“Aiuto! Si strozza!!”
La paura che il bambino si strozzi con qualche pezzetto di cibo è sempre la prima preoccupazione di chi sente parlare di bambini che non mangiano pappe, ma cibo solido nel senso stretto del termine. Ci sono anche molti genitori che – nonostante credano nell’autosvezzamento – più di altri faticano a lasciarsi alle spalle le paure legate ad una determinata maniera di pensare ai bambini.
Ispirati da un articolo dedicato al Baby-led weaning, guardiamo da vicino il rischio di soffocamento e impariamo a riconoscere quando dobbiamo preoccuparci e quando invece non è necessario, imparando a capire e a fidarci delle capacità innate di nostro figlio.
La paura che un bambino non sia in grado di gestire cibo solido è comprensibilmente molto diffusa se si pensa che è credenza comune che per passare dal latte al cibo normale è necessario passare attraverso le pappe, o meglio cibi ridotti in purea o omogeneizzati. La realtà è che un bambino che si dimostra pronto ad iniziare lo svezzamento, se gli si dà la possibilità di provare e fare pratica, è in grado di gestire il cibo in bocca esattamente come noi adulti (N.B. discorso che NON vale, invece, per bambini introdotti ai solidi precocemente). Noi tutti possediamo un riflesso, chiamato riflesso faringeo, che è la risposta del nostro corpo contro il soffocamento.
Tuttavia, molto spesso, l’attivazione del riflesso faringeo ci spaventa, vedere nostro figlio che diventa rosso in viso e tossisce mentre mangia ci terrorizza e ci confonde: si starà strozzando?
Il riflesso faringeo
È il naturale meccanismo anti-soffocamento: una contrazione muscolare che protegge la gola evitando che un qualsiasi corpo estraneo che arriva a toccare il palato molle o la parte mucosa alla base della lingua vi penetri, rigettandolo attraverso un conato, colpi di tosse o anche vomito.
Gill Rapley, autrice del libro Baby-led weaning, suggerisce che, nei bambini in età di svezzamento, il punto in cui questo riflesso si attiva sia più vicino alla parte anteriore della bocca che non negli adulti. Questo significa quindi che il meccanismo di protezione delle vie respiratorie da rischio di soffocamento è ancora più accurato nei bambini? Difficile a dirsi. In letteratura sono riuscita a rintracciare un solo documento, datato 2001 (in verità è una summa di studi fatti antecedentemente), che accenna a questo fatto.
Questo documento parla però di due cose importanti. Traduco, riassumendo, i punti salienti:
Il riflesso faringeo comincia a perdere d’intensità a partire dai 6 mesi, quando coinvolge i 2/3 posteriori della lingua, senza però scomparire del tutto. L’area di stimolazione diminuisce gradualmente fino a interessare il quarto posteriore della lingua
…
Tra i 6 e i 9 mesi la funzione motoria orale è pronta dal punto di vista dello sviluppo per l’introduzione di cibi solidi e semi solidi. Nei bambini più piccoli a cui venissero offerti cibi solidi o semi solidi l’anatomia orale, le risposte dei loro riflessi e la conseguente funzione motoria orale indicano come essi siano prematuri dal punto di vista dello sviluppo e come ciò possa incrementare il rischio di aspirazione
In soldoni, un bambino che non è pronto allo svezzamento, è a maggior rischio di soffocamento.
È fondamentale mettere in luce altri aspetti, che la stessa Rapley sottolinea: è importante che il bambino sia
-
in controllo di ciò che finisce nella sua bocca
-
capace di mantenersi seduto in posizione eretta durante il pasto
-
messo in condizione di sperimentare con consistenze diverse
Un bambino lasciato libero di fare esperienza, toccare, maneggiare, assaggiare, annusare il cibo in tutta libertà, oltre ad imparare sin da subito a gestire il cibo in bocca, comprende presto cosa è commestibile e cosa no, e potrà essere meno interessato a portare alla bocca oggetti non commestibili perché ha esaurito già quel tipo di curiosità del mondo.
La mia esperienza personale e quella di altri genitori testimoniano che, con l’alimentazione complementare, gli episodi di conati si fanno sempre più rari grazie al fatto che il bambino impara a gestire il cibo destreggiandosi sempre meglio.
Il riflesso faringeo è lo stesso che provoca conati di vomito ai bambini che, abituati a consistenze omogenee, fanno fatica a gestire texture diverse. Il bambino svezzato in questo modo non ha imparato il complesso meccanismo di gestione del cibo che comprende la masticazione (anche se rudimentale quando ancora non ci sono i molari) e la deglutizione secondo la modalità che conosciamo noi adulti, e si trova a doverlo fare più avanti: quasi un secondo svezzamento, ma stavolta dalle puree.
Tanto per chiarire meglio di cosa stiamo parlando, nel video qui sotto vedete Miss C, 6 mesi e mezzo, che ci dimostra il suo riflesso faringeo.
Come intervenire? Non intervenire!
Se vediamo che nostro figlio è in difficoltà con un pezzo di cibo, non dobbiamo cercare mai di intervenire infilandogli le dita in bocca per estrarre il cibo allo scopo di aiutarlo: è molto pericoloso perché rischiamo di spingere il corpo estraneo più in fondo. Diamo al bambino la fiducia e il tempo di fare da solo, con qualche spinta o colpo di tosse il pezzo di cibo ritornerà al suo posto.
Il nostro compito è di essere sempre vigili e non lasciare mai il piccolo mangiare senza supervisione.
Dopo un episodio di questo tipo in genere il bambino continua a mangiare tutto contento, come se niente fosse.
L’ostruzione parziale o totale
Un bambino “si strozza” e rischia il soffocamento quando un corpo estraneo blocca le vie aeree, quindi se un pezzo di cibo ostruisce la trachea. Il piccolo può diventare cianotico e mostrare evidente difficoltà a respirare; non riesce ad espellere il corpo estraneo dalla gola e, con gli occhi spalancati non emette suoni.
Qui sì che bisogna intervenire! Per non soccombere al panico, in questi casi è molto importante saper cosa fare; ogni genitore, e non solo, dovrebbe imparare come operare le manovre di disostruzione pediatrica, che sono l’unica maniera per salvare la vita a una persona a rischio di asfissia. La Croce Rossa Italiana, grazie all’iniziativa del Dott. Marco Squicciarini, mette a disposizione dei corsi di disostruzione pediatrica, spesso gratuiti, in tutta Italia e video illustrativi per raggiungere anche chi non può frequentare questi corsi: partecipate, se potete, e diffondete tra i genitori e gli operatori per l’infanzia quanto è importante che tutti coloro che si relazionano con i bambini sappiano cosa fare e come reagire.
Come ben sintetizza l’abstract di questo articolo pubblicato su NCBI, i bambini fino a 3 anni sono vittime frequenti di soffocamento per una serie di concause(*): la loro tendenza ad esplorare il mondo usando la bocca, la mancanza dei molari e quindi la ridotta abilità nel masticare i cibi, la scarsa o assente (nei più piccoli) capacità di riconoscere gli oggetti edibili da quelli che non lo sono (punto su cui però ho personalmente alcune perplessità, vedi sopra) e la tendenza a svolgere altre attività mentre mangiano.
Ma gli incidenti di soffocamento sono prevedibili.
Come? Ne parliamo nell’articolo sulla prevenzione.
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Mi intrometto in una serie di commenti forse un po’ più “grandi” di me.
Ma nel mio piccolo penso che:
– la mamma che ha subito uno shock come quello del possibile soffocamento del bambino dovrebbe cercare aiuto per venirne fuori, ma non la si può biasimare se “fa un passo indietro” (prendendo per assunto – mio – che AS è un passo avanti nella modernità, e fortunatamente un gran passo indietro nel passato pre svezzamento pediatrico), meglio una mamma serena che una mamma in ansia da soffocamento – per il bambino
– I tempi naturali del bambino possono anche essere codificati per comodità ma sappiamo bene che ogni bambino ha i suoi e il genitore deve porre attenzione ai suoi segnali
– Che ho visto molti bambini che sono stati svezzati a pappe (non omo-lio) ma che verso l’anno cominciano a mostrare interesse verso il cibo solido. Forse è un secondo richiamo al genitore! E, forse, può essere anche la sua seconda chance per uscire alla grande nel mondo dell’alimentazione. Io personalmente, per la seconda bambina che sta per nascere, sceglierò l’alimentazione complementare a richiesta (insomma, lascerò che sia lei a scegliere).
– Le pappe non sono il male assoluto, certo molti di noi che ci troviamo su questo blog e scriviamo su questo forum siamo per l’approccio che qui viene messo in evidenza. Se però è vero che il cibo solido è meno pericoloso del semiliquido allora è una ragione in più per preferirlo.
– un appunto, invece. I tempi del bambino non vanno di pari passo ai tempi dell’adulto. Il concetto è esattamente l’opposto. L’adulto deve riconoscere i vari step dei tempi del bambino. Semplicemente perchè lo sviluppo del bambino segue un percorso tutto suo e non lo può decidere a priori il genitore, esattamente come non dovrebbe decidere a priori se il bambino è pronto per mangiare oppure no. Credo che se anche la pediatria sta facendo un passo indietro in queste affermazioni forse ci si sta accorgendo di qualche cosa…
Perciò ok se un genitore vuole fare le pappe per suo figlio ma che sia almeno rispettato il momento di richiesta del cibo e della quantità di cibo del bambino.
E per finire: accidenti, avevo visto gli stessi filmati e questa volta mi stampo anche il foglio di aiuto.
Mia figlia adora le nocciole e a me fanno una paura incredibile. Gliele do perché le adora e ad ognuna le dico: “fammi sentire bene lo sgranocchio” e lei lo ha preso un po’ come una abitudine. Le prende una per volta, mi guarda, le rompe con i molari e poi fa “croc”!
Valentina, un commento rapidissimo:
Indubbiamente, però l’esempio di cui parliamo è avvenuto a 19 mesi e fino a 15 il bambino ha mangiato pappe, e dalla descrizione data non credo si possa considerare un bambino autosvezzato.
Certo che no, ma uno dei punti salienti del post (e dei commenti che sono seguiti) è che scritto da nessuna parte (nel vero senso della parola) che siano meglio o che riducano i rischi relativi al soffocamento. Ovvero, non credo si possa trarre la conclusione che “dai le pappe, così stai tranquilla”.
ho un’amica, peraltro medico, che inizia ora a dare minibriciole al bambino di 10 mesi, per il resto tutto liquido. ma ha avuto lo shock di vedere il bimbo soffocare appena nato, con una settimana di ricovero, con il suo LATTE, non con una coscia di pollo. lei ora si “lamenta” che si soffoca a ogni briciola e io un po’ mi devo mordere la lingua per non dirle che se non gli dà un pezzo di pane, come dovrebbe imparare? però dopo un simile spavento, posso solo immaginare, non mi sento di biasimarla. non nel senso che condivido ma capisco.sicuramente il bimbo non mangerà papponi fino a 21 anni, peró di sto passo…
@FedeRiot Certo che un’esperienza così ti segna, ma se sei medico e lavori in ospedale, sai quanti bambini avrai visto che si sono rotti la testa perché scivolati ai genitori prima/durante il bagnetto o che quando imparavano camminare si sfracellavano cadendo (a noi è capitato che figlia 1 ha sbattuto la testa sullo spigolo dello zoccoletto, per fortuna senza conseguenze). Purtroppo gli incidenti accadono e ci prenderemmo in giro da soli se dicessimo che possiamo evitarli al 100%. Tu magari pensi a una cosa, ma te ne sfuggono altre 100. L’unica cosa che possiamo fare è vigilare e fare del nostro meglio 🙂
Posso anche dire a tutte le madri (e padri) che magari ci leggono che non mi è sembrato che qualcuno si scandalizzasse se un bambino mangia pappe e se, per fortuna, a differenza di molti altri, nonostante l’andamento artificioso di un percorso tanto anomalo per il mondo animale, non ha problemi poi a passare al cibo vero (se preferite classificarlo per adulti, chiamiamolo pure così anche se mi sembra il nome di un cibo ‘a luci rosse’ :)).
Tutt’altro: gli faccio i complimenti per non essere rimasto segnato negativamente da questa metodologia. Ce ne sono tantissimi che rispondono benissimo allo svezzamento ideologico-medico’posologico detto ‘classico’. Purtroppo moltissimi altri vengono invece ostacolati da questa stranezza per lo più italiana nella normale e potenzialmente spontanea costruzione di un sano rapporto con il cibo.
(fra cui il mio primo figlio appena ripreso ‘per i capelli’ grazie alla ventata AS portata insieme ad un nuovo fratellino!)
Questo ha fatto riflettere alcuni medici fra cui anche Piermarini.
Ok, Gekina, ho capito il tuo punto di vista.
Inutile dire che è completamente diverso dal mio e anche i riferimenti scientifici a cui facciamo capo.
Io preferisco seguire il movimento di rinnovamento all’interno della scienza medica che torna a fare il suo lavoro di ‘scienza’ alla lettera (vedi l’epistemologia di Popper) recuperando il dato oggettivo del fenomeno naturale.
I metodi nuovi e tecnologicamente avanzati oggi a disposizione, permettono di studiarlo e conoscerlo in modo più approfondito e realistico di quanto sia stato possibile in passato finendo col perdersi dentro le sovrastrutture ‘ideologiche’ createsi in decenni intorno all’infanzia.
Caso piuttosto unico, reso possibile anche per il fatto che il neonato non parla e non ci smentisce.
È questo che s’intende per EBM, il recupero di un’interpretazione più aderente alla realtà effettiva del fenomeno da studiare. Non è qualcosa di meno scientifico, ma più aggiornato e scientificamente valido, semmai
Da una conoscenza più approfondita (della fisiologia, ad es) riparte per giungere con rigoroso metodo scientifico (e stavolta con premesse non ipotizzate, ma attentamente osservate con metodologie più consone) ad arricchire, non ad annullare, la conoscenza dei veri meccanismi che regolano le diverse fasi dell’evoluzione dell’essere umano da embrione a adulto.
Se un passo indietro si sta facendo, si fa in modo epistemologicamente corretto perché presupposto del buon progresso della scienza è non smettere mai di cercare di smentire (falsificare) ogni teoria per metterla alla prova.
E questo proprio perché aumenta sempre nel tempo la nostra capacità di conoscere i dati di fatto, cosicché progresso si ha quando di teorie che sembravano adeguate prima degli ‘aggiornamenti’, si riesce a trovare il punto debole permettendo, così, di riformularne di nuove che risultino più aderenti ai fatti.
Ecco: è questa la scienza che mi interessa.
È questa che interessa all’umanità.
Preferendo di dar fiducia alla vecchia idea che lo stomaco del bambino una volta maturo non sia in grado di digerire il salame (ma se è maturo, se è pronto per passare ai solidi, perché mai? Forse esiste l’enzima “della digestione del salame”?) quando l’intera ricerca non di parte (contrariamente a quella pagata dall’industria alimentare per l’infanzia) ha scoperto che così non è, si fa una scelta di fede, ideologica, che rispetto, ma che scientificamente non posso condividere.
Il fatto che sia meglio evitare il salame (che non è certo l’alimento ideale neanche per un adulto) fa parte solo del buon senso richiesto ad ogni madre: preferire alimenti sani e meglio digeribili, almeno nella quotidianità, per l’intera famiglia.
gloria i bambini sono portatori di handicap.
Fai un esperimento. Prendi tuo figlio di due anni e lascialo da solo a casa per 10 minuti….
Lo faresti? No! Perchè cu sono buone possibilità che nella migliore delle ipotesi si faccia molto male.
Non capisco perchè ci si debba scandalizzare se un bambino mangia pappette e gradualmente passa al cibo per adulti. I bambini sono diversi dagli adulti.
Per esempio hanno il fegato ancora in formazione. Un bambino non può bere alcolici… il fegato non glielo permetterebbe.
Hanno uno stomaco abituato al latte. Non riuscirebbero mai a digerire la finocchiona come fate voi.
I tempi naturali dei bambini mi fanno venire l’ortic aria perchè semplicemente non si potranno conoscere mai.
I tempi dei bambini viaggiano insieme a quelli delgi adlti che lo accudiscono, mi sembra ovvio.
NON concordo: riguardo al lasciare i bambini soli e’ anche un fatto culturale. Dei miei amici hanno lasciato il figlio di meno di due anni che dormiva solo in casa, con il babyphone connesso con la vicina. A me preoccuperebbe il fatto che non trovando persone in casa si angosci, pero’ ho scoperto che non e’ una verita’ universale.
I “tempi naturali dei bambini” presuppongono appunto che nessuno li conosca, o meglio che nessuno conosca i tempi di “quel” bambino in quella condizione, e l’adulto non puo’ che adeguarsi, tanto se l’evoluzione non e’ maturata, c’e’ poco che possa fare per cambiare le cose.
Credo che intendesse dire durante il giorno, più che quando dorme… E poi se c’è il baby monitor non è davvero da solo…
Forse un paragone più calzante è chiedersi, ad esempio, a che età manderesti tuo figlio a scuola da solo. Quando io ero piccolo, quando Berta filava, era normale che bambini di seconda terza elementare andassero a da soli e io mi risentivo tantissimo che dovevo aspettare mio fratello grande che mi venisse a prendere (per la strada… che senso avesse e che sicurezza dovesse dare non lo sapevo allora e non lo so adesso 🙂 ). Se non sbaglio sono andato da solo verso i 10 anni quando era partito per il militare (ma forse ce l’ho fatta anche un po’ prima….).
Ora non credo proprio che sarebbe pensabile per un bambino così piccolo di fare il tragitto da solo. Di recente leggevo sul giornale di un genitore denunciato perché aveva fatto andare i figli di 5 e 8 anni a prendere lo scuola bus (dietro l’angolo a circa 300 m da casa) da soli.
al volo.
Tralasciando il rispetto dei tempi naturali del bambino (che mi fanno venire l’orticaria), credo semplicemente che si può benissimo tirare su un pargolo a pezzi grossi e pappe.
Mio figlio ha rischiato di soffocare attorno ai 19 mesi ed era abituato a mangiare pezzi di cariota, carne a tocchetti, formaggio, pasta ecc… ma la mela, la mela per lui (e per me) è sempre stata un incubo.
Sempre data a spicchi grossi. Il primo episodio però è nato con una macedonia del ristorante. Il secondo episodio con un quarto di mela al parco.
Posso assicurare che vedere vostro figlio soffocare (prima rosso, poi viola quasi blu, occhi fuori dalle orbite) non è un bel vedere. Non si ha sempre la prontezza di spirito per sistemarlo sulle gambe, contare le volte che gli battete sulla schiena ecc…
Se siete presi dal panico che fate? Prenderlo per i piedi è sicuramente meglio che non fare nulla.
Del post non trovo nulla da ridire tranne quelal nota finale. A me personalmente non piacciono i consigli conditi da riferimenti a ebm scritti dopo una ricerca su internet.
Sarebbe molto più interessante sentire il parere di un Pronto Soccorso pediatrico (dove spesso finiscono i bambini che stanno soffocando) e sentire cosa consiglaino loro.
Il pediatra del PS di Venezia ha risposto a una mia domanda ben precisa. E cioè questa:
“Dottore mentre mio figlio soffocava non ho saputo far altro che stare immobile e mormorare aiuto – mormorare notate, non gridare – e se dovesse succedere ancora?”
E lui mi ha detto che è normale, che non sempre si riesce a mantenere la mente lucida quando vedete vostro figlio in quegli stati… e mi ha dato un consiglio pratico. Se non sono in grado di fare quello che consiglia la croce rossa faccia così… Tanto strano?
e perché mai ‘il rispetto dei tempi naturali del bambino’ dovrebbe far venire l’orticaria?
No, affatto strano.
Devo dire che la nota finale di cui parli sono stata fino all’ultimo molto tentata di cancellarla (e ancora lo sono, anzi forse lo farò e questi commenti risulteranno incomprensibili a chi passerà di qua in futuro!), non tanto perché si tratta di un mio parere personale – che comunque nasce da una constatazione e non viceversa – ma perché forse salto a conclusioni affrettate. Però mi parrebbe notevole scoprire che non ci sono motivi strettamente anatomici per cui un bambino debba essere trattato come un ‘portatore di handicap’.
Ci penso su, e mi scuso preventivamente con chi leggendo non capirà un tubo di quello di cui sto parlando 🙂
Gloria,
togliere quella nota sarebbe peggio.
Credo che sia importante per chi legge capire che sono tue opinioni.
Vedi il problema è che la gente tende a prendere le ebm come Vangelo.
Personalmente credo che statisticamente al Pronto Soccorso finiscono più facilmente bambini al di sotto dei 3 anni che non adulti.
In effetti fino a quell’età i bimbi tendono a ingurgitare tutto. O a inserirsi di tutto.
La figlia di una mia amica è finita in ospedale perchè era riuscita a inserirsi un pisello congelato su per il naso. Credo che statisticamente sia più facile per un bambino cimentarsi in un’impresa simile che non un adulto 🙂
Idem per la questione mela…. per esempio al nido di mio filglio c’era tutta la frutta di stagione, tranne la mela.
La mela ha una texture (per usare un termine vostro) che può provocare soffocamento nei bambini. Negli adulti è assai raro. Ora non chiedetemi perchè….
Comunque è vero, ci sono anche molti bambini che pur iniziando e andando avanti per molto tempo con frullati e pappe (industriali o no) poi non hanno problemi a mangiare altro.
Ma il fatto è e lo sottolineo, che ci riescono NONOSTANTE noi genitori, con la connivenza di pediatri e svezzamento convenzione, abbiamo cercato in tutti i modi di deviare il corso naturale del loro sviluppo seguendo impostazioni ideologiche dello strano e malinteso svezzamento da malati.
Insomma, a me non pare comunque bello che per generazioni siamo state spinte ad usare sistemi che rispondono a logiche mediche o di presunta comodità (sorvoliamo su quelle industriali, ovvie) piuttosto che quelli che, più naturali, consentono di semplificare invece che rischiare di renderlo sempre più ‘artificioso’, il percorso dei cuccioli umani verso il cibo vero!
vabbè questa storia della naturalità lascia il tempo che trova. cosa è per te “naturale”? è naturale preparare una frittata o un piatto di pasta? il fatto di iniziare gradualmente con il cibo non ha niente di sbagliato, è sul gradualmente (e su quanto questa gradualità debba durare nel tempo) che non abbiamo tutti la stessa opinione.
Vado di corsissima, per cui devo essere brevissimo.
Se per il te il termine “naturale” ha echi negativi, allora forse preferisci il termine “spontaneo”.
Sulla gradualità, faccio riferimento al mio post “svezzamento orizzontale o verticale”. Se lo svezzamento avviene “spontaneamente” non ha molto senso proccuparsi di questo o di quello… soprattutto perché all’inizio si parla di dosi omeopatiche 🙂
Vedo di continuare stasera.
Insomma! Mica tanto!
Che un piatto di pasta o una frittata non sian cibi grezzi, ma lavorati e non ‘naturali’ in questo senso credo siamo tutti d’accordo.
Ma la naturalezza che preme all’AS è quella degli istinti che spingono e muovono l’essere umano verso fasi di competenza maggiore nella soddisfazione dei propri bisogni, cioè all’apprendimento tout court.
Se in un bambino deve formarsi da 0 un nuovo bisogno, e cioè quello di nutrirsi con cose per lui sconosciute e mai individuate con il concetto ‘cibo’ perchè per lui il nutrimento si chiama ‘latte’ l’unico modo psicologicamente e pedagogicamente ‘naturale’ perché ci possa arrivare gradualmente è seguendo per curiosità gesti per lui solo ‘divertenti’ con oggetti cibo e non solo ‘attraenti’ visivamente e cercando di imitarli.
E allora non sarebbe bene negargli l’accesso ad essi.
Se proprio necessario stagliuzziamogliene davanti agli occhi un pezzetto perché abbia occasione di capire che si tratta sempre dello stesso ‘oggetto’ e se vorrà lo troverà più facile da gestire in bocca…..se e quando deciderà che vuole metterlo in bocca!
Certo, si può cercare invece di avvicinarli con cibi semiliquidi simil latte e sperando che li creda un latte da un sapore solo un po’ strano e che non li odi.
Possiamo passargli tutto esponendolo alle stesse logiche dello svezzamento tradizionale secondo cui il mangiare nel cucciolo umano non viene accettato di buon grado perché tendenzialmente mangerebbe latte ad vitam (assurdo!) e quindi affamiamolo negandoglielo così alla fine qualunque cosa (per lui non cibo e neppure divertente come un gioco) gli finirà nello stomaco l’accetterà e si arrenderà a quest nuova modalità.
Voglio dire che la logica di quello svezzamento è questa, non che le madri lo facciano consapevolmente, anzi (io per prima nel mio primo svezzamento).
Il fatto di frullare e dargli noi cibo scegliendolo e proponendolo noi ‘a gradi’ inizialmente, pur se nel farlo non seguiamo anche il teorema delle ricettine e delle tabelle, è comunque solo una nostra esigenza dovuta a nostre paure indotte e amplificate dalla società attuale da cui fatichiamo a sganciarci.
Il fatto è che ce l’hanno fatto interiorizzare come ‘bene del bambino così come l’abituarlo al cucchiaino, così come il lasciarlo piangere nel lettino perché abbandoni la speranza geneticamente stampata nella sua natura di cucciolo che la mamma andrà a rassicurarlo perché smetta di cercarla.
Invece non sono sue esigenze, ma esigenze degli adulti.
Parlo di naturalità come esigenza della psiche del bambino di seguire percorsi mentali che si avvierebbero sempre spontaneamente se non li inibissimo noi adulti, chiamiamola pure spontaneità.
l’insomma, mica tanto era in risposta a Cosmic.
Io invece ho dovuto assitere a due episodi di soffocamento di mio figlio. Il primo da pronto soccorso che solo per la bontà della sorte (eravamo in un ristorante a due minuti a piedi dall’ospedale e le nostre vicine di tavolo erano infermiere canadesi in vacanza) non è finito nella maniera peggiore. Il secondo al parco qualche mese dopo (e lì sono intervenuta io).
Personalmente la prima volta sono stata sopraffatta dal panico. Non ero in grado di fare assolutamente nulla.
Il pediatra del pronto soccorso mi ha spiegato che i bambini hanno una caritide grande come un m ignolo, che a volte basta un pessettino minuscolo per creare l’emergenza.
E infatti è meglio dare pezzi grossi che il bambino può masticare piuttosto che ridurre tutto a minuscoli tocchetti.
Inoltre la respirazione del bambino piccolo spesso è ancora orale. Mangiare e respirare contemporaneamnete può provocare sofofcamento con pezzi piccoli (scusate non sono medico e vado a memoria di quanto mi hanno detto al Pronto Soccorso).
IL secondo episodio di soffocamento c’è stato sempre per colpa della mela (la mela per consistenza è tremenda). Il pediatra mi aveva consigliato di studiare sì le manovre di disostruzione… ma dato che nell’emergenza non sei sempre lucida… mi ha detto di prendere il bambino per i piedi, di battere sulal schiena e aspettare che tossisca e pianga (se piange vuol dire che può respirare).
E vi assicuro che mai consiglio fu più saggio. La seconda volta c’è stato il panico… ma ho afferrato mio figlio per i piedi e l’ho battuto come un tappeto 🙂 E tutto si è risolto per il meglio.
COncludo che fino all’età di due anni e mezzo non gli ho mai dato mele a pezzi interi, carote e finocchi se non grattuggiati. Oggi mio figlio si sgranocchia le carote come fosse un coniglio, ama le mele (le mangia intere con la buccia) e il finocchio lo usa come cucchiaino quando faccio il gaspacho.
Ma fino a due tre anni del pupo io sono rimasta traumatizzata da quei due episodi. Eppure mio figlio, pur ricevendo fino ai tre anni verdure crude sminuzzate in poltiglia, oggi mangia forse più dei suoi coetanei. E soprattutto TUTTO. AGlio e cipolle crude comprese.
E sì che è andato avanti a pappette fino al primo an no e mezzo di vita….
Gekia, noto una contraddizione fra l’affermazione corretta del pediatraa che è meglio dare pezzi grossi (anche perchè il bambino impara più facilmente a gestirli) e la soluzione di dare tutto grattugiato.
Sai che per il discorso della respirazione orale quello che più facilmente finisce nelle vie aeree sono i liquidi e semiliquidi addirittura?
Inoltre circa il primo anno c’è un riflesso, quello del vomito in rispposta a possibili bocconi invadenti che col tempo tende a scomparire e succede dopo il primo anno circa perché la natura ‘suppone’ che il bambino abbia imparato a mangiare e a gestire i pezzi.
Più si va avanti ad inserirli e più si rischia perché al bambino non è stato permesso di sperimentarli e diminuendo fino a sparire questa ‘misura di sicurezza’ naturale dovrà imparare da 0 e con maggior rischi.
Non ricordo dove l’ho letto ma mi sembra che i rischi di soffocamento da pezzi aumenta sui 3 anni.
Senza contare che dall’anno in poi i bambini tendono a rifiutare sempre più le novità alimentari, soprattutto se non hanno appreso il vero gusto della sperimentazione, e non solo rispetto ai sapori, ma anche le consistenze!
Linda, il riflesso di cui parli tu è il riflesso faringeo di cui blatero per tutto il post 😀
Oh ciellllllo!
Scusa Gloria, stavo seguendo anche un’altra situazione su qusto tipo di argomento e credo di essermi disorientata: non sapevo più dove stavo scrivendo cosa! Sorry! 😀
Sono momenti tremendi, da non augurare manco al peggior nemico…
E’ vero, la mela è tremenda… La maniera più sicura che ho trovato, a casa mia, è intera o a spicchi da raschiare con i dentini!
Ed è anche vero che ci sono moltissimi bambini che non hanno avuto alcun problema a passare dai cibi omogeneizzati al cibo “da grandi”, un po’ – credo – per il buon senso dei genitori che hanno saputo promuovere il passaggio in maniera intelligente, un po’ per la buona disposizione del piccolo, chi lo sa. Ma poi ce ne sono anche tantissimi che fanno fatica.
Sarebbe interessante sapere quanto aveva tuo figlio e se era abituato alle pappe e si è trovato con la mela da sgranocchiare come una novità che quindi non ha saputo gestire, oppure se mangiava già a pezzetti o altro; se è vero – come io personalmente credo – che, con le dovute cautele, prima iniziano a masticare e più il rischio di soffocare si allontana, passare attraverso le pappe non è una buona idea (soprattutto se si comincia troppo presto).
Mi colpisce quello che ti ha detto il medico del pronto soccorso, perché io so proprio il contrario, cioè che i bambini respirano di preferenza con il naso (vedi bisogno di impegnare la bocca con la poppata) e anche che è rischioso prendere i bambini per piedi, ma adesso non riesco a trovare dove l’ho letto…
Ciao Gekina e agli altri,
Rispondo per praticità qui senza spezzettare tutto in commenti più piccoli.
Il problema di fondo è che sull’argomento la ricerca (che siamo riusciti a trovare) è molto limitata e si va avanti con quello che gli inglesi chiamano “anecdotal evidence”, ovvero l’esperienza che terzi hanno sull’argomento.
Come se ciò non bastasse dobbiamo parlare di “valutazione del rischio” e come si fa a minimizzarlo (NON azzerarlo, che è impossibile).
A mio avviso il punto chiave del post è dove si cita l’articolo americano dove si dice che il riflesso faringeo comincia a diminuire verso i 6 mesi e che dai 6 ai 9 mesi si minimizza la possibilità che il cibo venga aspirato. Sembrerebbe proprio questo la “finestra di opportunità” che la Rapley cita tanto e fa sì che iniziando lo svezzamento quando IL BAMBINO è pronto si diminuiscono i rischi e al tempo stesso si possono introdurre i “solidi” sin da subito con tutti i vantaggi che ne conseguono.
Chiaramente il libro della Rapely altro non è che “anectodal evidence” e non un articolo scientifico, ma di meglio in circolazione non c’è.
C’è anche da chiedersi quale sia l’approccio più sicuro… è giusto affermare che frullare sia davvero più sicuro di dare i pezzi, nel senso che se frulli “non ti sbagli”? Non sono convinto di ciò e da nessuna parte ho trovato scritto che si consiglia di frullare il cibo (parlo delle raccomandazioni generali fatte dai vari organismi internazionali). Ad esempio, nel Regno Unito hanno cambiato anche le direttive locali e non si consiglia più di frullare, ma semplicemente di schiacciare, anche all’inizio.
A naso mi verrebbe da dire che il cibo frullato può essere molto più facilmente aspirato… basta pensare quanto più spesso accade che un bicchiere d’acqua vada di traverso, piuttosto che un boccone di cibo solido.
Un’ultima considerazione sulla valutazione del rischio… mi domando cosa sia più pericoloso un bambino che impara a camminare e sbatte la testa, letteralmente, a ogni pie’ sospinto o uno che comincia a masticare… Una volta siamo finiti al pronto soccorso perché nostra figlia grande aveva battuto la testa (che poi non era niente), ma non abbiamo mai avuto problemi con la masticazione.
Ci sono attività che, a livello personale e totalmente soggettivo, ci sembrano più pericolose, ma lo sono davvero? A cosa dobbiamo stare più attenti dato che non possiamo stare attenti a tutto? Boh…
Scusate il commento fiume 🙂
secondo me comunque è buon senso iniziare gradualmente. non gli metto in mano un pezzo di mela come prima esperienza di cibo. magari inizio piano piano con cose morbide spezzettate… e quando vedo che le sa gestire “aumento al difficoltà”. visto che hai citato il camminare come paragone, i bambini iniziano a fare i primi passetti dando la manina ai genitori, o comunque agli adulti, poi piano piano si lasciano da soli. e gli si sta sempre vicino, si cerca di coprire gli spigoli, di togliere dalla loro portata cose pericolose o che si possono rompere, ecc. certo poi ci sono quelli che gli comprano il casco (l’ho visto nei cataloghi quindi qualcuno che lo compra esiste sennò non li venderebbero) o li tengono legati al passeggino, e quelli che li mandano allo sbaraglio e poi finiscono al pronto soccorso. come sempre il giusto è nel mezzo no?
O quelli che li “mandano allo sbaraglio” e NON finiscono al pronto soccorso 🙂
Ciao! Io leggo solo ora, ma ritengo importante intervenire comunque. Felice che entrambi gli episodi si siano conclusi senza conseguenze. Mi sento di dissentire però dal consiglio dato dal pediatra, ovvero di prendere il bambino per i piedi e batterlo. Ho fatto recentemente il corso di disostruzione e sono stati molto chiari nel dire che una manovra di questo tipo è molto pericolosa (soprattutto se il bambino è molto piccolo) perchè c’è il rischio di provocare una lesione a livello cervicale (tetraparesi per intendenrci). Per fortuna a te è andata bene, però è giusto sapere che l’unica manovra efficace e non rischiosa è quella appunto che viene insegnata ai corsi. è molto semplice e consiglio a tutti di partecipare a uno di questi corsi.
Molto importante la prevenzione: non solo sulla modalità di tagliare i pezzetti di cibo (assolutamente non frullare tutto, ma tagliare in modo adeguato) e evitare che il bambino faccia altro mentre mangia (tipo giocare o saltare sul divano), prima causa di ostruzione delle vie aeree in età pediatrica.
Per quel che riguarda le manovre di disostruzione ce le ho attaccate alla lavagnetta in cucina anche se spero vivamente di non usarle mai!
Purtroppo molti genitori sono convinti che i loro figli si possano strozzare anche con un semplice chicco di riso…mia mamma un giorno mi disse di stare attenta con il riso perchè troppo grosso per la gola della bambina e che sarebbe stato meglio darle quello specifico (avete capito vero??) perchè si scioglie in bocca! un giorno stavo allungando un pisellino a mio nipote uff non l’avessi mai fatto o spiaccicato o nulla se no si strozza.
Ho cercato di spiegare diverse volte il riflesso ma sono stata sempre gurdata come un’alieno e ogni tanto mi chiedo come è possibile che mia figlia non si sia mai strozzata? 😉
Io credo che vada fatta la distinzione tra ostruzione delle vie aeree e qualcosa che si incastra nelle gola.
Sia il chicco di riso che il pisello sono potenzialmente un rischio se il meccanismo respirazione-deglutizione non funziona per qualsiasi motivo. Non mi voglio sbilanciare su questo punto, devo approfondire, vediamo se riesco a fare luce su questo punto.
Si ma così tutto potrebbe essere potenzialmente rischioso per questo comunque bisogna stare vigili. Ma da qui a dire che un chicco di riso è troppo grande per passare attraverso la gola del bambino ce ne passa.
Verissimo :-)))
scusate mi era partito il commento ma non avevo finito. dicevo che mostrarsi tesi e magari ficcare le dita in gola a un bambino che mette del cibo in bocca è frustrante per lui e non gli fa vivere in maniera serena l’approccio con il cibo. del resto a lungo andare un atteggiamento ansioso nei confronti dell’alimentazione può scatenare meccanismi di ricatto da parte del bambino, che userà il cibo per mettere alla prova la resistenza dei genitori. conosco un bambino che si faceva frullare tutto fino a 4-5 anni perchè ogni volta che metteva in bocca qualcosa gli venivano conati di vomito. evidentemente la mamma è sbiancata al primo conato del bambino e lui ha capito che così poteva ricattarla. infatti la pizza la mangiava, a scuola mangiava, a casa no. direi che di momenti di sfida e capricci dai nostri figli ne abbiamo a bizzeffe, dovremmo evitare che la cosa sconfini anche nel cibo (lo stesso vale x quei bambini che vengono rincorsi per tutta casa con la forchetta purchè mangino, ma questo è un altro argomento). la mia esperienza comunque è che prima vanno all’asilo, e meglio è. lì le paranoie dei genitori non ci sono, a 1 anno si mangia tutti insieme, da soli, e si mangia quello che c’è a tavola senza capricci.
Ciao Cosmic, grazie 🙂
Raccontando del bambino di 4-5 anni che aveva conati di vomito mi hai ricordato una cosa che trovato cercando qui e là per l’articolo: tra UK e USA ho trovato molti racconti di genitori e diversi accenni al fatto che ci sarebbero bambini con un riflesso faringeo più sviluppato e sensibile di altri, da cui la difficoltà ad avere a che fare con pezzetti e la tendenza a rigettare ecc. Non ho approfondito, ma devo dire che la cosa mi trova un po’ scettica perché non metto in dubbio che ci siano sensibilità diverse di individuo in individuo, ma secondo me questa tendenza a “non accettare i pezzi” è la conseguenza di un’abitudine a deglutire in una certa maniera, di avere un determinato approccio nel senso fisico-meccanico al cibo e, in età più avanzata, di una complessa rete di piccoli o grandi intrecci psicologici.
In Italia, poi, ho sempre e solo sentito parlare di “abituarsi ai pezzi” che è ben diverso da “ha un riflesso faringeo troppo sensibile e vomita tutto”.
Dovrò indagare questo punto 🙂
no ma io non penso che quel bambino avesse un riflesso faringeo… quello aveva solo capito come raggirarsi la madre a suo piacimento! era tutta scena che faceva perchè aveva capito che quella era una debolezza della sua mamma. tant’è che se c’era da mangiare qualcosa che gli piaceva, come la pizza, pare che la mangiasse senza conati.
un articolo molto bello. guarderò il video consigliato sulla manovra di disostruzione pediatrica, che vorrei tanto imparare. secondo me è molto importante che un genitore si mostri rilassato