L’ACP (Associazione Culturale Pediatri) ha pubblicato il 6 febbraio scorso un documento scritto a più mani – compresa la mia… – sull’alimentazione complementare indirizzato non solo a pediatri e operatori sanitari in generale, ma anche ai genitori. In parte è stato scritto in risposta e per fare chiarezza dopo campagne filo-industria del baby food promosse da alcune associazioni e le cosiddette linee guida pubblicate dal ministero per l’alimentazione nella prima infanzia (e sulle quali ho scritto uno lungo commento).
Pubblicando questo lavoro, l’ACP ha spiegato che,
[i]n un contesto come quello descritto con soli due esempi (i racconti potrebbero essere molto più numerosi) il documento vuol essere una raccolta critica e ragionata di informazioni sull’alimentazione complementare dei bambini nati a termine e sani, basata su solide basi scientifiche, con l’intento di incoraggiare l’empowerment dei genitori sull’argomento e in modo che il momento del passaggio all’alimentazione complementare dei figli sia colto anche come occasione per migliorare la dieta di tutta la famiglia.
Inoltre hanno aggiunto che,
– doveva (deve) essere un documento vivo, cioè modificabile in base alla disponibilità di nuove ricerche ed esperienze, o qualora si ritrovino delle imprecisioni;
– doveva essere redatto da un gruppo di lavoro, non chiuso, composto sì da pediatri, ospedalieri, di famiglia e di comunità, ma anche da altre figure sanitarie e non (economia, ambiente, cucina, comunicazione ecc.). Un gruppo che avesse al suo interno, in condizioni di piena parità, rappresentanti dei genitori e dei consumatori, come individui o come rappresentanti di associazioni. L’ACP, infatti, ritiene che i genitori, e le altre persone che si prendono cura dei bambini, debbano assumere un ruolo centrale e consapevole per quanto riguarda l’alimentazione dei propri figli;
– doveva essere una raccolta critica e ragionata di informazioni, basate su solide basi scientifiche e offerte gratuitamente a chiunque ne voglia fruire per prendere decisioni, piccole o grandi, sull’alimentazione complementare;
– non doveva caratterizzarsi per un atteggiamento prescrittivo/autoritario/paternalistico spesso presente in molti documenti;
– doveva far passare il messaggio che parlare di alimentazione complementare significa valorizzare la dieta di tutta la famiglia;
– non si doveva fare riferimento solo agli aspetti di nutrizione e di salute dell’alimentazione complementare perché mangiare è anche relazione, piacere, convivialità, arte;
– doveva dare ampio spazio all’impatto ambientale che hanno le scelte alimentari delle famiglie, in quanto siamo convinti che non si può raccomandare una alimentazione complementare a base di soli cibi industriali, la cui utilità è ben lungi dall’essere comprovata, senza riflettere sul loro costo e sull’impronta ecologica;
– doveva essere un documento che prova a de-medicalizzare una tappa dello sviluppo dei bambini che non dovrebbe essere sotto controllo medico, in quanto fisiologica;
– doveva caratterizzarsi, in coerenza con altre scelte dell’ACP, per la totale indipendenza da interessi economici e commerciali.
Infine l’ACP invita tutti a leggere questo scritto in quanto anche se …
… è diretto ovviamente ai pediatri, per la sua stessa natura è diretto anche a un pubblico più vasto, fatto soprattutto di madri e padri, ma anche di persone che, a qualsiasi titolo, si interessano di alimentazione complementare. Per questa ragione abbiamo tentato di scriverlo con un linguaggio adatto a tutti. L’ultima parte del testo (“Le domande frequenti”) si presta a una lettura rapida e concisa e offre risposte molto puntuali ai legittimi quesiti dei genitori.
Quindi il mio consiglio è di scaricarlo e leggerlo immediatamente, dopodiché inviarlo al proprio pediatra/genitore/marito/suocero insomma, a chi volete e a chi pensate possa tornare utile. Anzi… mandatelo proprio a tutti in quanto così non potranno più usare l’ignoranza come scusa. Il documento lo trovate cliccando qui (o altrove nel testo) o sull’immagine in alto.
2 risposte
Grazie, molto interessante. Avrei due domande e un commento.
Domanda 1: “il cibo non può essere usato come strumento consolatorio universale per gestire stati di disagio diversi dal reale bisogno di mangiare del bambino” (pag. 6). Con “cibo” si intende anche il latte materno?
Domanda 2: “sarebbe opportuno adottare una dieta con poca carne (per esempio, non più di una volta a settimana), come da tradizione mediterranea” (pag. 9). Questo si riferisce a ogni individuo? Quindi, se io propongo a mio figlio la carne una volta a settimana, sto facendo la cosa giusta? (scusate, ma proprio perché non mi sento affiancata dalla mia pediatra in questa fase di alimentazione complementare a richiesta, ho bisogno di una “prescrizione” da parte di qualcuno che sia autorevole :D).
Commento: “presenza di inquinanti di sintesi come pesticidi e sostanze chimiche e di inquinanti “naturali” come per esempio le micotossine” (pag. 9). No, per favore, no!!! La chimica è la scienza che studia la composizione della materia (cito wikipedia), quindi tutto è chimica. L’acqua è chimica, come il sale, l’aria, la pipì. Se è corretta la contrapposizione “di sintesi” vs “naturale”, la contrapposizione “chimico” vs “naturale” è errata, e mi spiace leggerla in un documento scientifico.
Gentile Stefania,
il latte materno è cibo anche per l’anima.
Il seno, soprattutto nel primo anno di vita ha anche funzione consolatoria e non c’è niente di male ad offrirlo.
Per quanto riguarda la carne un bambino piccolo ha bisogno di proteine ma non necessariamente di origine animale, puoi abbinare un cereale e un legume. Mio figlio ha fatto lo svezzamento quasi vegetariano, è cresciuto a cereali e legumi, ogni tanto mezzi uovo sodo ed è cresciuto benissimo.
Adesso ha due anni la pediatra l’ha appena visitato e sta benissimo.