22-08-2012, 09:50 21
Vi devo ringraziare davvero tanto per le belle parole. Mi confortano molto.
Spesso mi chiedo se tutta questa questione sia solo una mia impressione un po’ alterata della realtà o se davvero c’è quel famoso “qualcosa che non va”. Mi interrogo su questo perché non tutti i giorni sono uguali. A volte pare tutto più che “normale” e il mio pensiero è molto vicino a quello di Giulieee, a volte mi sento una visionaria don chisciotte che si inventa problemi inesistenti e sento che l'intervento di un professionista potrebbe aiutare a dipanare questa matassa. Durante gli ultimi giorni della gravidanza, dopo l’ennesima discussione pesante, l’avevo implorato di parlare con lo psicologo del corso preparto del consultorio e lui aveva accettato. Non solo, abbiamo coinvolto (con immensa fatica) anche i rispettivi genitori (i miei ancora mi rinfacciano di averli trascinati dallo strizzacervelli). Abbiamo fatto pochi incontri (perché di lì a pochi giorni è nato il pupo). Lo psicologo aveva fatto un’analisi brutale e schietta delle due famiglie d’origine ma quei pochi incontri avevano aperto per breve tempo uno spiraglio. Qualcuno aveva mostrato al mio compagno il lato umano e fallibile dei suoi genitori (fino ad allora intoccabili). Pareva quasi sollevato. Dopo i primi mesi moooolto caotici sono tornate le incomprensioni e gli ho riproposto altri incontri a cui andare insieme. Mi diceva “ci penserò”, prendeva tempo, si chiudeva a riccio, rimandava l’idea, mi diceva “ce la posso fare da solo”, si arrabbiava. Da allora gli riconosco che molte cose sono cambiate in meglio nonostante tutto e molte ne cambieranno, perciò non dispero. Ma mi rendo conto di come i genitori lascino una traccia indelebile nei figli, sia che facciano qualcosa sia che non facciano niente.
Oggi sono andata a mangiare dai suoceri. Da quando frequento quella famiglia non li ho mai visti seduti a tavola tutti insieme. Mio suocero, che di solito mangia presto, quando ci siamo noi si parcheggia modello "soprammobile" sul divano accanto alla tavola in attesa del suo turno per mangiare. Quindi mangiamo noi (io e mio figlio, ogni tanto anche il mio compagno) oppure lui posticipa di una mezz'oretta. Mia suocera prepara una cosa per me, una per mio figlio, una per il mio compagno e una per il marito, lei mangia ciò che resta. Ma mentre noi mangiamo lei sta in piedi accanto al seggiolone pronta a ripulire mio figlio ogni minuto, a raccogliere ogni briciola, a ficcargli i pezzetti in bocca e spesso finisce che me lo prendo in braccio così la finisce di invadere il suo campo. Oppure sta in piedi accanto al tavolo a guardarmi mentre mangio. Ed è tutto un "vuoi l'acqua?, vuoi la frutta? vuoi il pane? vuoi il tovagliolo? vuoi un cucchiaio? ti scaldo il piatto?" con un fare talmente insistente e ripetitivo che mi blocca la digestione. Io le chiedo "perché non si siede a tavola a mangiare con noi?" E lei, come se avessi detto un'assurdità "macché sei matta?.... non ho tempo, ho troppe cose da fare. Devo servire voi." E questa cosa mi mette a disagio. Quando abbiamo finito apparecchia per il marito, gli taglia le pietanze, gli rompe il pane e poi lei si siede nell'angolino a finire ciò che resta. E questo è il loro pasto tipo.
Ho chiesto al mio compagno (figlio unico) da quanto tempo non mangia seduto a tavola insieme ai suoi genitori ma non se lo ricorda più. Ecco, penso che tutto parta da lì. Il suo rigore nei pasti, il suoi gusti molto limitati, il suo non saper condividere i momenti conviviali. E non vorrei questo per mio figlio. Quegli incontri dallo psicologo gli hanno fatto capire che lui può diventare altro rispetto ai suoi genitori e vedo che talvolta lo sforzo lo fa. A 35 anni il percorso è un po' più difficile ma spero ci riesca per il bene di nostro figlio e suo.
Spesso mi chiedo se tutta questa questione sia solo una mia impressione un po’ alterata della realtà o se davvero c’è quel famoso “qualcosa che non va”. Mi interrogo su questo perché non tutti i giorni sono uguali. A volte pare tutto più che “normale” e il mio pensiero è molto vicino a quello di Giulieee, a volte mi sento una visionaria don chisciotte che si inventa problemi inesistenti e sento che l'intervento di un professionista potrebbe aiutare a dipanare questa matassa. Durante gli ultimi giorni della gravidanza, dopo l’ennesima discussione pesante, l’avevo implorato di parlare con lo psicologo del corso preparto del consultorio e lui aveva accettato. Non solo, abbiamo coinvolto (con immensa fatica) anche i rispettivi genitori (i miei ancora mi rinfacciano di averli trascinati dallo strizzacervelli). Abbiamo fatto pochi incontri (perché di lì a pochi giorni è nato il pupo). Lo psicologo aveva fatto un’analisi brutale e schietta delle due famiglie d’origine ma quei pochi incontri avevano aperto per breve tempo uno spiraglio. Qualcuno aveva mostrato al mio compagno il lato umano e fallibile dei suoi genitori (fino ad allora intoccabili). Pareva quasi sollevato. Dopo i primi mesi moooolto caotici sono tornate le incomprensioni e gli ho riproposto altri incontri a cui andare insieme. Mi diceva “ci penserò”, prendeva tempo, si chiudeva a riccio, rimandava l’idea, mi diceva “ce la posso fare da solo”, si arrabbiava. Da allora gli riconosco che molte cose sono cambiate in meglio nonostante tutto e molte ne cambieranno, perciò non dispero. Ma mi rendo conto di come i genitori lascino una traccia indelebile nei figli, sia che facciano qualcosa sia che non facciano niente.
Oggi sono andata a mangiare dai suoceri. Da quando frequento quella famiglia non li ho mai visti seduti a tavola tutti insieme. Mio suocero, che di solito mangia presto, quando ci siamo noi si parcheggia modello "soprammobile" sul divano accanto alla tavola in attesa del suo turno per mangiare. Quindi mangiamo noi (io e mio figlio, ogni tanto anche il mio compagno) oppure lui posticipa di una mezz'oretta. Mia suocera prepara una cosa per me, una per mio figlio, una per il mio compagno e una per il marito, lei mangia ciò che resta. Ma mentre noi mangiamo lei sta in piedi accanto al seggiolone pronta a ripulire mio figlio ogni minuto, a raccogliere ogni briciola, a ficcargli i pezzetti in bocca e spesso finisce che me lo prendo in braccio così la finisce di invadere il suo campo. Oppure sta in piedi accanto al tavolo a guardarmi mentre mangio. Ed è tutto un "vuoi l'acqua?, vuoi la frutta? vuoi il pane? vuoi il tovagliolo? vuoi un cucchiaio? ti scaldo il piatto?" con un fare talmente insistente e ripetitivo che mi blocca la digestione. Io le chiedo "perché non si siede a tavola a mangiare con noi?" E lei, come se avessi detto un'assurdità "macché sei matta?.... non ho tempo, ho troppe cose da fare. Devo servire voi." E questa cosa mi mette a disagio. Quando abbiamo finito apparecchia per il marito, gli taglia le pietanze, gli rompe il pane e poi lei si siede nell'angolino a finire ciò che resta. E questo è il loro pasto tipo.
Ho chiesto al mio compagno (figlio unico) da quanto tempo non mangia seduto a tavola insieme ai suoi genitori ma non se lo ricorda più. Ecco, penso che tutto parta da lì. Il suo rigore nei pasti, il suoi gusti molto limitati, il suo non saper condividere i momenti conviviali. E non vorrei questo per mio figlio. Quegli incontri dallo psicologo gli hanno fatto capire che lui può diventare altro rispetto ai suoi genitori e vedo che talvolta lo sforzo lo fa. A 35 anni il percorso è un po' più difficile ma spero ci riesca per il bene di nostro figlio e suo.