Se avete intenzione di leggere solo UN articolo sull’autosvezzamento, assicuratevi che sia questo. Non perché riveli chissà quale segreto o fornisca chissà quale suggerimento, ma perché offre la chiave di lettura per garantire che abbiamo DAVVERO capito cosa sia l’autosvezzamento in 2 parole.
Buona lettura.
Quanto sto per scrivere me l’ha insegnato nel tempo mio figlio: è dalla sua quotidiana osservazione che ho imparato a fidarmi delle sue competenze innate ed istintive.
All’epoca in cui ho cominciato l’avventura dell’autosvezzamento ero ben informata grazie a letture e forum e in teoria sapevo come procedere, ma ora mi rendo conto che non avevo compreso appieno gli aspetti che cercherò di esporre perché ero troppo condizionata da una visione dei bambini come tabulae rasae da plasmare in toto. Col senno di poi mi rendo conto che non è così assurdo pensare che un poppante sia più competente di noi su alcuni aspetti, perché la sua è una competenza istintiva, connaturata nel suo stesso corpo e non ostacolata da sovrastrutture culturali.
Spesso ho l’impressione che le mamme che si accingono allo svezzamento del figlio si aspettino che esso debba concludersi ad x mesi (il più delle volte con x<9); il fatto che sia tutto così rigidamente dettato dalle tabelle pediatriche fa sì che credano si debba seguire un ruolino di marcia; in una società che vive di uno stile di vita concitato si scandiscono anche ritmi che dovrebbero essere dettati solo dalla natura e dall’istinto.
Per quanto riguarda il gattonare, la lallazione, il camminare, il parlare, ecc, abbiamo meno difficoltà ad ammettere che il bambino si sviluppi secondo i suoi tempi entro macrointervalli. Per il cibo no… non riusciamo ad ammettere che anche per quello ogni bambino raggiungerà l’obiettivo, per cui la natura l’ha sapientemente ed esattamente progettato in millenni di evoluzione, con i suoi tempi… vogliamo dettare noi il ritmo.
Ed ecco allora che alcune mamme sono disposte a “giocare sporco” pur di ottenere il risultato. Fino a 3 mesi prima erano assolutamente convinte che il bambino andasse abituato (io direi addestrato) al cucchiaino a 4 mesi con la mela grattugiata, che andassero inseriti i liofilizzati a 5 mesi e gli omogeneizzati a 6 e così via…
Ora, di fronte a un bimbo che reclama il suo bisogno di rispettare i suoi tempi, si ricordano di quelle “mamme freak” che avevano accennato a quella cosa strana di far mangiare il bambino con e come loro e si sentono disposte a buttarsi per questa strada alternativa perché tanto peggio di così non potrebbe andare, visto che “a 7 mesi suonati” devono ancora fare i conti con il faccino disgustato del loro bimbo che gira la testa da una parte di fronte al suo “buonissimo pappone”.
In pratica l’autosvezzamento visto come alternativa di ripiego, come ultima spiaggia pur di riuscire a svezzare sto bambino entro i famosi x mesi.
No, non è così che funziona.
Cos’è l’autosvezzamento in 2 parole
L’alimentazione complementare a richiesta è sì un’alternativa allo svezzamento a base di brodi vegetali ed omogeneizzati, ma non è un’alternativa a valle, cioè un’alternativa per raggiungere uno scopo. Molto probabilmente se il bambino non si sente pronto entro i famosi x mesi, non c’è metodologia che tenga per convincerlo e, anzi, ad insistere con un qualsiasi metodo si rischia di aumentare il suo diniego e il suo rifiuto per quest’attività a base di cucchiaini che non è più un bel gioco da fare con la mamma ma è la famosa tortura inferta a Baby dal boia* alle 12 in punto.
L’alimentazione complementare a richiesta è invece l’alternativa a monte.
Lo dice il nome stesso. Quel ”a richiesta” ci ricorda che il tutto parte da Baby. È lui che, quando si sente fisicamente pronto e psicofisicamente incuriosito, stabilisce di lasciarsi adescare da questa simpatica novità ed è sempre lui che stabilisce fino a quando limitarsi ad esplorare assaggiando e quand’è che il cibo non è più un gioco ma diventa una cosa seria da reclamare quando si ha fame.
Si tratta quindi di un ribaltamento di prospettiva.
Chi sa di essere pronto (e lo sa di un sapere atavico) è Baby, chi sa di aver fame è Baby, chi sa quanta fame ha è Baby, chi sa di quali principi nutritivi ha bisogno è sempre Baby. Non la mamma, non i pediatri, non le amiche della mamma e nemmeno le nonne, ai cui tempi forse è partita tutta questa standardizzazione e insensata medicalizzazione di una cosa vecchia come il mondo. Non c’è bisogno di una via di mezzo nello svezzamento; l’autosvezzamento non è un ripiego.
L’autosvezzamento in 2 parole (OK, sono 5) si può riassumere così:
Bisogna “solo” fidarsi di lui.
Tutti i post che esplorano la “via di mezzo” sono disponibili qui.
44 risposte
Per noi è’ stato e’ un incubo ogni pranzo e cena !!! Abbiamo iniziato con le pappe Giulia ne prendeva qualche cucchiaino poi basta pianti!!! Mi imbatto su internet sull’as ci proviamo sembra essere interessata…. ( Giulia ha 9 mesi e mezzo) adesso la mettiamo a tavola con noi gli propongo più o meno quello che mangiamo noi lei fa’ assaggino poi gioca con il cibo la lasciamo fare mah a volte nasce in me un senso di sconforto pensando di non essere in grado di farla mangiare!!! Tutti i figli degl’altri mangiano a detta loro!!! Noi siamo ancora con solo tetta si può dire!!! Ogni tanto gelato quello si che lo mangia tutto :-)!!! Però come dice l’articolo non si guarda sui passi fatti lei già cammina per casa attaccata al muro allora penso “non gli manca niente “sono solo le mie aspettative che devo mettere da parte!!! Grazie a tutti/e ed a Andrea
Idem come Nunzia…iniziato a 6 mesi…a nove mangiava già come noi!
Nunzia Esposito, indubbiamente per molti è così, ma purtroppo non per tutti. /A.
Io devo dire che sono stata molto fortunata con mia figlia, siamo partite con lo svezzamento tradizionale (io neanche sapevo dell’autosvezzamento) e dopo nemmeno un paio di mesi (nei quali angiava cmq di gusto) siamo passate all’as completo.. è stata lei stessa a chiedermelo ed è stato molto facile!!
hahahaha:D:D
Io a 6 mesi ho provato a preparare una pappa (era un riso con la zucca, cuocendo mooooooooolto il riso). Credevo ancora esistesse la via di mezzo (ingenua!). Ma quando mio figlio l’ha preso e l’ha lanciato ho capito che proprio non gli interessava e che avrei fatto meglio ad ascoltare lui. Per cui via le pappe, vai di tetta e quando ha iniziato a mostrare interesse LUI per quel che mangiavamo NOI abbiamo iniziato con gli assaggi (a 8 mesi suonati). Mai più preparato qualcosa apposta per lui e mai più provato a dargli niente. Per fortuna che abbiamo anche trovato una tata che era d’accordo con la nostra strada ed anche col rientro a lavoro non abbiamo avuto il minimo problema! Ringrazio mio figlio per avermi aperto immediatamente gli occhi/ j
Ciao Memina e benvenuta 🙂
Per rispondere alla tua domanda, innanzitutto bisogna sottolineare che l’idea che tu possa essere in controllo di quello che mangia tuo figlio è una mera illusione, a meno che non sei davvero fortunata. Metti caso che un giorno tuo figlio decida di non mangiare… e allora quella razione di nutriente x-y quando gliela dai? E se invece ne vuole di più, gli dici di no? E se mangia, ma poi magari non lo digerisce bene, per cui lo ritrovi nel pannolino?
Dare i “nutrienti” (parola che odio, in quanto fa sembrare tutto tanto più difficile di quello che non sia) nella quantità giusta non è poi così difficile in quanto il range non è certo così rigido come magari si è portati a credere leggendo le “ricettine” del pediatra e poi (e soprattutto) va visto quantomeno a medio termine. Non ha importanza se oggi e domani e dopodomani tuo figlio mangia solo carboidrati. I giorni successivi gli offrirai proteine o quello che è. Alla fin fine tu sei quella che prepara il menu e apparecchia la tavola per cui continuando sempre a variare, giocoforza il bambino (così come l’adulto) si troverà a mangiare un po’ di questo e un po’ di quello. Magari gli piacerà una cosa più di un’altra, ma non trovi che sia normale? L’importante è NON cambiare il menu perché sai che un cibo gli piace più di un altro, perché così sei più sicura che mangerà; quello sì che sarebbe un errore (se non altro educativo). Certo i bambini passano dei cicli durante i quali qualcosa che prima piaceva tantissimo, poi non piace più e viceversa, ma questo credo che durerà fino ai 18 anni:)
Non so se ho risposto alla tua domanda, ma se hai dubbi, chiedi pure:)
Mia figlia ha 3 mesi ma mi sto informando e preparando… Sono affascinata dall’AS, ma sono ovviamente moooolto intimorita. Per ora sono arrivata a leggere questo articolo, sicuramente leggero tutto il blog. Vi prego però di spiegarmi quando dite:
“Chi sa di essere pronto (e lo sa di un sapere atavico) è Baby, chi sa di aver fame è Baby, chi sa quanta fame ha è Baby, chi sa di quali principi nutritivi ha bisogno è sempre Baby.”
Questo credo sia il succo dell’AS, e io qui mi blocco, soprattutto sulle ultime parole. Voglio dire: io posso anche cucinare sano con un occhio sufficientemente attento alla piramide alimentare ma, se a mia figlia piacessero di più solo i carboidrati per dire, non può mangiare solo quelli, non può sapere lei che ha bisogno anche di altro…
Scusate ma io vorrei tanto chiarire questo punto, soprattutto per me e per convincermi definitivamente che l’AS sia la scelta giusta, per lei e per gli “altri”, che mica è poco…
Per quanto riguarda me: anche io ero assolutamente “preparata” dal punto di vista teorico, e concordo perfettamente con la tua analisi, ma ho scoperto che, tra teoria e pratica ci sono a volte differenze :-).
A volte, ammetto, ho giocato “sporco” ma presa soprattutto dall’ansia.
A parziale giustificazione: cosi’ come per la lallazione e il gattonare, e il camminare ci sono delle indicazioni di “massima” e si aspetta che la maturazione avvenga (molto piu’ con un secondo figlio che con un primo, con un primo hai molto piu’ l’ansia da prestazione) e poi c’e’ una “zona grigia” in cui si sovrappongono i bambini molto piu’ lenti della media e quelli in cui la lentezza nasconde una difficolta’ che non si risolvera’ da sola ma richiedera’ intervento “tecnico”. Barcamenarsi nella zona grigia e’ veramente difficile.
E come dice Linda: il contorno non aiuta….
Sì Alessandra, hai ragione, ma c’è anche da dire che i casi in cui c’è davvero bisogno di un intervento tecnico sono relativamente pochi (per cui prima di preoccuparsi ce ne corre). Inoltre sembra esserci una finestra molto più ampia entro cui è lecito (parola non scelta a caso) gattonare/camminare e parlare, mentre per il cibo (a sentire alcuni) hai 1-2 settimane di tempo per far accadere un sacco di cose e se così non è la vita di tuo figlio sarà segnata per sempre, ecc. ecc. per cui ecco l’ansia a mille, le preoccupazioni, le fate della pappa dietro l’angolo e chi più ne ha più ne metta.
“Barcamenarsi nella zona grigia e’ veramente difficile” solo quando c’è poca o scadente informazione.
Che il caso limite e’ raro lo so in parte, ma ho bisogno della catarsi perche’ mi sento in colpa :-).
Secondo me e’ importante solo definire bene la zona grigia a partire dalle giuste informazioni, in modo che sia sufficientemente piccola e invece, come dici, che sia sufficientemente grande la variabilita’ della zona in cui e’ tutto ok.
Senza contare, Andrea, che il fatto che quelli siano casi limite, lo sappiamo noi che siamogià smaliziate e alfabetizzate sul tema (e Alessandra sa quanto poi non basti neanche questo quando il contorno ‘laureato’ anche se maleaggiornato, vedi le critiche altrove di gechine varie) non te lo rende così certo).
Credimi,
se non hai la fortuna neanche di aver seguito per es un corso preparto ben orientato (e a me non bastò neppure questo a portarmi oltre la zona d’ombra indotta con insistenza dal ‘contorno’), ma, come molte mie conoscenti di elevato livello culturale che seguirono corsi presso rinomati pediatri di cui sopra, hai un mondo intorno che nasce, cresce e viene educato secondo sistemi standard, la presa di coscienza non è così facile.
Ci vorrebbe davvero un’ampia rivoluzione culturale che parta, ormai, dall’alto!
io ho avuto fortuna che mio figlio nel mangiare è stato veloce, si vede che aveva bisogno velocemente di integrare il latte (e su questo ho una mia teoria legata al tc…)
altrimenti forse mi sarei lasciata prendere dall’ansia anch’io
non a caso queste considerazioni mi sono venute ora che ha 19 mesi…
però è davvero assurdo che si lascino delle finestre più o meno ampie per concedere ad un bambino di lallare, gattonare, camminare, parlare con i suoi tempi, mentre questo non valga per lasciarlo approcciarsi al cibo solido con i ritmi dettati dalle sue esigenze/competenze
Erika: ti amo!
Che bella considerazione vissuta e testimoniata!
Sono d’accordo su tutto!
Voglio aggiungere, a scanso d’equivoci, che il ‘essere disposte a giocare sporco’ non significa che lo si faccia con la consapevolezza di farlo.
Questo ‘giocare sporco’ di fatto, purtroppo, sembra a noi mamme, prima di prenderne coscienza, un fare-quello-che-è-giusto-fare per il bene del bambino. Quello che consigliano fior fiore di manualetti e riviste specializzate NON scientifiche ma acclamate, e siti e…….pediatri formati alla vecchia scuola ancora corrente.
E ci fanno sentire in colpa vicini, parenti, amici e nonni se non seguiamo questo diffuso malcostume perché ancora passato come ‘la regola corretta’.
Solo quando ci sei dentro, o, almeno, quando arrivata quella benedetta pulce e decidiamo di approfondire scopriamo che la natura del nostro bambino non è imperfetta, unico caso fra i figli di esseri viventi, che ci si può fidare di essa se solo impariamo a capirne il valore e di conseguenza i segnali dei nostri cuccioli!
Grazie Erika!
Linda dice: “Voglio aggiungere, a scanso d’equivoci, che il ‘essere disposte a giocare sporco’ non significa che lo si faccia con la consapevolezza di farlo.”
Leggo molto spesso in rete di madri che prese dalla disperazione, dopo aver provato tutto dicono: “va be’ facciamo autosvezzamento”, ma come dice bene Erika, spesso lo si fa senza capire che ci vuole un cambio di prospettiva.
Più di una volta tra le righe si vedeva che erano proprio le madri che avevano la sensazione di “giocare sporco” perché pensano che “tanto peggio di così non può andare”.
Forse ci vogliono “le fate della pappa”? :D:D
Si, è vero Andrea, il tarlo spesso ci/le prende sotto sotto.
Purtroppo, però, ‘il contorno’ ci/le fa credere che sia ‘per il bene del bambino’, e che ‘poi mi ringrazierai’
…. e finché non arriva pure la famosa pulce (sempre d’insetti si parla :)) non sanno uscirne.
Le fate no, tra insetti parlanti e fate rischiamo di non svegliarci se non quando arrivassero pure gli ‘orchi’ e quelli non ci pensano 2 volte a mangiare! Ahahah…..