In quest’articolo riporto le testimonianze di due genitori e un’educatrice che si sono trovati ad avere a che fare con bambini aggressivi che da piccoli usavano le mani in modo a volte troppo “irruento”.
La discussione si è svolta sulla nostra pagina Facebook e mi sembrava un peccato perderla, per cui la ripropongo qui.
Ma cosa c’entra con l’autosvezzamento, vi chiederete… C’entra perché, come dice Monica in basso, il genitore tende a mettersi al centro, a dire “Io, io, io”, mentre ci scordiamo che “il punto è lui“, ovvero il bambino.
Proprio come nell’autosvezzamento anche in questa situazione ci vuole il famoso “cambio di prospettiva”. Nel campo dell’alimentazione trovate un esempio nell’articolo dove cerco di rispondere alla domanda “Ma chi è che inizia lo svezzamento?“. Anche qui, nonostante si parli di tutt’altro, vedrete come le conclusioni a cui giungono le interlocutrici sono simili.
Elisa chiede
Bimbo di due anni e mezzo molto fisico e vivace. Speravo che col nido imparasse a socializzare un po’ di più invece a sei mesi dall’inizio è diventato un picchiatore di prima.
La questione oltre che imbarazzante nei confronti degli altri genitori è diventata per me preoccupante perché non so dire quanto investo nel parlargli della condivisione e nel dirgli che non si picchia.
Dal canto mio non so più che fare credo che dargli delle pacche sia proprio insegnargli un cattivo modo di comunicare e cerco di non farlo… sto sbagliando io? Esperienze?
Monica risponde
Come ti capisco! Anch’io ho un bambino molto vivace e fisico. Anch’io ho letto molti libri che parlano di bambini aggressivi e della gestione della rabbia. Anch’io gli spiego in continuazione che deve cercare di comunicare le sue emozioni in maniera diversa… anch’io… anch’io… ma il punto è lui!
Questo per dire che non c’ è nulla da fare se non aspettare che cresca e che maturi da solo (ovviamente continuando a parlare con lui e spiegando gli le cose senza però enfatizzare). Quando mio figlio aveva l’età del tuo ho compreso, aiutata anche da delle bravissime educatrici del nido, che la sua fisicità, mostrata nel bene e nel male, era dovuta alla difficoltà di non saper parlare bene e quello era il suo unico canale comunicativo in grado di padroneggiare.
Le imitazioni non c’entrano un bel niente! Non è che noi genitori siamo sempre responsabili di tutto, cerchiamo di non essere così egocentrici! Anche perché così peggioriamo solo le cose, ci sentiamo frustrati ed inadeguati e rischiamo solo di entrare in un circolo vizioso in cui si crea solo tensione reciproca.
Stai tranquilla, le cose miglioreranno con il tempo.
Mio figlio ora ha 4 anni, parla molto bene e sempre più spesso riesce e esprimere le proprie emozioni verbalmente, aiutato anche dai suoi compagni che quando fa qualcosa di sbagliato glielo fanno notare, ma che, a onor del vero, si comportano esattamente come lui! Tuttavia il confronto tra pari è decisamente più efficace di ogni nostro intervento.
Che poi, imparare gestire le emozioni è la cosa più difficile in assoluto, ci vuole un vita intera per imparare. Tantissimi adulti non sono in grado di farlo, e non mi riferisco solo quelli violenti, ma anche a quelli che reprimono, che proiettano sugli altri, ecc. Non vedo perché dovremmo pretenderlo subito da bambini di due anni!
Scusate se mi dilungo, ma è un tema al quale tengo molto perché mi ha portato via molte energie mentali prima di riuscire a trovare un buon equilibrio. Il fatto è che noi abbiamo una visione adulto-centrica. Proviamo a metterci nei loro panni: I bambini vanno al nido, alla materna. Quello è il loro lavoro. Ora sfido chiunque a mantenere la pazienza se il proprio collega, ti venisse sempre addosso, ti disturbasse mentre stai lavorando concentrato, ti rubasse le penne con le quali stai scrivendo! Come minimo gli tireremmo un cazzotto! E chi non reagirebbe, beh, mi preoccuperebbe ancora di più! Altro che bambini aggressivi…
È su questo ultimo punto che vorrei ancora condividere le mie riflessioni.
Spesso ho notato che mio figlio reagisce contro gli aggressivi – passivi, perché non li capisce, non sa come difendersi perché non fanno qualcosa di eclatante ma solo, a pelle, molto fastidioso e disturbante. Di solito con quelli fisici come lui ci possono essere dei conflitti, ma parlano la stessa lingua, è chiaramente decifrabile e quella fisicità si trasforma in lotta come gioco e amicizia. Insomma, ribadisco, il tempo, la maturità e l’esperienza saranno la soluzione.
Quindi bisogna solo attendere, spiegando come ci si dovrebbe comportare in certe situazioni ma con l’obbiettivo di aiutarli a crescere, senza sgridarli e senza il timore di venir giudicati come genitori, credendo nei nostri figli e accettando il loro modo di essere, che anche se in questo momento è piuttosto grezzo, se ben orientato e valorizzato, un giorno potrebbe essere d’aiuto nel sopravvivere a questo mondo così duro.
Beatrice risponde
Ciao da educatrice (15 anni di asilo nido) provo a darti qualche input, anche se è bene tener presente che non esistono ricette valide universalmente ed ogni bambino è un mondo a se. Prima di tutto immagino che il comportamento del tuo bambino per te stia diventando fonte di ansia quando ti trovi con altri… è la reazione più normale che hanno tutti i genitori di bambini “fisici”.
Noi adulti tendiamo a dare un significato ai comportamenti dei bambini che è nostro ma non appartiene a loro. In linea di massima per noi è automatico pensare che quel bambino voglia picchiare l’altro cioè fargli male, in realtà è un modo di entrare in relazione. Il tuo bambino ha bisogno di trovare altri canali, ha bisogno che gli vengano mostrati perché a questa età le parole non sono molto efficaci. I bambini che reagiscono “fisicamente” hanno bisogno che le loro emozioni e intenzioni vengano “lette” da un adulto che gli suggerisce altre possibilità di azione.
Quindi come fare ? Difficile dirlo in due righe… provo a farti un esempio: il bambino si avvicina ad un altro che ha in mano un gioco; lo osserva per un attimo, poi cerca di prendergli il gioco di mano, alla reazione del possessore del gioco solitamente la reazione del primo bambino è picchiare. L’adulto potrebbe avvicinarsi e in questo momento dirgli “volevi giocare con lui? Prova a dirglielo con le parole, altrimenti lui non capisce cosa vuoi; dai proviamo!”
Ovviamente un bambino di due anni è raro che abbia un linguaggio che permetta un dialogo del genere ma non ha importanza. Io adulto lo so che la prossima volta non andrai li dicendo “giochi con me?” Inoltre a questa età non si è in grado di rispettare quella che si chiama “alternanza dei turni”, attendere non fa parte del bagaglio dei bambini di questa età. Anche qui è utile l’intervento verbale dell’adulto che media, così che poi i bambini imparino a fare da soli.
E ora veniamo al nido: quello che ti ho raccontato dovrebbe essere il metodo di intervento di educatori di asilo nido pedagogicamente preparati. Il primo obiettivo del nido è la socializzazione e il benessere psicofisico del bambino, quindi gestione delle emozioni ! Altro piccolo suggerimento che posso darti: spesso bambini che hanno modalità di relazionarsi con gli altri come quelle che racconti vivono una grande frustrazione proprio perché sono continuamente ripresi con un mare di no, di “non si fa”, ma loro vogliono solo giocare. Spesso per interrompere questo circolo vizioso funziona usare un linguaggio “positivo”, ossia evitare di dire “non fare”, oppure “così no” ecc.”Sostituendole con frasi tipo “volevi fare questo? Ecco prova a…”.
Elisa ora aggiunge
Grazie mille a Monica e Beatrice che hanno centrato a mio parere il problema. Non c’è un luogo in particolare. Sono situazioni che possono presentarsi a casa come al nido. Lui è molto possessivo (è tutto suo), ostinato all’inverosimile quando vuole raggiungere un obiettivo, ad es. un gioco, e parla ancora pochino perciò credo che soffra per due aspetti parlare poco e non riuscire a spiegarsi e non sentirsi pienamente parte di un gruppo o di non riuscire ad entrarvi come vorrebbe (al nido a differenza degli altri ha iniziato dopo).
Difatti proprio al nido mi dicono che comincia a spintonare i bimbi (soprattutto i più tranquilli e bonaccioni poveretti!!) per farsi notare ma non nelle fasi di gioco ma quando sono magari tutti seduti o in fila ad ascoltare le tate. Credo sia per attirare l’attenzione del gruppo.
Ho iniziato a cercare di aiutarlo a dar voce alle sue emozioni: ad es. cerco di dirgli “sei arrabbiato? Capisco ci tenevi molto a quella cosa anche a me capita di arrabbiarmi tanto sai ma possiamo provare a fare così.” Quindi se si tratta di un gioco gli spiego che si può dire se se ce la prestano per piacere oppure aspettare il nostro turno oppure magari gli dico “vedi che bello stare insieme agli altri, tutti i bimbi stanno volentieri con te se tu sei gentile con loro”, ecc…
In più gli ho detto che quando si sente tanto tanto arrabbiato può dare un colpo al cuscino o al divano e così si sentirà meglio. Beh, da questi due giorni di tentativi vedo già molti miglioramenti.
Sto investendo tanto su questa cosa che magari da fuori sembra banale ma io ci ho messo purtroppo un po’ a capire che c’era dietro un bisogno di comunicare qualcosa… Grazie ancora!
E sicuramente in tutto ciò molta colpa ne ho io che mi son fatta prendere dalla paura che volesse deliberatamente fare del male agli altri e l’ho sgridato senza capire fin da subito che c’era dietro un bisogno comunicativo diverso. Ora cercherò di rimediare: mestiere difficile quello del genitore!!
Beatrice conclude
Non ti colpevolizzare Elisa secondo me stai facendo un buon lavoro…non è facile per niente! Pensa alcuni giorni fa ero con altre mamme e il mio bambino di 6 mesi si è avvicinato ad un altro e lo ha preso per un braccio strizzandolo forte e io, “No, non fargli male!” mentre dalla mia bocca uscivano queste parole insensate ho pensato, “Ma che sto dicendo… so benissimo che non è così!”
In caso vi fossero sfuggite, ripeto le parole di Elisa:
Mestiere difficile quello del genitore!!
Forse dovremmo stamparci questa massima a grandi lettere così da averla sempre sotto gli occhi.
In che modo vi siete resi conto che il mestiere del genitore è difficile? Avete anche voi bambini aggressivi o “maneschi” o è qualcos’altro? forse ha a che fare con il cibo?
Raccontatecelo nei commenti
6 risposte
Io sono il padre di uno dei bimbi oggetto delle attenzioni fisiche e manesche di bimbi come questi di cui si parla. È un vero problema far capire a mio figlio (che è un bimbo solare, vivace ma non violento) ………….che gli altri bimbi, un paio, che gli alzano le mani, non lo fanno per cattiveria o perchè non lo accettano, ma che invece è il loro modo di comunicare, lui non lo accetta, non lo capisce e ci stà male al punto da non volere più andare al nido (hanno tutti 3 anni ), e questo problema lo stressa tantissimo. Io credo che educare i propri figli all’amore reciproco spetti ai genitori, e se questi non ne sono in grado questi sono i risultati.. bambini che non sanno relazionarsi con gli altri, violenti, e incapaci di comunicare in altri modi. Date più amore attenzioni e fateli sentire sempre al centro, vedrete che si calmeranno, e smetteranno di cercare attenzioni con la violenza. È colpa dei genitori se i bambini comunicano con le botte e non trovate scuse…tipo col tempo cambierà…forse, ma se non farete qualcosa adesso, in peggio! E smettetela di pensare ai vostri piccoli wrestler come bimbi da assecondare, ma intervenire subito, anche per rispetto a tutti gli altri bimbi che vedono in quelli violenti degli aguzzini, e che hanno il diritto di essere sereni di giocare liberamente, e di essere felici, cosa che per colpa di alcuni a volte risulta essere difficile. Non esistono bambini cattivi, solo cattivi genitori!!!
Questo è un commento che coglie poco o niente dello spirito della conversazione. Le auguro che tutti i suoi figli siano come questo suo “SANTO” figlio.
Mi stupisco di trovare così pochi commenti… A me è sembrato un post molto interessante. Mio figlio è ancora piccolo (quasi 15 mesi) e non ha molte occasioni di incontro con altri bimbi, quindi non ho ancora esperienze da riportare. Però le considerazioni lette qui su come affrontare le crisi di frustrazione e dare voce alle sue emozioni, mi sono piaciute molto. Avevo già letto dell’utilità di tale approccio e altri racconti che testimoniamo della sua efficacia, ma ogni nuovo scambio, su fatti concreti, mi sembra un mattoncino in più, utile a tenere a freno la mia parte “tradizionale”, cresciuta in un contesto troppo comportamentista, che, di solito quando sono un po’ distratta, scatta come una molla a ogni azione del piccolo che sia un po’ fuori da quello che mi aspetto: “no! Non farlo…” Fortunatamente dopo mi viene anche da spiegare perché ho detto no, così quando mi rendo conto che il motivo non è grave, ovvero se le conseguenze sono solo che devo rimettere a posto o pulire, fare più attenzione a che non rompa oggetti, ritardare un’altra azione che avevo in mente di fare, allora mi zittisco e lo lascio fare…
Però il come reagire a lanci di oggetti che colpiscono persone (la cosa più vicina all’essere manesco che fa per ora mio figlio), lì vado più in crisi. Cerco di dirgli, calma, che in questo modo rischia di far male agli altri, ma mi sembra che non si renda conto della cosa…
Ci sono pochi commenti perché la maggior parte sono (PURTROPPO) su Facebook, per cui dopo un paio di giorni si perdono.
Bellissima conversazione. Mia figlia, 19 mesi, non ha al momento questa tendenza, ma sono sempre preoccupata che fatichi a inserirsi nel gruppo dei pari, dunque mi sono molto utili queste riflessioni. Grazie
Per me queste riflessioni si possono applicare a molti campi… non solo ai bambini “maneschi”. Per questo ho pensato che sarebbe stato utile pubblicarle 🙂