COS'È L'AUTOSVEZZAMENTO E PERCHÉ È DAVVERO PER TUTTI.
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autosvezzamento per tutti


Bibliografia essenziale
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Un passo dopo l’altro


Tutti sappiamo che nello sviluppo di ogni bambino ci sono delle tappe obbligate, in quanto indispensabili alla sua sopravvivenza, come imparare a sorridere, manipolare gli oggetti, imitare gli adulti, parlare, camminare e così via. Ovviamente nessuno di noi, se il bambino è sano e libero da impedimenti fisici o ambientali, va a pensare che prima o poi non le possa raggiungere, né che si debba spronare affinché ci riesca. Anche se ci riesce difficile crederlo, lo svezzamento è considerato oggi un’altra di queste tappe di normale sviluppo che il bambino conquista senza bisogno di particolare aiuto; basta soltanto dargliene la possibilità. Chi può negare infatti che, a un certo punto dello sviluppo (come per altro succede a tutti i mammiferi), assumere cibo diverso dal latte sia indispensabile alla sua sopravvivenza? E quindi come si può pensare che un comportamento di importanza così vitale non sia stato programmato in maniera puntuale e reso, diciamo così, inevitabile come gli altri, ma affidato invece alla discrezione di qualcun altro?
Tutti sappiamo inoltre, per comune esperienza, che tutte le tappe di sviluppo o, diciamo meglio, le competenze del bambino, hanno un epoca di comparsa sì ben individuabile, ma diversa per ogni singolo soggetto, e quindi prevedibile in un ambito che va da un minimo a un massimo di età. Lo svezzamento non fa eccezione; ogni bambino avrà il suo momento ideale per iniziarlo, ma sicuramente questo non potrà realizzarsi, almeno nel rispetto dei vincoli naturali, prima di una certa età.
La raggiunta maturità consentirà al bambino di aggiungere in tutta sicurezza alla sua alimentazione, fino a quel momento esclusivamente a base di latte, la varietà di alimenti che nella sua cultura di appartenenza è sperimentata e conosciuta come salutare. Questo adattamento gli consentirà di soddisfare quelle esigenze nutrizionali che, prima o poi nel corso del suo successivo sviluppo fisico, con una alimentazione di solo latte, umano o artificiale, cominciassero ad emergere. Graduale la comparsa dei nuovi bisogni nutrizionali, graduale il ritmo del cambiamento.
Per non sbagliare i tempi basta rispettare il bambino, come tutte le mamme imparano, o almeno intuiscono, durante l’esperienza dell’allattamento. Il neonato, l’essere umano nel momento di maggiore fragilità e dipendenza, sa farci capire quando ha fame e quando è sazio (anche questa è una competenza vitale); perché dubitare che sappia ancora farlo quando è ben più maturo e competente? Il cibo è come l’aria che respiriamo, è vita, e nessuno lo rifiuta se ne ha veramente bisogno, a meno che la rinuncia non sia decisa in nome di un bene superiore. Potrebbe farlo un adulto o un adolescente anoressico, non certo un lattante il cui unico bene superiore è l’amore dei genitori da cui sa bene che dipende la sua sopravvivenza. Ecco che, quindi, entrare in conflitto con il proprio bambino durante i pasti non farà che sortire esattamente l’effetto opposto, un’ostilità di fondo nei confronti del cibo o, che non è certo meglio, una condiscendenza, per amor di pace, all’insistenza dei genitori, preludio a una futura obesità.
Con tutto ciò una mamma ha in ogni caso il diritto di preoccuparsi di tutto, e quindi anche di ciò di cui la ragione, e dotte letture come questa, consiglierebbero di non preoccuparsi. Di più, potremmo dire che sarebbe strano, quasi innaturale, se così non fosse. Sarebbe una negazione del naturale istinto materno di protezione del cucciolo non cogliere ogni minimo sospetto di pericolo. Per cui allarmatevi pure per un nonnulla, paventate il peggio per un insignificante rifiuto di cibo, fate innocentemente i vostri errori, perché non potete non farli, come tutti al mondo, ma poi dagli errori cercate di imparare a sbagliare sempre meno, magari anche sfruttando l’esperienza di chi di errori ha avuto il tempo di farne più di voi, come noi pediatri.


Lucio Piermarini


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