1. In che consiste l autosvezzamento?
È un altro modo per indicare l’alimentazione complementare a richiesta.
2. Alimentazione complementare a richiesta? E che cos’é?
Attorno ai 6 mesi di vita, a volte prima, a volte più tardi, il tuo bambino inizierà a mostrare i segni di essere pronto ad introdurre nella sua dieta alimenti diversi dal solo latte. Il latte, però, rimarrà per lui l’alimento principale fino a verso i 12 mesi. Il passaggio da una dieta di solo latte a una “da adulto” sarà un processo lento e rispettoso dei tempi di ciascun bambino. All’inizio si parlerà di 95% latte e 5% cibo solido; nei mesi il cibo solido aumenterà e il latte diminuirà progressivamente.
3. Cos’è il “cibo solido”?
Per “cibo solido” (in gergo tecnico si parla di “beikost”) si intende tutto ciò che non è latte materno o artificiale, per cui include anche cose tipo tisane o tè di vario genere, non solo cibi strettamente solidi. In altre parole, se dai qualcosa che non sia latte, hai iniziato a tutti gli effetti lo svezzamento.
Secondo le organizzazioni internazionali che si occupano della salute e dell’alimentazione dei bambini, non si dovrebbe cominciare a dare il cibo solido prima dei sei mesi circa.
4. Perché dici ‘a richiesta’?
Perché l’input deve venire dal bambino. Quando mostra interesse per il cibo, ovvero lo richiede attivamente, e mostra altri segni di sviluppo motorio, allora vuol dire che è pronto per mangiare qualcosa che non sia latte. Di solito questo succede verso i sei mesi, ma potrebbe ugualmente essere a 5 come a 8 o 9 se non 10.
5. E quali gli altri segni che ci dicono che il bambino è pronto?”
Il bambino deve
– aver perso il riflesso di estrusione (quello che gli fa tirare fuori la lingua se si stimolano le labbra e che permette ai neonati di poppare),
– essere in grado di stare seduto in maniera autonoma,
– avere adeguata coordinazione occhi-mano-bocca e
– mostrare interesse per il cibo
6. Ah, ho capito, allora comincio a dare la pappa dopo i sei mesi?
Come ho detto le date sono indicative. Il conto alla rovescia si fa solo a capodanno, mentre nel caso della crescita dei bambini bisogna semplicemente osservarli – e questo non vale solo per l’autosvezzamento.
Inoltre ho evitato l’uso della parola “pappa” non a caso: quando si parla di “alimentazione complementare a richiesta” la pappa nella concezione corrente italiana dello svezzamento (brodino, mais e tapioca, omogeneizzati e liofilizzati), perde di significato. Invece si favorisce sin da subito che il bambino condivida la tavola dei genitori.
7. Condividere la tavola dei genitori? Com’è possibile?
È sufficiente che i genitori seguano una dieta varia. Non c’è bisogno di diventare dei salutisti a tutti i costi, basta cucinare leggero, evitando cose pesanti tipo fritti, grassi, troppo sale o zucchero, cibi precotti o confezionati (se non se ne conosce la provenienza e gli ingredienti) e seguire un minimo la piramide alimentare. Insomma, se i genitori mangiano bene non si dovranno preoccupare d’altro.
8. Ma come, non è possibile dare ai bambini piccoli i cibi per grandi!
Se la tavola propone alimenti vari, non c’è motivo di immaginare una distinzione tra cibo per grandi e cibo per piccoli. Non ci sono ragioni fisiologiche per ritenere che un cibo vada bene a 10 mesi e non a 6, o a 3 anni piuttosto che a 8 mesi, poiché l’apparato digerente di un bambino di 6 mesi non è diverso da quello di un bambino di 1 anno o più. Inoltre gli ingredienti che utilizziamo sono da considerarsi sicuri per tutti, comprese le fasce più vulnerabili, come ci dice la Commissione Europea che legifera su queste cose.
Infine, se ci vogliamo davvero preoccupare dei bambini piccoli, allora ci saremmo dovuti preoccupare in precedenza di quando erano esclusivamente allattati o quando non erano ancora nati: in entrambi i casi erano ben più vulnerabili e soggetti a tossine presenti nell’alimentazione della mamma.
9. Beh, ma non mi dirai che posso dare a un bambino di sei mesi la carbonara o la parmigiana!
Le quantità di cibo solido ingerite durante le prime settimane di avvicinamento all’alimentazione solida sono minime, e qualora il cibo venisse percepito come “non ideale” questo non costituirebbe un problema. Quello che conta in ogni caso è il quadro generale, cioè la nostra dieta vista in un intervallo di tempo più ampio e soprattutto l’educazione alimentare che ne consegue e che impartiamo ogni giorno ai nostri figli.
10. Ma la caponata e l’impepata di cozze?
Questi sono di solito gli argomenti portati da chi è contrario/spaventato dal concetto di alimentazione complementare a richiesta perché immagina che a sei mesi il bambino si mangerà piattoni di carbonara o di penne all’arrabbiata. Invece la realtà è che il bambino vorrà istintivamente provare più cose possibile e vorrà imitare i genitori in quello che fanno e noi vogliamo promuovere questo comportamento innato del bambino. Non importa il piatto; è più importante che il bambino provi il numero maggiore di consistenze e sapori per cominciare a sperimentare con il cibo.
11. Va bene, ma non capisco una cosa: come fa un bambino di 6 mesi a mangiare le nostre cose se non ha i denti e non sa masticare?
Quello della masticazione è un falso mito. Le gengive sono sufficientemente forti da gestire cose come verdure lesse, pasta, pezzetti di carne ecc. Poi mano mano che cresceranno i denti si abituerà ad usarli. Ricordiamoci che durante questa fase i bambini imparano a conoscere non solo i vari sapori, ma anche le consistenze diverse. Se frulliamo tutto, una carota bollita ha la stessa consistenza di una fettina di carne o di un pezzo di pane.
12. Ma mi si strozza!!
Non temere che il tuo bambino soffochi: nei bambini piccoli è molto forte il “riflesso faringeo”, cioè quello che allo stimolo del palato molle o della parte bassa della lingua provoca un conato impedendo a corpi estranei di penetrare la gola. È importante non confondere questo riflesso con il soffocamento, infatti un bambino che accenna un conato di vomito perché sta sperimentando con il cibo, non si sta strozzando. Tra l’altro nei bambini piccoli questo riflesso, che abbiamo tutti, è spostato più in avanti nella lingua, per cui è più facile da attivare. Verso i 9 mesi comincerà a regredire fino a raggiungere in poco tempo la base della bocca.
13. Ma come faccio a capire se il boccone non sarà andato veramente di traverso?
Molti bambini, all’inizio del loro percorso di autosvezzamento, fanno dei conati mentre imparano a regolare la quantità di latte o cibo solido che deglutiscono. C’è una grande differenza tra conati di vomito e episodi di soffocamento, e imparare a riconoscere la differenza renderà immediatamente i pasti più rilassati.
Il conato chiude automaticamente la gola e spinge la lingua verso la parte anteriore della bocca. È un riflesso che abbiamo tutta la vita ed è simile al riflesso legato alla deglutizione, allo starnutire e al tossire. Il bambino può avere molti conati quando viene introdotto per la prima volta al cibo solido mentre impara a regolare la quantità di cibo che riesce a masticare e deglutire in una sola volta. E, proprio come capita agli adulti, è anche probabile che abbia un conato quando assaggia del cibo che non gli piace.
Siccome il punto della lingua che fa scattare riflesso del conato è molto più avanti in un bambino di quanto non lo sia in un adulto allora i bambini tenderanno ad avere più conati.Tuttavia durante la crescita questo punto si sposta più indietro sulla lingua. Un bambino che ha conati di norma risolverà il problema da sé rapidamente e questa sarà solo una fase temporanea.
Segni distintivi dei conati (non necessariamente compaiono tutti):
– Gli occhi lacrimano
– La lingua viene spinta in avanti o fuori dalla bocca.
– Il bambino fa un movimento come per vomitare per provare a spostare il cibo in avanti; è anche possibile che vomiti
Segni distintivi del soffocamento (non necessariamente compaiono tutti):
– Il bambino tossisce o sussulta mentre prova a respirare e a eliminare l’ostruzione
– Il bambino non emette suono
– Il bambino emette una specie di squittio sottovoce per comunicare che è in difficoltà
14. Non capisco, ma se non do le pappe, come faccio a sostituire la poppata dell’ora di pranzo con un pasto?
Sostituire un pasto di latte con qualcosa di diverso di punto in bianco è, a tutti gli effetti, un atto di forza nei confronti del bambino che può benissimo non essere d’accordo. Il nome “alimentazione complementare a richiesta”, invece, la dice lunga: il bambino mangia quello che vuole nelle quantità che vuole e se ne vuole (esattamente come fa con l’allattamento al seno). Non vogliamo introdurre il pranzo o la cena da un giorno all’altro o secondo scadenze precise, invece vogliamo assecondare quello che è un processo evolutivo naturale del bambino.
Lo svezzamento – anzi, l’autosvezzamento – così, avviene in maniera “orizzontale“, giorno dopo giorno, con rispetto delle necessità, dello sviluppo e dei tempi del bambino, il cibo entrerà a far parte della sua vita e della sua normalità.
15. E come facciamo a seguire il bambino in questo sviluppo da quando mangia solo latte a quando mangia “come i grandi”?
Semplicemente facendogli condividere la tavola dei genitori. Basta metterlo a tavola quando si pranza e/o cena, a seconda delle necessità della famiglia, dandogli la possibilità di partecipare se lo richiede. Per curiosità e di certo per spirito d’imitazione comincerà prima o dopo a fare come voi.
16. Ho capito, lo metto a tavola, ma come faccio a sapere quando vuole qualcosa da mangiare e soprattutto quanto ne vuole?
Questo è facilissimo… sarà il bambino a dire che vuole mangiare qualcosa e quando non ne vorrà più smetterà di mangiarlo o ci comincerà a giocare o a fare qualcos’altro; di solito i segnali sono inequivocabili.
17. Ma il bambino mica parla… Come fa a comunicare questo interesse?
Non c’è bisogno di parlare. La comunicazione non verbale è ugualmente efficace. Per esempio sguardi languidi, mani che si protendono verso il piatto e così via. Lo stesso vale per teste che si girano e bocche serrate. Basta fare attenzione ai segnali del bambino.
18. E se invece non mostra interesse?
Vuol dire che non è ancora pronto, ma se si continua a metterlo a tavola (sul seggiolone o in braccio) quando sarà il momento inizierà a fare i primi bocconi.
19. E se invece continua a non mostrare interesse? Io mi preoccuperei se passati i sei mesi ancora non volesse mangiare…
I bambini non sono tutti uguali. Alcuni mostrano interesse verso i 5 mesi, altri aspettano i 9-10 mesi prima di cominciare. Una cosa è certa, cominciano tutti: non si è mai visto un bambino grande o un adulto che mangi solo latte, quindi è semplicemente questione di attendere che il bambino sia pronto. Dopo tutto, se non mostra interesse per cose che non siano il latte, con altri metodi la cosa non cambierebbe, anzi si instaurerebbe un pericoloso meccanismo psicologico stressante e controproducente sia per i genitori che per i figli.
20. Ma io vedo che il figlio della vicina a 5 mesi già mangia come un lupo e ha smesso la poppata del pranzo. La cosa mi fa sentire a disagio.
È normale che un bambino che viene svezzato alla maniera ”italiana classica”, ovvero cominciando anche a 4 mesi e mezzo, sia “più avanti” di un bambino della stessa età che si “auto svezza”. Lo svezzamento non è una gara a chi abbandona prima il latte, al contrario, quello che vogliamo è che il passaggio sia il più graduale e piacevole possibile. Va anche ricordato che non sono rari i casi dei bambini svezzati “tradizionalmente” che fanno fatica a passare dalla non-consistenza delle pappe al cibo vero e a imparare a masticare anche quando cominciano a essere grandicelli; per definizione, un bambino che fa autosvezzamento non potrà mai avere questo problema.
21. Ci sono degli alimenti da evitare?”
Basta usare il buon senso. Noccioline, acini d’uva, olive intere e così via sono alimenti possibilmente a rischio perché possono bloccare le vie respiratorie. Basta ricordarsi di romperli in pezzetti più o meno piccoli che il problema è risolto alla radice. Non dimenticare che ci sono le consistenze da prendere in considerazione. Guarda i video sulle “consistenze sicure“
22. Le noccioline lo sanno tutti che sono allergeniche! Sicuramente quelle non vanno date, no?
Quello delle allergie è un argomento complesso e che viene sbandierato da coloro che non credono nell’autosvezzamento. Per farla breve, i pareri sono molto discordanti. Al momento la ricerca tende a raccomandare l’introduzione precoce degli alimenti potenzialmente allergizzanti così da poter permettere al corpo di sviluppare le necessarie difese, e sottolinea che l’introduzione ritardata di alcuni alimenti favorisca le reazioni allergiche, anziché evitarle.
23. Ma io ho una storia di allergie in famiglia. Cosa faccio?
In questo caso bisogna fare attenzione, soprattutto nel caso che uno o entrambi i genitori siano allergici. Ma non c’è bisogno di fasciarsi la testa prima di rompersela.
24. Se mio figlio è soggetto ad allergie, non dovrei introdurre gli alimenti uno alla volta a distanza di una settimana l’uno dall’altro?
A che pro? Gli alimenti sospetti si contano sulle dita di una mano (uova, pomodoro, latte vaccino, e pochissimi altri), per cui basta fare attenzione a quelli e in caso di sospetta reazione allergia rivolgersi immediatamente a un medico. Per il resto, che senso ha introdurre le zucchine una settimana, il porro un’altra, lo scalogno una terza e così via. Una vita non basterebbe a introdurre tutti gli alimenti. E poi cosa scegliere per cominciare? Insomma, basta un minimo di buon senso.
25. Riassumendo quindi: niente pappe, alimenti introdotti a caso, adulti e bambini mangiano le stesse cose, niente frullatore. Insomma cosa devo fare durante il periodo dello svezzamento?
Poco e niente… solo attendere che il bambino decida quando e cosa mangiare e poi godersi insieme a lui quanto è bello scoprire la tavola! Dovere del genitore sarà solo quello di fornire una dieta sempre varia.
L’unica cosa da fare è eliminare dal vocabolario la parola “svezzamento”.
26. Ma così sembra facile, quasi troppo facile e troppo bello per essere vero. Com’è possibile?
Non è diverso dal metodo che il bambino usa per imparare a parlare: quando è pronto a dire le prime parole lo farà e se a casa sente sempre e solo parolacce, imparerà anche quelle. Così anche per il cibo, se a casa si mangia bene, e a tavola c’è un’atmosfera serena, il bambino non potrà che assorbire tutto ciò a beneficio suo e di tutta la famiglia.
27. Perché non dovrei parlare di svezzamento?
Ho già detto che “svezzamento” sottintende che stai viziando tuo figlio. Tuttavia c’è un altro fatto più importante: parlando di “svezzamento” espressioni quali,
– quando hai cominciato lo svezzamento?
– ho cominciato lo svezzamento facendo…
– il dottore ha svezzato mio figlio quando…
– È ora di svezzare mio figlio
sono molto comuni e hanno tutti in comune un aspetto, ovvero hanno il genitore come soggetto e il bambino come oggetto. Se invece parliamo di alimentazione complementare, il bambino diventa necessariamente il soggetto e immediatamente si abbandonano schemi e calendari (validi per tutti, ovvero validi per pochissimi), si accetta che il latte è l’alimento principale e che il processo di avvicinamento al cibo è graduale e di responsabilità del bambino. Semplicemente eliminando una parola il nostro modo di pensare cambia radicalmente.
28. Ma allora problemi non ce ne sono?
Niente di serio… bisogna solo non avere fretta perché il bambino potrebbe impiegare dei mesi a passare da 10%-90% a, diciamo 50%-50%. Poi c’è l’inevitabile disordine, cibo buttato in terra, piatti rovesciati e così via, ma credo che questi siano problemi comuni indipendentemente dall’approccio.
29. OK, mi hai convinto, ma come faccio con parenti e amici che non fanno altro che dirmi che sono fuori come un balcone?
Porta pazienza! L’unica cosa che puoi fare è di leggere e informarti quanto possibile sull’argomento (ad esempio leggendo questo blog:) ), dopodiché non potrai non vedere la logica che è dietro il concetto di autosvezzamento (gli articoli scientifici ce li teniamo per quando abbiamo un po’ più di tempo…). Una volta fatto questo passo, controbattere alle inevitabili critiche che riceverai, mosse da chi difende lo svezzamento “tradizionale all’italiana” e i vari schemini, sarà un gioco da ragazzi.
Se hai altre domande, non esitare a pormele nei commenti. Farò del mio meglio per risponderti.
Ciao e alla prossima!
84 risposte
pinguina , ciao 🙂
Alcune considerazioni:
1) a quell’età si hanno cose più importanti da fare che perdere tempo a mangiare… Poi passa. Di certo non ci si mette a inseguire nessuno affinché mangi. Se vuole viene a tavola, aptrimenti, ci vediamo a merenda.
2) I bambini non si lasciano morire di fame quindi quello che mangia è quello che le serve, né più né meno. Se non ha fame adesso, avrò fame più tardi.
Ciao :=)
Ah, dimenticavo, a 15 mesi la “pappa” dovrebbe essere stata abbandonata da un bel pezzo 🙂 Non c’è davvero motivo di non farle mangiare esclusivamente cibo “vero”. Se ne mangia poco è perché ha bisogno solo di quel poco (vedi sopra).
Buongiorno, mi figlia ha 15 mesi… abbiamo iniziato lo svezzamento verso la fine del 5 mese. allattata esclusivamente al seno e tutt’ora allatta, abbiamo optato per uno svezzamento misto. Ovvero pappette e quando lei lo voleva il nostro cibo… non e’ mai stata una mangiona, nemmeno con le poppate…ma da un mese a oggi…mangia davvero poco per non dire nulla..due/tre cucchiaini di pappa (che puo’ essere del cous cous con verdure, o della pasta col sugo…oppure una classica pastina con omo di carne) e poi vuole scendere dal seggiolone, inizia a urlare a dimenarsi, serra le labbra e mi manda via se mi avvicino col cucchiaino. o allontana la ciotola se il cibo puo’ mangiarlo da sola…una volta scesa dal seggiolino, se le faccio vedere il cucciaino con la pappa si avvicina, mangia…va via..torna rimangia e cosi’ via..ma senza mai finire tutto..Come posso aiutarla a farle capire che non e’ il momento di giocare ma di fare la pappa? e’ Un comportamento normale secondo voi?
Grazie
Due domande: è vero che il bimbo allunga le mani verso il cibo e lo porta alla bocca, ma come faccio a capire se è fame o solo un riflesso naturale che ha verso tutto? (ricordiamo che si tratta della cosiddetta ‘fase orale’). Seconda domanda: il bimbo spilucca, e va bene, a tavola con noi. Ma come faccio a spare se integrare o meno con un po’ del mio latte, una volta lasciata la tavola? Come so se gli ‘assaggi’ bastano a evitargli il latte x quel pasto? O, viceversa, se l’ho allattato poco prima perché aveva fame ma non eravamo ancora a tavola… poi è chiaro che a tavola mangerà poco…
Bella domanda!
1) non c’è davvero bisogno di saperlo… se è troppo piccolo e si ficca (per sbaglio?) qualcosa in bocca poi la risputa perché non sa cosa farsene. Poi basta fare la prova con un gioco qualunque (anche se probabilmente vogliono partecipare al gioco dei genitori). Il problema, per come la vedo io, è che non appena un bambino – ancora molto piccolo – si mette qualcosa in bocca il genitore dice: “è pronto, andiamo”, e giù di pappine perché altro non può gestire, mentre lui magari per qualche altra settimana non desidererà altro che dare leccatine e ciucciatine. 🙂 2) Il latte soprattutto all’inizio prosegue come al solito, poi le cose si evolvono senza che tu te ne accorga 🙂
Grazie, perfetto!
@anna Riguarda… ho cambiato la struttura della pagina 🙂
Scusate, ma solo a me questa pagina non funziona da android? Non riesco a vedere le risposte alle FAQ. Cliccando le domande, non si espandono.
Anche io ho una curiosità anche se non ho ancora cominciato. A 7 mesi Mattia inizierà ad andare al nido 🙁 e mangerà lì con gli altri lattanti come mi devo comportare io posso anche far presente dell’autosvezzamento ma dubito che si mettano a preparare pasti diversi per i bimbi piccoli e con Michelle sono sicura che cucinassero le classiche pappe. I lattanti mangaino prima verso le 11.45 mentre i semidivezzi e i divezzi alle 12.30
Ti consiglio di parlarne con il nido e di spiegare la tua situazione. Se loro fanno la faccia dei tipo “ma questa è matta, chi l’ha mai sentita una cosa simile?” lascia perdere, tanto tuo figlio farà capire i suoi desideri alle educatrici. Se non vorrà essere imboccato e preferirà i pezzetti (com’è nel nostro caso con Baby C.) non ci sono santi che tengano. Se invece è più accomodante (come BM) potete benissimo viaggiare su binari paralleli… all’asilo si seguono le loro regole e a casa si fa come dici tu. Tanto i bambini non si confondono:)
Mi ricollego a quanto detto da Chiara e pongo una domanda: perché i pediatri sono contro?
Alla fine a loro cosa cambia? Anche io vorrei fare auto svezzamento perché il mio ha sei mesi e mezzo e le pappe non le vuole…
Bella domanda, Roberta…
Innanzitutto va ricordato che non tutti i pediatri sono contro, ce ne sono diversi che sostengono l’alimentazione complementare a richiesta (ACR) e la propongono alle “loro” mamme. Nonostante ciò la vecchia scuola continua a prevalere, ma forse è solo questione di tempo e la situazione potrebbe lentamente rovesciarsi? Speriamo.
A loro cosa cambia? Bè, tristemente non sono pochi i casi in cui il medico viene “sovvenzionato” dalle case produttrici di prodotti alimentari destinati ai bambini, che di conseguenza vengono proposti (se non in alcuni casi imposti) alle mamme. Inoltre in molti casi si tratta semplicemente (si fa per dire…) di disinformazione o mancato aggiornamento, cosa anche comprensibile ma alla fine dei conti secondo me non accettabile. Infine ci sarà sicuramente una parte di medici pediatri di base convinta di quello che fa, che nelle pappe e negli omogeneizzati ci crede profondamente per motivi professionali e scientifici. E questo mi sta benissimo.
Perché i pediatri sono contro? Dovremmo chiederlo a loro 🙂 Sarebbe davvero interessante sentire il loro parere.
Sono d’accordo con tutto quello che ha scritto Gloria.
Però questa domanda mi ha stimolato anche una riflessione.
I medici esistono per individuare eventuali patologie nei pazienti e curarli.
Per un ormai tradizionale vizio d’impostazione il bambino in età di passaggio fra latte e cibo viene assunto d’ufficio come potenziale ‘malato’ (non che lo pensino generalmente tale in maniera razionale, ma agiscono di fatto ‘come se’) e si presume che vada monitorato in ogni fase di questo percorso.
Monitorato e controllato. Ne consegue che si presume che debba essere tenuto sotto controllo ogni singolo alimento che metterà in bocca.
Secondo me questa esigenza (presunta) di controllo li porta troppo facilmente ad aderire e a tenersi ben saldamente attaccati/affezionati al sistema dosi/tempi/prescrizioni/ricette (posologia) di cui è esempio emblematico il cosidetto metodo ‘tradizionale.
…che di tradizionale, in realtà, ha solo un già troppo protratto errore d’impostazione.
Ma è una strada da loro collaudata che rassicura loro ancor prima che i genitori.
il mio pediatra una risposta me l’ha data….Quando gli ho detto che mi stavo interessando all’Autosvezzamento (ma in verità già lo facevo) lui, non sapendo cosa fosse, mi ha chiesto: “vuole dire l’introduzione precoce di tutti gli alimenti?”. Gli ho risposto che più o meno era così e la sua risposta è stata:” io so che la ricerca sta andando in questa direzione e tra tre anni dovrò dire così, ma finchè le linee guida non mi dicono di dirlo e le ricerche non sono concluse io non posso dirgli di farlo”. Un altro medico mi ha confermato che ci sono linee guida che devono seguire i medici di base. La domanda che mi viene allora è: perchè alcuni medici comunque propongono l’ACR? sono anarchici? rischiano? e perchè se seguono tanto le linee guida del ministero continuano ad iniziare lo svezzamento a 4 mesi anche se quelle dicono a 6???
Laura,
sarebbe interessante sapere a quale linee guida fa riferimento. Io non le ho mai trovate, né ne ho mai sentito parlare.
Il ministero della Salute sul loro sito pubblica questo:
dove non mi pare dicano niente di quello che afferma il pediatra.
Se guardi ai link qui sotto, trovi un paio di post dove ho parlato dell’argomento.
Quando torni da pediatra fatti dare il riferimento, così lo aggiungiamo alla bibliografia (e non lo dico tanto per dire)
http://www.autosvezzamento.it/ritardare-o-meno-alcuni-alimenti-durante-lo-svezzamento/
http://www.autosvezzamento.it/svezzamento-e-introduzione-dei-cibi-quale-schema-seguire/
Grazie!
Greta ha 4 mesi appena compiuti quindi per ora è presto. Però dei famosi 3 segnali l’interesse per il cibo che mangiamo noi ce l’ha già da un po’. Dobbiamo metterla a tavola con noi o in braccio e lei fissa il cibo dal piatto alla bocca 🙂 ora poi comincia anche a stare seduta abbastanza agevolmente da sola quindi al 6° mese compiuto la mettiamo sul seggiolone e vediamo che combina… la mia “ansia” maggiore è “combattere” con pediatra e parenti… :/
L’argomento mi sembra molto interessante. Una domanda di ordine pratico.
Quando metto a tavola la bimba insieme a noi, che faccio, le devo preparare il suo piatto in cui metto il cibo che anche noi stiamo mangiando ma tagliato in piccoli pezzi o parti, oppure lascio che sia lei a prenderlo dai nostri piatti e poi glielo riduco in piccoli pezzi?
La bimba ha il suo piattino come noi o lascio che prenda dal nostro o dal centro della tavola?
E se il secondo caso, come mi regolo riguardo alla grandezza del boccone?
grazie!
Ciao Chiara e benvenuta.
Se siete proprio all’inizio, credo sia decisamente meglio far pescare dal proprio piatto, dato che vorrà giocare con questo e quello più che mangiare:) Starà poi a voi saper leggere i segnali che vi darà vostro figlio per passare alla fase II: il piatto.
Quando mettete le cose nel piatto, soprattutto durante le prime fasi dello svezzamento vero e proprio, abbiamo visto che è meglio mettere davanti 1-2 cose e aspettare che siano state mangiate per poi proseguire fino a che non ne vuole più.
Per quanto riguarda le dimensioni, vedi come reagisce tuo figlio… i pezzi più grossi sono più gestibili autonomamente. Potresti provare, ad esempio, con dei fusilli o alberi di broccolo lessati. Fai attenzione però a non cuocerli troppo, se no gli si rompono in mano 🙂