Ecco una breve recensione di “E se poi prende il vizio” (link affiliato) di Alessandra Bortolotti, un libro che vuole riportare la maternità in una sfera più naturale e spontanea dove è inutile porsi tante domande o cercare risposte improbabili.
L’autrice spiega che basta semplicemente seguire i bisogni del bambino con naturalezza e spontaneità senza farsi condizionare dalla società che ci circonda (cosa che è più facile a dirsi che a farsi); i figli hanno un bisogno innato di stare a contatto con i genitori e negarglielo vuol quasi dire andare contro la loro (e nostra) natura.
“E se poi prende il vizio” è pieno di spunti estremamente interessanti e alcuni passaggi sono quasi commoventi. Le testimonianze dei genitori dimostrano come esperienze di genitorialità ad alto contatto esistano nel mondo di tutti i giorni, anche se ci capita di vederle raramente (o forse mai). L’autrice riporta anche i risultati di ricerche e cita moltissimi libri sull’argomento per supportare le idee alla base del libro.
Non posso non citare il capitolo sul sonno che serve a sfatare tanti miti e luoghi comuni che ci circondano enfatizzando come il bambino che si sveglia la notte sia un bambino normale e non uno che debba essere “educato” a dormire.
Detto tutto ciò devo però ammettere che il libro non mi è piaciuto: l’ho trovato estremamente pesante e di difficile lettura e se non mi fossi riproposto di scrivere una recensione per il sito probabilmente non lo avrei mai finito.
Il motivo è presto detto: questo è un testo decisamente dal gusto troppo accademico per essere considerato divulgativo; è inframmezzato da continue citazioni e note a pie’ di pagina che ne rendono la lettura pesante; il vocabolario utilizzato è esageratamente tecnico: c’è davvero bisogno di usare avverbi come bioenergeticamente?
Bisogna per forza parlare di argomenti specialistici quali la psicogenealogia e l’etnopediatria, per non parlare della psiconeuroendocrinologia (non so quanto ci abbia messo a leggere questa parola…) come se fossero argomenti di cui si parla quotidianamente? E possibile che non si possa descrivere l’effetto nocebo con termini alla portata di tutti? Inoltre questo continuo citare specialisti in varie branche della medicina, pediatria e psicologia non fa altro che distrarre il lettore allontanandolo dal messaggio che si vorrebbe far arrivare e che invece dovrebbe andare diritto al cuore come un’iniezione di adrenalina, senza passare (per rimanerci necessariamente per un bel pezzo) attraverso il cervello.
Questa lunga lista di nomi non mi dice niente, né aggiunge alcunché alla comprensione dell’argomento; la bibliografia presente in fondo al libro è più che sufficiente se qualcuno desidera approfondire ulteriormente quanto trattato.
Più di una volta il mio sguardo si è trovato a vagare su una pagina senza davvero leggere cosa ci fosse scritto; in alcuni casi sono riuscito a fare uno sforzo, in altri… ho semplicemente voltato pagina.
Il libro, come ho detto, è sicuramente interessante e degno di attenzione, ma, a chi lo consiglierei? Non a madre in attesa del primo figlio, in quanto non credo che ne capirebbe appieno il contenuto (assumendo che arrivi fino in fondo). Di sicuro non a chi ha un bambino piccolo, poiché non avrebbe né il tempo, né la voglia di imbarcarsi in una lettura così impegnativa. Forse lo consiglierei a chi ha già un figlio e ne aspetta un secondo (o magari un terzo) e desidera approfondire alcune tematiche; tuttavia questa deve essere una madre già in sintonia con determinate idee.
Probabilmente il gruppo che lo apprezzerà maggiormente è formato da chi queste idee già le condivide e desidera trovare ulteriore conferma, ma se così fosse il libro fallirebbe nell’intento che io mi auspicherei, ovvero far conoscere il concetto di genitorialità ad alto contatto a un mondo che in gran parte lo ignora o lo rifiuta.
So bene che la Bortolotti ha un vasto numero di “seguaci” che non saranno d’accordo con tutto ciò, ma posso solo dirvi quella che è la mia opinione. Gli altri vi diranno la loro.
Quello che quest’anno vorrei riceverei da Babbo Natale è E se poi prende il vizio? – Edizione per principianti scritto dalla stessa autrice e con gli stessi identici contenuti, ma con uno stile più libero e accessibile, privo di citazioni e parole difficili.
Questo è un libro importante che va fatto conoscere, ma per fare ciò bisogna renderlo fruibile. Se si semplifica la struttura non si banalizza necessariamente il contenuto, anzi…
Per ultima, la cosa che mi ha sorpreso/deluso di più ovvero l’immagine scelta per la copertina. Vi faccio vedere sia la vecchia che la nuova.
Quando l’ho vista ho pensato (cosa che non dovrebbe sorprendere) che questo libro si sarebbe rivolto (anche) ai padri, ma invece no… i padri vengono menzionati solo mezza volta ed esclusivamente come accessorio per rendere più facile la vita alle madri (niente di male in tutto ciò, per carità).
È come dire che sul poster di un film invece del protagonista metto in evidenza una comparsa che si vede solo per un attimo e che non dice neanche una parola. Sono sicuro che lo spettatore rimarrebbe, giustamente, confuso continuando ad attendere l’ingresso di questo fantomatico personaggio, cosa che però non accade mai. Il fatto poi che il tema dell’uomo (oggetto? Simbolo?) in copertina sia stato mantenuto con la nuova edizione del libro fa presupporre che questa sia una scelta voluta e non frutto di una svista, ma me ne sfugge totalmente la motivazione.
Altri libri che consigliamo li trovate nella sezione “letture consigliate“.
54 risposte
Io non l’ho trovato pesante, è scorso bene. Mi ha alleggerito l’anima. Sì perché da madre insicura al primo figlio quale sono ho cercato guide e manuali, e consigli. E tutto sembrava non funzionare per noi. Il bimbo non rispondeva come i magici bimbi della Tracy hoggs, la mamma (io) stava malissimo a sentirlo piangere per abituarlo ai ritmi della famiglia o al lettino, il papà si ritrovava moglie e figlio isterici e notti molto poco riposanti. La mamma avrebbe voluto fare diversamente, seguire il suo istinto, che diceva tienilo a dormire con te, visto che in braccio dorme! Ma che vuole saperne una madre insicura, gli esperti dicono di fare diversamente, loro sanno cosa è giusto. Ecco, questo libro portava il messaggio con cui io mi sentivo in sintonia, e ‘convalidava’ il tutto con riferimenti bibliografici scientifici. A dirmi: sì, segui il tuo istinto, fra l’altro studi dimostrano che è più giusto così. Da quel momento, la mamma insicura e la sua famiglia hanno ripreso a respirare e vivere.
Uh, come mi ritrovo nello spirito del commento della mia omonima! Io ho letto un sacco gli ultimi mesi di gravidanza perché (per fortuna?) ho perso il lavoro, quindi ho fatto a tempo a sentirmi in sintonia con questo approccio prima della nascita del pargolo. E ad abbandonare l’approccio Hoggs prima di averlo sperimentato. Nonostante questo, le pressioni ambientali mi hanno fatto vacillare non poco, in un paio di fasi, soprattutto sul dormire col pupo. E meno male che nel complesso i miei e mio marito hanno sempre mostrato fiducia nelle mie scelte. Ma quel piccolo dubbio iniziale c’era sempre e, unito ai commenti generali di amici e conoscenti, è bastato a mettermi in crisi. Ora sono contenta delle scelte fatte e mio marito pure. Quindi il libro, non meraviglioso, mi ha comunque aiutata. Mi era stato segnalato al corso preparto in ospedale.
Il libro della Hogg è il primo che ho letto e mi ci è voluto tanto per superarlo. Questo per dire che le letture vanno scelti oculatamente soprattutto all’inizio.
Questo libro ci era stato consigliato al corso “allatare? sì grazie” fatto al consultorio insieme a quello di accompagnamento alla nascita. L’ho comprato quando Samuele aveva ormai un mese e mezzo e l’ho letto tutto d’un fiato mentre lo allattavo o mentre lui dormiva. Diciamo che la pesantezza di cui sopra secondo me è ben mitigata da una serie di contenuti interessanti che mi hanno davvero aperto un mondo. E’ stata una bella lettura che consiglierei anche alle mamme alla prima esperienza, con l’accortezza ovviamente di trasportare quanto letto alla propria realtà personale, sono fermamente convinta del fatto che la maternità ad alto contatto non sia una cosa così naturale per tutte le mamme e credo che ogni mamma debba trovare il modo per crescere suo figlio nella serenità di entrambi.
Il problema adesso è trovarlo nelle librerie, qui va a ruba, lo volevo regalare ad una mia amica panzuta e mi sa che dovrò ordinarlo su internet…. ovviamente lo regalo assieme al libro di Piermarini e pensavo anche a “bebè a costo zero”o a un libro di A. Volta. Io son contenta che me li abbiano prestati/regalati, per cui li regalo a mia volta! Magari anche chi non è predisposto ci riflette un po’ su 😉
Condivido svezzamento naturale! E’ un libro che ti apre un mondo, se già sei predisposta!
A me e’ piaciuto molto, l’ho letto velocissimamente e credo che possa essere alla portata di tutte le mamme!
E ieri in Mondadori l’ho visto e l’ho messo bene in vista davanti a quelli di tata Lucia ed insieme a Giorgia cozza ed Elena Dal Pra!
E ho acquistato un libro che mi accingo a leggere un po’ scettica…ma questo non c’entra nulla!
fra tutti i libri che ho letto sull’accudimento dei neonati è senz’altro quello che preferisco (assieme a quello di Piermarini). Sono due libri che mi hanno aperto un mondo, per il quale ero sicuramente già predisposta, ma che mi hanno davvero aperto gli occhi. Infatti son stati ben recensiti da me anche su anobii, fra poco verranno recensiti sul mio blog…. proprio perché ritengo che siano testi importanti che tutti i genitori dovrebbero leggere, per cui provo a diffondere il verbo 😉
oddio io sono un po’ confusa…gekina mi cita Popper (immagino Karl) per avvallare il fatto che il libro della Bortolotti non è scientifico ma così facendo sei tu stessa che che lo avvalli come scientifico secondo il nostro caro Popper…i paradossi filosofici! 😀 io non so se è scientifico o meno questo libro ma Popper era un filosofo e giustamente faceva congetture sulla scienza, che poi questo voglia automaticamente dire che lui avesse la Verità mi pare pretestuoso perchè potrei citarne centinaia di filosofi che dicono tutto il contrario di Popper e forse non sarei giunta a nessuna conclusione proprio perchè rimaniamo nel campo della filosofia dove la libertà di pensiero regna sovrana. Io ci credo tantissimo nel modello di genitorialità ad alto contatto (o chiamatelo come vi pare) ma non perchè me lo dice la Bortolotti ma semplicemente perchè lo verifico ogni giorno e ho sotto gli occhi mio figlio. Così come descrive Gloria: ognuno è quello che è. Io credo che la Bortolotti quando parla di possibili disagi e patologie comportamentali da adulti come causati da un rapporto a basso contatto con i propri genitori non si riferisse ad una linearità sperimentale di causa-effetto ma solo come ad una possibilità. Un po’ come dire che un figlio violento è quasi sicuramente il figlio di un genitore violento e che un genitore violento è possibile che abbia un figlio violento. Ora se questa possibilità è un 50% o un 10% a me sinceramente non interessa. Il mio interesse primario è che mio figlio da adulto non sia una persona violenta, per esempio. E io da genitore farò del mio meglio per far sì che ciò non avvenga. Non credo nel determinismo ma nelle responsabilità sinceramente sì, e quindi come madre e genitore non voglio essere scusata da nessuno perchè io ho la responsabilità di far sì che mio figlio cresca come un individuo sano (in mentis et corpore) così come previsto dalla Natura (che non a caso era per il Leopardi maligna ma per me decisamente benigna! 🙂 )
Cara Rossana, certo che popper era un filosofo. Un gran filosofo ed epistemiologo. Il suo contributo è alal base del pensiero moderno (e scientifico).
Il metodo descritto da Popper non è una sua “invenzione”. Molto lo deve al matematico Bertrand Russell e alla sua metafora del tacchino induttivista (consiglio una rapida ricerca su google su questa bella storiella).
Quindi giudicare opinabile il pensiero di Popper solo perchè filosofo mi sembra un pelino ingenuo (o induttivista).
Dopotutto qui si parla di un libro scritto da una psicologa che ripete come un mantra “i bisogni fisiologici del bambino”. Da quando lòe psicologhe si intendono di fisiologia pediatrica? Forse allora era meglio se un libro così lo scriveva un neonatologo o pediatra o “fisiologo”.
Se la definisìzione di “metodo scientifico” del filosofo vienense ti sembra opinabile (dove? in quale punto?) mi domando che cosa intendi tu per “metodo scientifico”.
Un’ultima osservazione sul buon Popper. Il suo pensiero è dopotutto alal base del metodo delle ebm (le famose evidenze). Gli studi pubblicati e rivisitati, randomizzati e controllati, servono per metetre in crisi e falsificare una tesi per testarne la bontà.
Il dramma è che le “evidenze scientifiche” vengono sempre di più lette e digerite come verità rilevate (vedi l’atteggiamento di anDrea, gli basta la pubblicazione di uno studio che proverebbe – il condizionale è d’obbligo – l’utilità della fascia per convincersi che le colichette non esistono nei paesi dove questo mezzo è usato dalle mamme degli infanti…).
@ ANdrea, citi uno studio vecchio di 20 e passa anni, di cui si conosce poco o nulla. Quanti bambini sono stati “studiati”? E il campione com’è stato scelto? E come si è proceduto per definire “q1uanto” l’infante fosse portato? E per portare può andare bene anche un semplice braccio che sorregge e culla il pupo anche per ore?
Lo studio pubblicato dalla rivista Pediatrics potrà essere sicuramente interessante, ma non basta.
Infatti la stessa rivista pubblicava pochi giorni fa questo studio:
http://pediatrics.aappublications.org/content/77/5/641.abstract?maxtoshow=&HITS=10&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=hunziker&searchid=1&FIRSTINDEX=0&sortspec=relevance&resourcetype=HWCIT
Riporto il passo più interessante, che si rifà (nota 46) allo studio della Hunziker (:)):
“Increased carrying of the infant has been shown in one trial to prevent crying [46] but did not reduce established crying in another trial [47]. ”
Lo studio della nota 47 è questo:
Barr RG, McMullan SJ, Spiess H, Leduc DG, Yaremko J, Barfield R, Francoeur TE, Hunziker UA: Carrying as colic “therapy”: a randomized controlled trial.
Pediatrics 1991, 87:623-630. PubMed Abstract OpenURL
Pubblicato 5 anni dopo quello che mi hai citato. E quindi chi ha ragione?
Se leggerete tutto l’articolo scoprirerte come sì, le cure prossimali aiutano ad evitare disturbi del sonno nelle prime settiumane di vita del pupo, ma dopo bisogna abituarlo ad addormentarsi da solo, aq vivere la fase dell’addormentamento in piena serenità e autonomia. Così se si svegliuerà la notte sarà in grado di addormentarsi da solo.
caspiat… è il sonno che avanza. Due nomi e li ho cannati tutti e due.
Comunque ripeto, io non ho nulla conto la fascia e nemmeno contro il passeggiuno. SOno oggetti che possono aiutare (o l’uno o l’altro o tutti e due) pupo e genitori. Io trovavo più comodo il marsupio per es.
Quello che è sbagliato è fare di una certa genitorialità (alto contatto con tutto quello che ne segue… fasce, tetta a richiesta, cosleeping ecc…) una filosofia di vita e una verità scientifica.
Personalmente credo che una donna dovrebeb sentirsi libera di allatatre il figlio coe meglio crede: PER LEI e per il bambino. E così addormentarlo eccc…
Quanto al sentire tante cazzate… ragazzi ma questo accadeva anche nel 1800. iNSOMMA le madri sono da sempre ritenute la causa di tutti i mali dei futuri adulti. Perchè spesso i figli sono usati come arma di ricatto per le donne.
Un esempio. Fino a mi pare gli anni 70, si pensava che l’autismo fosse causato da madri a basso contatto (la madre frigorifero di Bruno Bettelheim).
Oggi non si sa molto dell’autismo, ma sono provate le cause neurologiche e non i “traumi” infantili.
Insomma la mamma certo è fondamentale, ma non abbaimo tutto sto potere. QUel che sarà vostro figlio da adulto dipenderà più da chi incontrerà nella sua strada che non da una fascia e un biberon!
(E mo chi è Giulia? La sorella di Rossella? :-D)
E’ sacrosanto quello dici, ma non la imposterei come battaglia verso la fascia, l’allattamento prolungato (o naturale, a seconda di come vuoi vedere la cosa) o altro. Questi sono metodi che a volte ai genitori vengono utili, se li devono mettere in croce allora no.. va benissimo il passeggino e va bene allattare fino a che ti pare. Certo, farli passare per l’UNICO metodo vale no… non vale, però per me è evidente che si tratta di una forma di reazione all’eccesso precedente: i passeggini e i biberon simbolo dell’infanzia, che racchiudono però una marea di secondi, terzi e chissà quanti altri significati… Se non sta nel passeggino è un problema? No, c’è un’alternativa, che è caricarselo addosso se è più contento. Sul latte artificiale… bè, meglio che non mi cimento o non ne usciamo più, garantito!! 😀
Insomma, siccome c’è gente che va a dire in giro che i bambini fanno la cacca a comando e per dispetto, è ovvio che arrivi quell’altro che ti dice che la verità è esattamente all’opposto. Il risultato è (dovrebbe essere) la ricerca della via di mezzo.
Siccome io di notte non ragiono per il sonno, non garantisco niente per la linea logica di quest’ultimo intervento e mi ritiro per deliberare:))
gLORIA E aNDREA,
DA QUANDO SONO DIVENTATA MAMMA VEDO SOLO TANTA PAURA. tANTA PAURA Di sbagliare, di fare la cosa sbagliata, quella che inciderà per sempre sul figlio che poi lo porterà ad essere un adulto infelice, frustrato, non realizzato.
Un bambino è un bambino. Non è un adulto. Vive in simbiosi con mamma e papà o con chi se ne prende cura perchè da solo non sopravviverebbe.
Per questo il benessere di chi si prende cura di lui è importante tanto quanto quello del pupo.
Se allattare ti fa male perchè hai le ragadi e non ti passano… si può passare all’artificiale. Siamo nel 2012, l’acqua è potabile, la polvere non sarà come il latte di mamma… ma è meglio una madre serena o una con capezzoli doloranti e sanguinanti che si immola per la salute del figlio?
Noto tanto terrorismo in giro… Andrea parla di un fantomatico studio che sosterrebbe che i bambini portati sarebebro più tranquilli… ANdrea ti invito ad andare alla fonte di quanto detto. Com’è stato fatto lo studio? SU quanti bambini? SOno stati presi – sparo – 100 neonati portati con la fascia e 100 in carrozzina?
All’epoca di Leopardi la madre no9n allattava mai. C’era la balia. Chi non se la poteva permettere (perchè povera) si portava il figlio nei campi o lo lasciava alla vicina che aveva latte.
Credete che le madri di 100 anni fa fossero così amorevoli con i bambini? FIno akll’inizio degli anni 40 del 900, un bambino su tre moriva prima di compiere i 5 anni. Era un’ecatombe. I genitori non si afefzionavano ai figli perchè non era raro vederli morire.
La fascia veniva usata dalle donne perchè a casa non ci stavano. Lavoravano come muli: al pozo a prendere acqua e lavare il bucato, sui campi, nelel risaie, al pascolo.
Una volta la vita era bestiale per molte e la maternità aveva poco di romantico.
Giulia quel che sarnno i nostri figli ce lo dirà solo il tempo.
Noi possiamo fare solo il nostro meglio. E a volte il meglio per loro è anche ricordarci che esistiamo pure noi, che abbiamo bisogno di dormire, di intimità nel lettone, che un bambino piccolo che ipoara ad addormentarsi da solo prova l’ebrezzae la sicurezza di farcela con le sue sole forze.
Hai mai guardato tuo figlio quando impara a infilarsi una scarpa? O a togliersi un maglione? I bambini vogliono imparare, staccarsi da noi sapendo però che noi siamo semp0re là, pronti a rassicurarli e coccolarli.
L’alto contatto? Ma che cos’è? Portare un bambino nella fascia? Allattarlo a richiesta fino a tre anni? Ma stiamo scherzando?
Credete che una tetta sia l’unico modo per fargli sentire affetto? Un abbraccio, un bacio, un sorriso, una faccia buffa…. ai bambini serve veramente poco per essere felici. Siamo noi adulti, pieni di paure, angosce, ad essercelo dimenticato.
ecco il fantomatico studio:
http://pediatrics.aappublications.org/content/77/5/641.abstract?maxtoshow=&HITS=10&hits=10&RESULTFORMAT=&fulltext=hunziker&searchid=1&FIRSTINDEX=0&sortspec=relevance&resourcetype=HWCIT
Non ho letto l’articolo, ma solo l’abstract; comunque se è stato pubblicato da Pediatrics credo ci sia da fidarsi.
Per chi non sa l’inglese, gli autori dicono che tra le 6 settimane (quando c’è il picco di pianto) fino a 4 mesi i bambini portarti in fascia o simili piangevano o si lagnavano il 43% in meno nel complesso e il 51% in meno la sera (dalle 4 a mezzanotte).
Tra l’altro se non sbaglio la Balsamo (o era Gonzalez?) dice che le coliche sono un fenomeno esclusivamente europeo.
http://www.autosvezzamento.it/colichette-e-spleen-neonatale/
Vediamo se riesco anche io a lasciare un commento. Ci penso su da giorni ma non ne sono ancora venuta fuori (dai pensieri). Temo che verrà fuori un mare di cose.
Allora, possiamo cominciare con la MIA impressione del libro… L’ho letto mentre ero in attesa della secondogenita e ricordo che la prima reazione che ho avuto dopo non molte pagine (ma non ricordo a che punto del testo fossi) è stata di rabbia mista ad altre sensazioni che si sono un po’ perse nella memoria e che probabilmente non saprei comunque chiamare per nome. Fatto sta che scrissi un commento sulla pagina FB del libro manifestando questa mia sensazione ma augurandomi di riuscire a “venirne fuori” perché comunque il libro lo trovavo interessante. Fondamentalmente, con il senno di poi posso dire che, mettendo l’accento su una maniera di essere genitore diversa da quella che era stata la mia fino ad allora, il libro mi metteva molto in crisi. A me che tendo a mettermi in discussione ogni 5 minuti (ho il refresh automatico) mi faceva sentire in colpa, mi suggeriva di aver sbagliato e di dirigermi verso una strada nuova. Va detto, però, che già da mesi – per via delle letture del nostro forum e di altro – avevo intrapreso una specie di percorso che mi portava da Tracy Hogg a Alessandra Bortolotti, da “ad allattare non ci riproverò nemmeno perché tanto per me è impossibile” a “vabbè, bisogna almeno provarci, stavolta ce la posso davvero fare!” (per la cronaca, si è rivelato davvero impossibile :-))), da “io la fascia la odio, ci sto scomoda” a “bè, però in effetti se trovi quella giusta poi deve essere piacevole”.
Alla fine del libro ero più o meno convertita. Più o meno perché io sono un po’ una bandieruola… se parli bene e mi sai convincere, oggi penso che hai ragione, ma se domani arriva Tizio che parla altrettanto bene mi dico che forse alla fine dei conti ha ragione lui…
Fatto sta che ho lanciato il libro sul comodino di mio marito sperando che lo leggesse e ne rimanesse illuminato!
Seguire il link al nick di gekina mi ha portata a leggere, nei giorni scorsi, molte cose nuove, e se alcune le ho trovate troppo forti o non corrispondenti al mio modo di sentire certi problemi, altre mi hanno fatto capire qualcosa di nuovo: complici gli ormoni della gravidanza e del parto e tutto il resto, questo libro insieme ad una serie di altre cose ha scatenato in me il senso di colpa e per diverse settimane ho rimuginato sugli “errori” che avrei fatto e su l’impostazione nuova e “giusta” che avrei voluto per la seconda bambina.
Oggi la bambina ha 6 mesi, e di questi ragionamenti in testa mia c’è rimasto poco. Quelli che pensavo potessero essere stati errori ora non li chiamerei tali, e la “nuova impostazione” sta dimostrandosi pressoché identica alla vecchia perché… noi siamo gli stessi, le bambine forse si somigliano e soprattutto il clima è sereno.
Ridendo, in famiglia, ci siamo detti che il succo del libro è “Ognuno è libero di fare ciò che vuole, purché faccia quello che dico io”.
Ci suggerisce cose sacrosante ma ci sono punti, come quello in cui si suggerisce che la società a basso contatto* può essere la radice delle dipendenze ecc, che forse possono quasi far male.
Alessadra Bortolotti forse dà per scontato che tutte le madri provino le stesse pulsioni, ma non è così.
Un po’ come quando leggo “tutte le madri possono allattare”: NO! La frase corretta è “QUASI tutte le madri possono allattare, provaci e sii fiduciosa, puoi farcela!”.
Per quanto riguarda la scientificità del testo, non so giudicare, ma devo ammettere che testi ricchi di citazioni a me stancano facilmente. Mi stanno benissimo le note e le bibliografie, ma a me piace quando si va al sodo, per cui mi sono un po’ persa qui e là leggendo.
Per concludere e tornando al tema “libro facile” – “libro difficile”, non conosco le statistiche, qualora ce ne fossero, ma io credo che il genitore medio vada in cerca del manuale, del libro breve e semplice e che contiene delle risposte. Sono certa che ci sono milioni di madri e padri capaci di leggere a apprezzare testi a cui io – per gusto e forse capacità – nemmeno mi avvicinerei, ma per dirla brevemente non credo che un “E se poi prende il vizio” potrà mai vincere la guerra contro “Fate la nanna”, e non perché il secondo sia più valido, ma solo perché è più “terra-terra”.
Saluti e baci
*Chi definisce cosa sia scarso e cosa sia sufficiente o abbondante?