Ecco alcuni esempi di affermazioni che ho trovato su altri forum girovagando in rete:
“Io faccio autosvezzamento, per cui do tutto a mio figlio”
“Ah, se lo avessi saputo avrei fatto autosvezzamento, così non avrei perso tempo con gli schemi di svezzamento”
“Con l’autosvezzamento posso dare tutto”
Frasi come queste (e che leggo spesso qui e là) non hanno senso poiché è vero il contrario.
Non do tutto a mio figlio perché faccio autosvezzamento, MA FACCIO AUTOSVEZZAMENTO PERCHÉ POSSO DARE TUTTO AL MIO BAMBINO
La differenza è chiaramente sostanziale e non è un semplice puntiglio in quanto quello che cambia è il rapporto causa-effetto.
Paola: “Sto seguendo questo schema, ma mi trovo proprio male…”
Francesca: “Allora fai autosvezzamento, così puoi dare tutto!”
Leggendo in rete vedo che in molti credono, come l’ipotetica Francesca, che l’autosvezzamento sia solo un metodo “magico” che ti consente di svincolarti dalle tabelle d’introduzione degli alimenti: “faccio autosvezzamento, quindi non seguo uno schema”. Questo discorso è privo di logica in quanto i concetti di “schema di svezzamento” e di “autosvezzamento” sono completamente svincolati tra di loro. Infatti non seguire uno schema non significa necessariamente fare autosvezzamento, così come si può fare autosvezzamento anche seguendo uno schema (per motivi vari quali allergie, particolari diete di famiglia, ecc… nonostante non sia la norma né, allo stato attuale delle nostre conoscenze, necessario).
Abbiamo già discusso il fatto che esistono molti schemi di svezzamento e si è detto
se questi schemi avessero un minimo di fondamento sarebbero più uniformi tra loro. Tra l’altro non dimentichiamoci che basta andare all’estero e si scopriranno schemi completamente diversi o, in molti casi, un’assenza totale di schema.
Quest’affermazione è vera (o, se volete, falsa) indipendentemente dall’approccio scelto per lo svezzamento; in altre parole, non c’è davvero bisogno di seguire (o, se volete, è assolutamente indispensabile) un determinato calendario di introduzione degli alimenti, indipendentemente dal fatto che il bambino si autosvezzi o si vada avanti a pappe.
Il menù prescelto per il bambino non c’entra niente.
Ma allora che cosa vuol dire fare autosvezzamento? Un buon punto di partenza è rispondere alle seguenti domande:
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Chi decide quando il bambino deve passare ai solidi?
Ricordiamo che l’autosvezzamento è un processo orizzontale, non verticale, per cui tutte le poppate vengono piano piano sostituite dal cibo solido, non vengono eliminate una per volta più o meno all’improvviso e arbitrariamente.
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Chi decide che cosa deve mangiare il bambino?
Dato che non c’è uno schema d’introduzione degli alimenti e siccome, soprattutto all’inizio, gli assaggi sono minuscoli, è il bambino a scegliere (ecco la richiesta) cosa mangiare dalla tavola condivisa con i genitori (dando magari anche cibo indiano, come suggerito nella figura in alto; dopo tutto in India come fanno?).
In conclusione, l’autosvezzamento non si identifica con il menù o con la mancanza di schemi di svezzamento, ma esclusivamente con l’atteggiamento che i genitori hanno nei confronti del bambino e della sua competenza.
Se poi volete approfondire ulteriormente, vedete questo video sulle regole e gli schemi dello svezzamento.
Riprendo un commento di Ada perché è un cruccio che ho anche io e mi piacerebbe sentire altri pareri. Vorrei tanto fare AS, ma ho due problemi di fronte: il primo è che purtroppo per lavoro devo riprendere ad andare alcuni giorni fuori città, quindi non posso allattare (avrei tanto preferito di no, ma per tante ragioni ho scelto di fare così); il secondo, che un problema non è!, è che mio figlio dimostra di essere stanco dell’allattamento, molte volte mangia da me in modo svogliato, di solito vuole essere allattato solo in momenti “coccola” (a cena e con una poppata notturna o mattutina). All’inizio ho provato a lasciarlo mangiare da solo, ma si irritava tremendamente perché era inefficiente e chiedeva di essere imboccato, anche ora se gli do del cibo in mano spesso non lo afferra ma spalanca la bocca chiedendo di aiutarlo a mangiare. Conclusione: mangiamo tutti insieme quello che preparo per tutti e lui viene imboccato; frullo poco, quello che frullo per noi (siamo amanti di vellutate e minestre), per il resto spezzetto (ad esempio ieri abbiamo mangiato il sampietro con le carote, ho pulito attentamente il suo dalle lische e fatto le carote a pezzettini). Non lo forzo mai a mangiare, se chiede di più glielo do, se chiede di mangiare da solo lo lascio, se indica che vuole quello che c’è nel nostro piatto glielo do (anche se è identico a quello che sta mangiando, magari solo non tagliato), quando taglio i cibi lo faccio di fronte a lui, in modo che impari a riconoscere ciò che mangia (e credetemi, sa perfettamente come sia fatta una banana o una pera, appena la afferro spalanca la bocca!), nomino sempre quello che sta mangiando e se “cuciniamo” insieme, gli faccio vedere anche i cibi prima di essere cotti. Se mangiare diventa un dramma (di rado, ma succede) e capisco che vuole una coccola, lo attacco al seno e di solito in quei casi poi chiede di essere rimesso a tavola e di mangiare! Che ne dite? Non so se possa chiamarsi AS (e chissene), ma mi sembra che mio figlio sia sereno. Altre esperienze simili?