Ok, sono pronta per rispondere. E, siccome lo fai tu, faccio anche io come se non ci conoscessimo. Anche per poter essere compresi da tutti.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: These are only my two cents!
two?
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Essere genitori o nonni è comunque essere come dei Maestri, che insegnano ai giovani a stare al mondo....
L'approccio umile, attento, ricettivo di chi si trova dietro la cattedra è fondamentale. Imprescindibile per ottenere il risultato preposto.
La tua prima affermazione non mi vede concorde. Io credo di non avere nulla da insegnare a mia figlia. Posso cercare di darle esempio e modi per affrontare le situazioni che si presenteranno, ma stare al mondo sarà una cosa solo sua. Posso suggerire, può vedere come reagisco io a certe situazioni, ma non saprò mai se sono quelle esatte. Posso fare il possibile per essere un buon esempio, ma non potrò mai "insegnare". Il genitore non sta dietro la cattedra, nè sopra ne accanto. Non esiste cattedra, esiste il genitore che accompagna il figlio.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Negli antichi era normale considerare l'esistenza di due "guerre": la "piccola guerra" e la "grande guerra".
La piccola è quella che si combatte esternamente, nella vita... in questo caso la metafora sarebbe nell'insegnamento ad un allievo/figlio.
La grande quella che si combatte al nostro interno, contro le nostre "posture mentali", contro i nostri istinti, ed è appunto grande perchè è sempre più facile vedere e correggere i difetti degli altri che non confessarsi o solo rendersi consapevoli dei proprî.
Questo per dire che alla fine... uno che si mette a fare il genitore e lo vuole fare fino in fondo, ha davanti a volte più sè stesso che il figlio. E non è un lavoro facile.
Io conosco molto bene questa teoria perché l'ho vissuta fino in fondo. Ho dovuto scendere negli abissi di me stessa per potermi salvare. Sono risalita e continuo a mettermi in discussione perché ho imparato a farlo. Ma fortunatamente ho recuperato i miei istinti e ho scelto di abbandonare le posture mentali. E' anche in virtù di ciò che so riconoscere certi difetti negli altri, perché so bene come sono, essendo stati i miei per tanto tempo. Ma ancora non sono in accordo con te sulla piccola guerra. Va bene che il termine è antico, ma io non voglio essere il Maestro di mia figlia, delle mie figlie, voglio essere la mamma. Il concetto e il presupposto sono molto differenti.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Da nonni, come da genitori, occorre essere attenti, ricettivi ed umili, esattamente come un Maestro coi proprî allievi.
Pena il fallimento, parziale o totale, del ruolo di insegnante.
Posto che se non sei Maestro da genitore non puoi esserlo nemmeno (tantomeno) da nonno, appunto occorre essere attento ricettivo e umile, cosa che in questo thread sulla nonnitudine sembra venga spesso a mancare.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Quando si insegna una "tecnica", come quando si insegna a tenere il cucchiaio diritto ad un bimbo di 2 anni o forse meno, ci si pone addentro il problema di sapere *bene* come funziona quella tal cosa, al punto che si rivelano aspetti che nemmeno ci eravamo mai accorti che esistessero, perchè a noi magari è sempre venuta bene di suo.
Poi capita che il bimbo/allievo ti faccia una domanda su qualcosa che non avevi mai considerato, ma che per lui costituisce IL problema, ed ecco che devi capire, comprendere, trovare la risposta.
E poi c'è da stare anche un po' "rilassati"... attenti a non elargire insegnamenti non richiesti.
Ora torno per un attimo a "conoscerti": ma sei sicuro di averlo scritto tu???
Torno ad essere Valina.
Il fatto è che non sei tu ad insegnare al bambino a tenere dritto il cucchiaio. Tu puoi limitarti ad usarlo e fungere da esempio. Puoi raccoglierlo se cade, puoi rimetterglielo nella mano, ma l'apprendimento sarà solo e solamente suo. E un cucchiaio, un bambino, lo maneggia moooooolto prima dei due anni, mia figlia (ti sembrerà pazzesco, lo fa dai suoi undici mesi circa, con grande precisione.
Le domande sono ciò che rende un genitore tale. E' qui che si vede la differenza. Se il bambino mi chiede che cos'è, che so, un coltello io dovrei rispondere: "è un attrezzo di metallo che serve per tagliare" e non "una cosa che usano i grandi" o "niente, lascia stare, quando sei grande te lo spiego". Può darsi che non capisca appieno il significato delle mie parole ma almeno non avrò insultato la sua intelligenza o sminuito le capacità che ha già maturato. E il mio compagno lo fa benissimo, è un grande esperto nello spiegare cosa sono le motrici o perché si forma il fulmine e lo spiega benissimo anche a nostra figlia...
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Come diceva Valina, attenti a lasciare che i figli prendano la loro strada da soli, sempre disponibili ad una richiesta di aiuto ma lasciandoli andare a loro stessi, con le loro responsabilità e con la nostra fiducia che sapranno farci fronte.
Invero non siamo noi, genitori, che insegnamo ai figli a stare al mondo, ma sono LORO che imparando da con noi migliorano il nostro stare al mondo.
Essere nonni poi è un gradino ulteriore, perchè bisogna saper tirarsi indietro ancora di più di quanto non lo si sia già fatto coi proprî figli quando han preso il largo sulla loro rotta della vita.
Ecco, Siccome questo mi sembra sensato lo vedo in contraddizione con ciò che affermi prima. E appunto è ciò che spesso non accade, perché i nonni, venendo da esperienze di famiglie patriarcali, venendo da tempi in cui hanno vissuto l'opposto o chissacché, dimenticano di applicare e si infiltrano nelle scelte della famiglia moderna in modo più o meno subdolo a seconda dei casi.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Di fatto mi hanno cresciuto, prendendosi la responsabilità di fare le veci dei miei, che a quel tempo causa lavoro non avevano la possibilità di starmi appresso.
Avevano dei gran bei difetti, ma non importa. Erano i nonni. E se per qualche motivo dovessero aver fatto qualche errore pedagogico/comportamentale/educativo... beh, io dei loro non ne ho memoria.
Ciò che ricordo è che mi diedero tutto ciò che potevano darmi.
La tua idea di saggio del villaggio esisteva nelle tribù semplicemente perché era la persona che, nonostante, le sue esperienze, rispettava i giovani e lasciava che sbagliassero, pronto comunque a porgere la mano al loro rientro, fallimentare o vittorioso. Era una sorta di nonno imparziale, purtroppo impossibile nella nostra società.
Per me sarebbe impensabile lasciare la responsabilità di crescere mio figlio ai nonni, o chi per loro. Nonostante io lavori moltissimo, occupo il tempo a disposizione per prendermi la responsabilità di (lasciare) crescere mia figlia. E proprio in virtù dell'elevato senso di responsabilità che ho chiedo di non interferire in questo percorso ai nonni. Chiedendogli di essere imparziali e di seguire poche semplici regole. Ma in realtà non si dovrebbe nemmeno doverlo chiedere. Mio nonno veniva a prenderci (tutti e tre sulla sua bici!) alla scuola materna e ci accudiva per il resto del pomeriggio. Lo ricordo che ci preparava la merenda, che ci leggeva qualcosa, che ci lasciava giocare o ci raccontava storie. Ma MAI ha voluto sostituire i nostri genitori. Nemmeno quando nasceva qualche lite. Eppure era un insegnante, forse gli sarebbe anche venuto di esserlo anche con noi, ma sapeva bene che era solo un sostituto temporaneo che poteva godersi i nipoti senza prendersi responsabilità alcuna - beh, tranne quella di evitare che ci facessimo male -
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: E vedo oggi in mia madre ciò che vedevo ieri in mia nonna, come carattere, come modi di fare.
Eh, peccato che tua madre non sia tua nonna. Nel senso che ognuno dovrebbe pensare con lo spirito dell'attualità. A tua mamma hai chiesto di prendersi la responsabilità di crescere tua figlia come successe con te? E poi, i modi di fare probabilmente non sono gli stessi, perché sono due persone distinte con vissuti differenti che vivono in epoche molto diverse!
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Per esempio io credo che anche se la nonna si chiama talvolta mamma, la creatura che ha in custodia ha tutti gli strumenti per capire che forse non è proprio così.
Anzi... tra un po' finirà che la corregge lei, la nonna. Basta sedersi sulla sponda del fiume e attendere con pazienza.
E' più un problema di principio, e poi della nonna in sè, che non dell'educazione del nipote. E' solo che ciò enfatizza il naturale, legittimo, istinto materno che porta ad essere molto gelosi della propria prole.
No. No no no. Posso capire che possa scappare. Io una volta mi sono detta mamma con mia nipote e mi sono anche subito corretta. Nel mio caso specifico la cosa è accaduta ripetutamente e senza che la nonna se ne rendesse nemmeno conto. Davvero tante. Mi sono confrontata con molte mamme e solo una mi ha detto che non gliene importava nulla. La maggior parte avrebbe morsicato la nonna....
E un bambino piccolo (non è più il caso di mia figlia, anche se la cosa mi darebbe ancora fastidio) non ha lo strumento per comprendere la differenza. Sa benissimo qual è la mamma, emotivamente, ma è importante che gli si dia la possibilità di chiamare le cose con il loro nome. Anche le persone. E non è una questione di educazione, è una questione di rispetto e del saper riconoscere il proprio ruolo. Io ho dovuto parlarne con mia suocera e lei mi ha addirittura risposto scocciata che "si, vabbeh, ho capito, sei la sua mamma." Una roba da scuoiarla.
Ed è vero che ci sono mamme gelose. E forse, lo sono a ragione. Per quanto mi riguarda non sono gelosa, lascerei senza troppi pensieri mia figlia ad alcuni amici. Ma non la lascerei alla mia socia. Con mia suocera non mi piace perché so che lei vorrebbe ricoprire un ruolo che non è suo e perché si è fatta tutto un suo film su come sarebbe stata la sua nonnitudine senza fare i conti con la famiglia che costituisce il nucleo familiare.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Insomma... mi spiace, ma mi preoccupo più per la nonna che non per il/la nipote che ci sta assieme.
Cosa ti spiace, scusa? E poi se la nonna ha dei problemi mica deve farne le spese il nipote. I bambini non vengono messi al mondo per occuparsi delle beghe degli adulti, per preoccuparsi della nonnitudine afflitta o per curare la depressione di una nonna, o per fare l'oggetto della redenzione dell nonno rispetto a quando era genitore (come ho sentito molto spesso sostenere). Se devi preoccuparti della nonna vuol dire che la nonna ha qualche questione per cui preoccuparsi. E già questo a me metterebbe a disagio.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Non si può essere perfetti.
Per quanto si possa stilare una lista di regole di cose da non fare, ogni tanto capita di trovarsi al compromesso, all'errore, alla reazione più istintiva che magari poi ci fa sentire in colpa.
Capita.
La ricerca della perfezione porta al crash. Uno ci sclera dietro...
La ricerca dell'auto-correzione, invece, è più salutare per tutti. (insegnare insegna...)
Assolutamente. Se ne parlava già da qualche altra parte. Ma è l'opposto di ciò che sostieni con il combattere la grande guerra. Io non sarò mai perfetta, ma posso cercare di migliorare dove vedo la possibilità. Ci sono anche dei difettucci a cui sono molto affezionata e che non vorrei cambiare, a meno che non dessero fastidio a qualcuno. Ma proprio perché non sono perfetta cerco di non essere insegnante di mia figlia. E non vorrò esserlo della seconda. Posso mostrarle come faccio le cose, certo, con il mio modo di vivere, e posso cercare di fare in modo che chi le sta attorno non influisca su di lei in modo che vedo chiaramente essere negativo. Mia suocera mi disse un giorno: "Ma io voglio insegnarle!" e lo trovo di una grande supponenza. Dicevi che si dovrebbe essere umili.
Quando impasto la torta con la piccola, io impasto. Lei guarda, imita, chiede, ma io non le spiego quello che devo fare. Magari trova un modo migliore! La dottoressa Montessori spiega chiaramente che il bambino impara per imitazione, e che assorbe ciò che gli interessa. Nessuno può insegnargli nulla, egli farà da sè!
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Lo sberlotto sulla bocca... capita. ... Che non diventi il rifugio standard di quello che non sa come fare per imporre la sua volontà e sceglie sempre la via facile delle bacchettate sulle mani.
Ci si scusa, il figlio lo comprende. Eccome se lo comprende.
Ci sono figli che non si ribellano mai solo perchè "è mamma" o "è papà", ed "è giusto che facciano così", esattamente come ci sono donne che subiscono violenze domestiche senza dire "beh?" ed anzi giustificandole come punizioni meritate o con "eh ma io lo amo", ed altre amenità di questo genere.
Figuriamoci se uno sberlotto istintivo, seguito da scuse sincere, può essere un danno irreparabile.
Qualcuno ha scritto "dopotutto si arrabbiano pure loro". Appunto!
Ok, fino alla prima parte mi trovi d'accordo. Sarebbe meglio se non accadesse, ma siamo umani. Giusto ieri ho letto l'interessante parte di "Besame mucho" di Gonzalez di cui si parla in altre due discussioni. Sostiene che sia fondamentale chiedere scusa, anche perché imparerà che a sua volta potrà capitare e potrà chiedere scusa.
Ma la seconda parte va su altri lidi.
Il mio compagno mi disse che quando suo papà lo chiuse in cantina perché non voleva mangiare quello che aveva nel piatto pensò che se faceva così aveva ragione. Esattamente come il bambino di cui parli che giustifica mamma e papà, e probabilmente se lo fa è perché è da mo' che gli viene imposto questo modo di pensare! E forse anche una donna che giustifica il marito o il fidanzato che la mena, è abituata a pensare che se le prende è perché le merita. E la dice lunga su come purtroppo sia cresciuta. Ma questo meriterebbe una discussione a parte.
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: L'importante, in tutto, è essere umili.
Ok, qui stiamo parlando dei nonni, e traspare che molti di loro l'umiltà non sappiano minimamente cosa sia. Se vuoi parlare dei genitori dovremmo aprire una nuova discussione!
(09-05-2012, 05:53 17)Namor Ha scritto: Esiste un proverbietto, che mi viene in mente ora, e forse c'entra un po' tirato per i capelli... e per il quale nove volte su dieci vengo preso a male parole sostenendolo: "ai figli bisogna far patire un poco di fame ed un poco di freddo".
Io ci credo. Molti non ne capiscono la reale interpretazione, che non è così crudele come può sembrare.
C'entra come i cavoli a merenda. E per "vengo preso a male parole" intendi un milanesissimo "ma va' ciapèl"?
Inoltre se anche volessimo dare un significato in tema a questa affermazione possiamo dire che non sarebbe necessario, perché siamo ai margini dell'educazione dei nostri figli.
A lungo post segue lunga risposta. Mi scuso per la lungaggine.
Poi aggiornerò la lista, adesso è tardissimo, e Namor starà aspettandomi ansioso a casa... dove peraltro ci troviamo senza connessione,il che rende difficile seguire il forum!