(14-11-2012, 01:43 13)Valem81 Ha scritto: sa che comunque ci sono alternative possibili a quello che c'e' in tavola, che se non gli piace niente ti chiede il grana (fosse per lui vivrebbe di formaggio grana) o il latte...ma anche i biscotti! Io cerco di assecondare i suoi gusti, nel senso che lascio la sua porzione 'scondita' (pasta e riso con olio e parmigiano, carne e pesce senza aromi o verdure...) e di lasciargli affermare le sue preferenze così come faccio in tutti gli altri ambiti, pero' mi spiace molto il punto in cui siamo arrivati.
[...]
Poi noi continuiamo come abbiamo sempre fatto...senza grosse paturnie anche perche' ormai ho a che fare con un bambino che capisce e sa dialogare quindi cerchiamo i tanto odiati compromessi aspettando che magari possa aprirsi un po' ai piaceri della tavola
Valem, credo che tu sia incorsa in un malinteso. Ma ti anticipo anche la buona notizia che è recuperabile, se ci sono riuscita io con un bambino di, allora, oltre i 3 anni e mezzo, 'svezzato'!
Il malinteso è tutto nella parte in grassetto.
1) assecondare gusti e tempi è perfettamente nella strada AS. Quello che è ampiamente fuori strada è aver interpretato questo non tenendo in debito conto la parte: 'assecondare le sue preferenze
esclusivamente all'interno del menu in tavola' (le eccezioni ci stanno, ma che non siano la norma).
Non dimentichiamo che l'ACR non vuole affatto educare il bambino a richiedere ciò preferisce tout court, ma solo all'interno della nostra scelta preventiva.
Significa 'sfruttare' la motivazione naturale a voler fare quello che facciamo noi, nello specifico lasciarlo incuriosire per quello che anche noi stiamo mangiando, e non, invece, indurre (pur involontariamente e partendo dalle migliori intenzioni) l'abitudine ad autodeterminare la propria alimentazione scegliendo arbitrariamente i suoi alimenti preferiti.
2)di questo errore fanno parte anche i compromessi d'abitudine.
Il fatto che lui sappia di avere alternative può essere facilmente corretto, e a questo punto, anche spiegato esplicitamente. Qui quoto il consiglio di Cancy.
3)la seconda parte che ho sottolineato alla fine, mi fa sorridere, però mi rattrista, perchc sapessi quanto ti capisco (col mio primo cucciolo...)
Lasciarli fare e attendere i loro tempi dovrebbe essere inteso non come un attendere che voglia passare da abitudini acquisite per errore a quelle migliori, ma offrire l'opportunità ben chiara di scegliere quando assaggiare una cosa o un'altra, sapendo che quello c'è in menu e non altro.
Davvero, ti invito a fare un passettino indietro per spezzare questo circolo vizioso del "purché mangi" e vedrai che dopo qualche protesta e/o disorientamento iniziale, poi capirà di doversi adeguare.
4)Aggiungo che questo pensiero sottolineato io lo associo anche all'errore diffusissimo in allattamento di 'aspettare che il seno si ricarichi'. Si sa che il latte si produce sotto stimolazione, non aspettando.
Anche un'abitudine nuova e più corretta come quella che ti auguro di poter far acquisire tuo figlio, va stimolata.
Se un errorino è stato fatto nel lasciarlo fraintendere il senso di 'richiedere/scegliere', la soluzione non dovrebbe essere attendere continuando a confermarglielo assecondandolo e rischiando di consolidare un comportamento scorretto, ma fare qualche aggiustamento di rotta perché la sua testolina abbia la possibilità di imparare un comportamento diverso.
L'AS educa ad avere un buon rapporto con i pasti, equilibrato, gioioso e 'condiviso', non a mangiare sempre quello che ci pare.
Lasciargli affermare le proprie preferenze, non credo dovrebbe significare questo, né andrebbe inteso come un 'obiettivo educativo'. Semmai è un mezzo per rendergli ogni obiettivo educativo più piacevole da conquistare. Perché percepito come desiderato, appunto, non imposto.
Le preferenze del bambino è giusto che prendano il loro spazio nelle nostre scelte per lui, ma poi dobbiamo sempre essere noi adulti a scegliere la linea educativa.
In alcuni casi è necessario imparare ad orientare le sue scelte verso ciò che è meglio per lui.
In ogni caso sta a noi renderlo capace, prima o poi, di farlo autonomamente.