
“E SE SI STROZZA?”

IN PIÙ IMPARA
QUELLO CHE C’È DA SAPERE CON IL
MINICORSO

COS’È L’AUTOSVEZZAMENTO E PERCHÉ È DAVVERO PER TUTTI.
Con oltre 140 ricette per TUTTA la famiglia

30 risposte

  1. Samuele ha sei mesi e già a metà dei 5 ha preso a cucciare la frutta(ora la mangia bello convinto grattuggiata), quando riesce a prendere un cucchiaino (ieri ero da un amica per un caffè..fortunatamente non era ancora stato usato) se lo infila in bocca allegramente; gli propongo verdure cotte o crude(carota,finocchio,insalata) e ieri ci siamo pure ciuciati tre fusilli con il sugo, lui afferra le cose ma fatica a farle arrivare in bocca, si arrabbia e vuol essere aiutato. Fatta sta premessa ieri leggendo “svezzamento secondo natura” leggo che gl’amidi non tostati o predigeriti industrialmente non vengono digeriti prima dell’anno di età…quindi dovremmo evitare tu
    tutto ciò che li contiene non utilizzando baby food?

    1. Ciao Simona,

      non sono minimamente esperto, ma mi così di getto mi viene da fare alcune considerazioni: 1) come abbiamo fatto fino all’altro giorno quando non c’erano gli amidi predigeriti industrialmente?
      2) quali sono i riferimenti che ti dà l’autrice del libro? Mi auto rispondo… nessuno perché non sei la prima che fa questa domanda. Già questo mi fa dubitare la qualità dell’informazione 3) Credo che l’autrice faccia riferimento alla famosa farina diastasata presente in alcuni tipi di baby food. Non so come dovrebbe essere il meccanismo che cita, ma comunque se leggi le etichette vedrai che è presente solo in piccole quantità 4) Mi chiedo come mai in nessuna linea guida si faccia riferimento a questo problema.

  2. Sospendere un alimento che ha dato una reazione allergica aumenta il grado di sensibilizzazione quell’alimento e non va fatto. E’ ragionevole farlo solo in caso di reazione severe generalizzate (ipotensione, asma, etc). Capisco la difficoltà di accettare questo cambiamento copernicano ma così è. Riporto una domanda e relativa risposta comparse sulla rivista medico e bambino  nel 2010; è sicuramente un discorso troppo tecnico, ma Andre a saprà sicuramente renderlo comprensibile. Invierò ad Andrea anche altre pagine di Medico e Bambino a dimostrazione di come siano ormai diversi anni che i pediatri dovrebbero essere al corrente del cambiamento di strategia nella prevenzione delle allergie alimentari.

    Per cercare di prevenire la sensibilizzazione allergica verso alimenti in caso di bimbo non allattato al seno è comunque opportuno svezzare a 4 mesi? Se la finestra di tolleranza pare sia garantita fino a 6 mesi dalle Ig materne, in una madre con allergia IgE-mediata verso qualche alimento non potrebbe favorire la tolleranza verso quell’alimento anche perché non assunto dalla mamma, o mi sbaglio? Nella desensibilizzazione
    orale per alimenti, SOTI (Specific Oral Tolerance Induction), con il latte si assiste alla negativizzazione
    del prick, ma cosa succede con l’uovo o col pesce?
    dott.ssa Maristella D’Addezio
    Pediatra di famiglia, Potenza

    Non è per un problema di IgG materne che si raccomanda una precoce introduzione di cibi complementari per favorire la tolleranza ed evitare la sensibilizzazione allergica e non è un problema legato a ciò che mangia la mamma. Una spiegazione più estesa la trova sulla rubrica Lettere del numero di ottobre scorso di Medico e Bambino (2009;28: 493-8). Ma, in sintesi: qualsiasi alimento, quando mangiato, favorisce la tolleranza
    (l’intestino è fatto per indurre la tolleranza) mentre, se incontrato per via diversa (cutanea per es.), può favorire
    la sensibilizzazione. Detto questo, il messaggio è molto semplice: per l’allergia IgE-mediata prima il bambino mangia, e mangia di tutto, meglio è: se un bambino è alimentato fin dalla nascita con un latte di formula, non farà mai IgE verso il latte vaccino. Si è parlato di “finestra della tolleranza” perché un’introduzione troppo precoce (prima dei 3 mesi) può comportare enteropatie da allergia non IgE-mediata e rimandare troppo dopo i 6 mesi potrebbe essere già tardi perché il bambino, specie se con eczema, a sei mesi risulta il più delle
    volte già sensibilizzato agli alimenti principali (latte e uovo in particolare, ma anche frumento). Un’altra ragione
    per iniziare presto è legata al fatto che l’immunità orientata in senso Th2 è molto più reversibile quando l’alimento è introdotto nel primo anno piuttosto che molto tempo dopo l’avvenuta sensibilizzazione.
    Su questo aspetto stiamo facendo uno studio, che abbiamo intitolato “lattanti al bivio”, nel quale il latte
    vaccino viene introdotto in bambini di  meno di 8 mesi già sensibilizzati al latte (prick positivi in dieta senza latte per l’eczema o per una pregressa reazione reaginica all’introduzione del latte vaccino). In questi, pur ancora in numero limitato di bambini, abbiamo osservato una negativizzazione del prick test in 4-5 mesi, contrariamente a quanto osserviamo nei nostri desensibilizzati dell’età della scuola, nei quali un sensibile abbassamento delle IgE specifiche non si misura prima di uno o due anni. La nostra esperienza con l’uovo è simile a quella con il latte e non c’è motivo di pensare che la stessa cosa non valga anche per il pesce o per ogni altro alimento si voglia.

  3. buonasera; mi sono appena iscritta, ho una bimba fi 5 mesi e da circa 2 settimane ho introdotto la frutta grattata alla mattina, lei ha accolto molto volentieri e si emoziona quando vede il cucchiaino..la.mia domanda però è, io vorrei al mome to opportuno con l autosvezzamento. ..dovrei quindi evitare di darle la frutta? non è che si abitua ad essere imboccata e poi non avrà interesse ai cibi da manipolare? grazie

  4. Tiziana Lillo, beh, almeno ti ha telefonato per avvertirti… non so in quanti si sarebbero sprecati 🙂 /A.

  5. Rido … l’allergia alle proteine del latte l’abbiamo scovata ben prima dello svezzamento, perché appena bevevo latte o mangiavo formaggio, nel giro di 1 ora dalla poppata la mia Cucciola si metteva piangere “Aiii Aiii Aiii”. Invece quando ho introdotto le pappette (mea culpa, mea culpa), è stato immediatamente chiaro che proporre alla Cucciola 2 volte di seguito (cioè 2 giorni di seguito) la stessa cosa, era inaccettabile.

  6. Ultimo aggiornamento: mi ha chiamata poco fa il pediatra di mio figlio per chiedermi come stesse e per dirmi che in questi giorni ha visto molti bambini con gli stessi sintomi di mio figlio e che, visto che gli è venuta anche la febbre, potrebbe essere stato un virus e non una allergia alimentare. Ma per precauzione mi ha consigliato di aspettare un po’ di tempo prima di fargli mangiare di nuovo l’uovo, nel dubbio.

  7. No, l’orticaria é passata con l’antistaminico. Ma ho passato tutta la notte svegluandomi di continuo per controllare che mio figlio respirasse, visto ció che avevo letto sul bugiardino 🙁

  8. Tiziana Lillo, ma poi questa orticaria come è passata, da sola dopo un po’? Aspettare tre mesi mi pare un po’ esagerato per riprovare, ma in ogni caso la lista degli alimenti a rischio sta nel post… Al massimo fai attenzione con quelli per qualche volta e vedi come va. Facci sapere 🙂 /Andrea

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

ISCRIVITI E RICEVI IN OMAGGIO LA NUOVA EDIZIONE DELL’EBOOK:
“E se si strozza?”

IN PIÙ IMPARA QUELLO CHE C’È DA SAPERE CON IL MINICORSO
SULL’AUTOSVEZZAMENTO!