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Amarli senza se e senza ma

Quando ho letto Amarli senza se e senza ma non vi nascondo che mi ha fatto sentire una c@cc@. E non una di quelle piccole che potrebbe lasciare un topolino in giro, ma una di quelle grosse e puzzolenti che non si dimenticano facilmente e che se ci finisci sopra con i piedi rischi di affogare 😀

Una sera la mia grande aveva fatto non so quale marachella; noi ci siamo arrabbiati e per punizione l’abbiamo mandata a letto senza leggere alcun libro. Soddisfatti che così avrebbe imparato la lezione più tardi siamo andati a letto anche noi e io ho preso, non so perché, in mano questo libro che avevamo il libreria già da parecchio. Non vi dico la sorpresa quando, a poche pagine dall’inizio, ho letto di Abigail, la figlia dell’autore.

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In breve Abigail, che all’epoca aveva 4 anni, stava passando un periodo irrequieto, probabilmente a causa della nascita del fratellino e a qualunque richiesta la risposta era sempre “NO!”. Una sera aveva promesso che dopo cena avrebbe fatto il bagno, ma invece si mise a fare storie, a urlare, a piangere e a battere i piedi finendo per svegliare il fratellino. Insomma la classica lotta per il potere. Cito alcuni passaggi dal primo capitolo del libro (rimaneggiando il testo lievemente per farlo scorrere meglio in questo contesto):

Amarli senza se e senza maEd eccoci al punto: calmate le acque, avremmo dovuto, io e mia moglie, riprendere la normale routine serale di coccole e lettura di una favola tutti insieme? Secondo alcuni no: riprendere le solite piacevoli attività sarebbe stato come premiare la condotta inaccettabile. Tali attività avrebbero dovuto essere sospese, spiegando alla bambina, con delicata fermezza, il perché le veniva dato una lezione come quella.

Devo inoltre ammettere che, per certi versi, sarei stato ben lieto di imporre la mia volontà su Abigail, che mi aveva davvero seccato con le sue sfide continue. In questo modo avrei avuto l’impressione di essere io, genitore, a puntare i piedi perché lei non si sentisse autorizzata a comportarsi così. Avrei ripreso il controllo della situazione.

Questo approccio stabilisce che la lettura della favola o qualsiasi altra manifestazione del nostro amore “costante” nei suoi confronti non farebbe altro che invitarla a una nuova sfida. Ne dedurrebbe che va bene svegliare il fratellino o rifiutarsi di entrare in vasca, perché il nostro affetto verrebbe interpretato come rinforzo di quanto appena fatto.

In generale questo sistema la farà sentire ancora più infelice, forse persino più sola incompresa. Nello specifico le insegnerà che sarà amata – e degna d’amore – solo quando si comporta come vogliamo noi.

Provate a immaginare: la bimba piange visibilmente sconvolta, e quando smette il suo papà la porta del lettore e le legge, tenendola stretta stretta, un libro. Alcuni risponderebbero con un perentorio “no, no, no, questo significa rinforzare un comportamento sbagliato! Così la bambina impara che va bene essere cattivi!” Tuttavia [questo approccio] scaturisce, almeno in parte, dalla profonda, e cinica, convinzione che accettare i figli per quello che sono di fatto consente loro di essere cattivi, poiché, in sostanza, è quello che sono.

Per contro l’approccio incondizionato ci ricorda innanzitutto che scopo di Abigail non è quello di rendermi infelice. Non intende farmi dispetto, ma dirmi nell’unica maniera che conosce che qualcosa non va. Si tratta di una posizione che si schiera a favore della fiducia nei confronti dei bambini.

I figli vanno, si, guidati e aiutati, ma non domati o sottomessi come piccoli mostri. Ciò che conta è il bambino che mette in atto un comportamento, e non il comportamento in sé.

Capite bene che sentirsi dire che comportandosi in un certo modo faccio passare il messaggio che i nostri miei figli sono “degni d’amore” solo se si comportano come diciamo noi dico io è difficile da mandare giù. Tuttavia mi rendo conto che spesso e volentieri il nostro comportamento fa passare proprio questo messaggio: i nostri atteggiamenti possono ferire i bambini in modi che non avevamo previsto. Se ci ripenso quando ero piccolo anche mia madre mi faceva sentire così perché quando facevo qualcosa di “male” mi puniva “non parlandomi” e questo sentimento di “essere escluso” mi è rimasto profondamente impresso anche a 40 anni di distanza.

Voi mi direte che non volete minimamente comunicare l’idea che l’amore che provate per i vostri figli sia in qualche modo “condizionato” al loro comportamento, anzi non ci avete mai pensato neanche lontanamente. Tuttavia Kohn ci avverte che non ha alcuna importanza quello che noi genitori pensiamo; l’unica cosa che importa è quello che pensa il bambino. Sono sicuro che mia madre non volesse trasmettere l’idea che mi voleva bene solo se mi comportavo bene, ma in messaggio che arrivava era quello.

Tornando al libro vi devo avvertire che non è senza difetti… sicuramente poteva essere più breve in quanto tende a essere un po’ ripetitivo e lo stile è a tratti forse un po’ pesante. Inoltre spesso viene menzionata una fantomatica “seconda parte” dove verranno dati suggerimenti per superare i limiti dell'”amore condizionato”, ma devo confessare che la sto ancora cercando 🙂

Il limite più forte del libro però è forse nella sua ambizione… L’obiettivo che ci propone trovo che sia così alto da essere quasi irraggiungibile. Per mantenere i livelli di pazienza descritti bisognerebbe essere un misto tra Ghandi e Madre Teresa. Forse avrebbe dovuto aggiungere esempi di genitori che sclerano e di come affrontare lo sclero quando non riesci a frenarti (qualunque riferimento autobiografico è del tutto casuale…)

Insomma, questa non è una lettura facile, sia perché il testo è piuttosto scientifico, sia perché il tema trattato di spinge a mettere in discussione tante certezze che ci portiamo appresso da una vita, ovvero che premi e punizioni siano indispensabili. Invece Kohn ci dice che sono due facce della stessa medaglia, ovvero un modo per  manipolare il comportamento dell’altro usando il nostro amore come arma.

Per me Amarli senza se e senza ma è una lettura obbligatoria per tutti.

Avete letto questo libro? Diteci che ne pensate nei commenti.


Il seguito ideale di “Amarli senza se e senza ma” è “Come parlare perché i bambini ti ascoltino & come ascoltare perché ti parlino” di Adele Faber e Elaine Mazlish.

Amarli senza se e senza ma – amarli

Al contrario del precedente questo libro vuole essere estremamente “pratico” (uso le virgolette perché come vedrete non sempre è facile mettere tutto quello che dice in pratica). Dovrò dedicargli un articolo a parte, ma al momento basti dire che se avete bambini grandi/grandicelli vi consiglio vivamente di leggerlo.

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22 risposte

  1. Secondo me il libro è illuminante, e dovrebbero leggerlo tutti, genitori e non. La logica dei premi e delle lodi va forse ridimensionata, nel senso che secondo me, è giusto che il bimbo non associ premi e lodi al fatto di avere fatto una cosa bene, o di essersi comportato bene (ma poi bene rispetto a che parametro?). A mio parere è giusto premiare lo sforzo e l’impegno, a prescindere dal risultato. Le punizioni non mi hanno mai convinto e resto della mia idea. Certo vorrei vedere se riuscirò a metterlo in pratica, per ora la mia cucciola è ancora piccola! Penso che lo scoglio maggiore siano le scuole purtroppo, troppe punizioni e troppi premi, e di conseguenza competizione tra i bambini. Persino alla asl dopo la vaccinazione di bimbi di prima elementare ho visto consegnare un diplomino a chi non aveva pianto 🙁 adesso non è lecito nemmeno mostrare emozioni? Che amarezza

  2. Dopo aver letto questa recensione ho letto il libro in lingua originale. Nell’originale inglese i rimandi tornano (cioè quando dice che parlerà di xy nel capitolo 7 poi lo fa) 🙂 Secondo me questo libro va mantenuto nel contesto culturale americano e in particolare nel contesto della classe media perbenista americana in cui la competizione tra i genitori (a suon di risultati dei figli) è da ansia patologica e dai bambini ci si aspetta che siano fermi, immobili, carini ed educati peggio dei Von Trapp. Per questo motivo ritengo che il consiglio di eliminare le lodi, il consiglio più difficile da capire per me, vada ridimensionato. A parte questo sono sostanzialmente d’accordo con quello che dice, ma penso che l’autore parta dall’assunto che i genitori instaurino naturalmente una relazione di potere e autorità con i figli e che la relazione d’amore sia da imparare, mentre caso mai è il contrario. Dovrebbe dare più fiducia ai genitori e al loro amore per i figli.

  3. Ieri sera, dopo cena, mi sono ritrovata con mia figlia di tre anni e mezzo, a cui avevo mezzo-promesso un gelato, che ha fatto un dispetto al fratello di un anno (gli ha storto un po’ un piedino, di proposito. E non era la prima volta che lo faceva e che la brontolavo spiegandole che così lui sente male e piange) e, per punizione, non le ho dato il gelato. Lei ha avuto una crisi isterica, ma sono rimasta ferma sulla mia decisione. Non l’ho mandata a letto senza cena, il gelato era un di più. Poi siamo usciti in giardino e abbiamo giocato come sempre. È ovvio che sia un moto di gelosia (e lei è pure dolce, affettuosa e orgogliosa di suo fratello), ma tornassi indietro mi verrebbe da rifare la stessa cosa. Non so più come dirle di non fargli male. Che le piaccia o no, lui c’è e io mi faccio in quattro per dare attenzioni anche a lei, ma lui è un koala e io sono il suo eucalipto.

  4. La famosa “parte 2” su come superare l’amore condizionato, per me è il libro “smettila di fare i capricci” di Roberta Cavallo. Splendido, molto pratico e illuminante. La scrittura non è perfetta, si ripete un po’, annuncia soluzioni in capitoli che sembrano non arrivare mai e ha sempre questo stile da “marketing”. Ma resta bellissimo e ha cambiato il mio modo di essere genitore e il mio rapporto (bellissimo) con la mia bimba.

  5. Premetto che non ho letto il libro. Ma quando leggo “calmate le acque, avremmo dovuto, io e mia moglie, riprendere la normale routine serale di coccole e lettura di una favola tutti insieme? Secondo alcuni no.”, per me l’ovvietà immediata, anche per come sono stata educata da bambina, è “naturalmente, si”. Comportamento delinquente, mamma o papà sgrida, bimbo piange, mamma o papà abbraccia teneramente, bon, chiusa lì. La vita continua. Che lezione si vorrebbe dare? l’unica lezione che si darebbe è che mamma e papà sono vendicativi e senza la minima capacità di comprensione e autocontrollo – proprio quel che si vuole evitare: l’impressione che non dominano assolutamente la situazione.
    A parte che ci sono altri modi di vedere il “NO” che come una lotta per il potere. Molto probabilmente il “NO” non era per il bagnetto per per un’altra cosa.

  6. Il libro l’ho letto qualche mese fa. Anche io l’ho trovato scritto un po’ male, ma davo la colpa alla traduzione (Andrea tu l’hai letto in inglese? Che termine usa l’autore x “bravo”?). Per quanto riguarda i contenuti, l’ho trovato un po’ troppo ammmericano. Secondo me in Italia il problema c’è ma in misura inferiore. Penso che la competizione e l’individualismo che c’è da loro qui siano più soft. Tuttavia la riflessione sul tema “lode analoga a punizione” mi è sembrata molto utile.
    Le strategie che consiglia di usare coi bimbi? Prima di tutto il rispetto e la fiducia nelle loro competenze, poi il coinvolgimento. In questo modo i limiti e le regole che la famiglia decide di dare al piccolo vengono apprese non per la punizione che si ha a violarle, ma perché condivise, espressione di un ambiente in cui si riconoscono, non che temono. Secondo me l’approccio consigliato qui è lo stesso che consiglia Gonzales in besame mucho. Solo che Gonzales lo ha scritto meglio!

    1. Purtroppo l’ho letto in italiano. Dico purtroppo perché anche io ho avuto qualche problema con la traduzione. A naso direi che “bravo” sia la traduzione di “good boy”, ma non sono sicuro al 100%… Il termine con cui avevo più problemi invece era “amore”. in Inglese “love” è molto più neutro, mentre l’italiano “amore” è molto, troppo, forte.

    2. Per bravo usa “good job”, che si usa in maniera un pochino diversa rispetto all’italiano. In America dicono good job per tutto quello che fanno i bambini, in particolare quando fatto una “buona azione” – good job sharing, good job playing together, etc. Certo che poi diventano egoisti!

  7. “come affrontare lo sclero quando non riesci a frenarti” … scusandoti per quanto accaduto, spiegando perché “lo sclero” non era giusto e ammettendo che mamma e papà possono sbagliare, che sono umani e anche se non viene mai meno l’amore per un figlio talvolta viene meno la pazienza 🙂

  8. Ok in linea teorica é tutto condivisibile. Però mi chiedo e chiedo a voi? Viviamo in una società con regole e divieti. Credo sia impossibile creare un’armonia perfetta all’interno della propria famiglia ma almeno ci si prova. La mia pupetta ha solo 10 mesi e al momento il problema ancora non me lo pongo. ricordo bene però che quando vivevo con i miei c’erano semplici regole che scandivano il quotidiano: aiutare in casa, fare i compiti, riordinare i giochi, ecc. e tanto di paghetta settimanale! Non credo di aver subito danni per questo premio e mi chiedo se “permettere” sempre tutto ai nostri figli forse nell’immediato li renderà più gestibili ma poi? Se la regola della casa dice nanna alle 9:30 e tu bimbo vuoi fare l’una di notte? Cosa facciamo? Io non credo nelle punizioni ma tra il mandare a letto senza cena e il fare finta di nulla forse una via di mezzo é più attuabile.

    1. Ciao Anna,

      il fatto che viviamo in una società con regole e divieti non ha molto a che fare con il libro 😀 Quello di cui parla il libro sono i premi e le punizioni visti cime due facce della stessa medaglia, anzi… come la stessa faccia 😀 Nessuno, e certamente non l’autore, dice che la disciplina non serve, né viene consigliato di vivere nell’anarchia più totale, ma si prova a suggerire un modo per evitare il conflitto eliminandolo alla radice (più facile a dirsi che a farsi) e si mette in evidenza come la promessa di un premio (ovvero di una mazzetta) sia o ininfluente o dannoso. L’autore invece ci invita a cercare di capire cosa ci vuole dire l’altro (in questo caso il bambino), invece di pensare che sia semplicemente “cattivo”.
      Difficile riassumere in due righe un libro di 200+ pagine. Io ti consiglierei di leggerlo 😀

      1. Sono d’accordo, il fatto di non “punire con il disamore”, di non far vedere ad un bambino i gesti della vita quotidiana (leggere un libro) come un favore di cui può essere privato a piacimento del genitore, non c’entra nulla con il non avere regole. Anzi, quasi al contrario direi. Le regole migliori sono quelle che
        – valgono per tutti, ricchi e poveri, deboli e potenti
        – non sono alla discrezione del buon umore o dello sclero di uno
        – sono semplici e comprensibili
        (ma dove ho già visto queste cose…? ah, si, vero: la democrazia…)

  9. vo sempre pensato che le punizioni di qualsiasi tipo erano il male, ma non avevo esteso il ragionamento agli elogi ed ai premi, mi sembravano strumenti validi o comunque innocui, poichè in una direzione opposta. Opposta appunto, ma nella stessa linea! La riflessione che ne è generata in me mi ha portato a concentrarmi sulla necessità di aiutare mio figlio (e me stessa) a capire quanto le cose siano belle ed appaganti di per sè, senza ulteriori compensazioni. Piccoli gesti, banali, danno soddisfazione: lavarsi, vestirsi, ecc. Questo ragionamento vale per la scuola: il meccanismo dei voti è contestato da pensatori titolati (Steiner/Montessori) quanto nocivo al vero apprendimento, basato sul vero interesse personale. Su questo si potrebbe aprire un filone infinito…Credo che i bimbi siano capaci di capire i nostri ragionamenti: o perchè in realtà hanno competenze maggiori di quelle che crediamo, o perchè, banalmente, si fidano di noi. Non è giusto pretendere che comprendano quando sono in preda alla rabbia/stanchezza/frustazione, ma dobbiamo sforzarci di aiutarli a gestire questi stati, e fidarci delle loro capacità. Il problema che non sempre abbiamo la pazienza necessaria esiste eccome, e non sempre siamo in grado di trattarli come vorremmo: credo che però ci sia una sostanziale differenza con la deliberata adozione di un modello di addestramento. Io vedo intorno a me tante coppie che hanno verso i loro figli un preciso sistema di regole e relative sanzioni: persone intelligenti, che stimo e a cui voglio bene, e che di fatto “addestrano” i loro figli con premi e punizioni. Mi fanno inorridire le definizioni di Bravo e Monello, ma sono la norma…
    La vera sfida di più ampio respiro che ho tratto dalla lettura è quella di instaurare questo tipo di rapporto basato sulla ragionevolezza e sulla fiducia con tutti, partner, amici, colleghi, e verso noi stessi. Viviamo in un mondo dove invece la misura dei nostri comportamenti (performances) è la misura di noi stessi, del nostro valore. Se non è misurabile, spesso, non esiste…Ma qui apriamo un altro filone…

      1. Noooo! Terribbbbile! Ma tu che dici alla bimba? O meglio, commenti la cosa con lei? Perché il mio è ancora piccolo ma ho pensato spesso che deve essere dura avere a che fare con educatori che hanno modi diversi dai miei… E così penso che forse si può rimediare parlando con la creatura

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