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Viaggiare con un figlio piccolo?
Ci era stato detto che l’arrivo di un figlio avrebbe comportato la rinuncia a una delle nostre grandi passioni: viaggiare. Che sì, certo, volendo si può partire con i figli, ma bisogna pensare a destinazioni adatte a loro, come ad esempio i family hotel che propongono i liofilizzati all’ora di pranzo e hanno i bagni dotati di fasciatoi. Che ogni spostamento con un bambino equivale a un mezzo trasloco e che quindi ci sarebbe passata la voglia di fare gli zingari, perché per preparare le valigie avremmo dovuto giocare a tetris con biberon, succhiotti, salviettine, pezzi di passeggino e lettini da campeggio. Che i bambini sono abitudinari e solo un cattivo genitore sballotta un bebè in giro per il mondo per godere di un’esperienza (quella del viaggio) che il cucciolo non è in grado di apprezzare e che porta solo scombussolamento nelle sue abitudini faticosamente acquisite.
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Gonzalez? Santo subito!
Da quando è nata mia figlia ho scoperto con grande piacere che gli stereotipi legati alla maternità sono per la maggior parte paccottiglia anni ’70/’80 di cui si può fare a meno per vivere felici. I bambini non sono degli esseri viziosi pronti a tramutarsi in Pietro Maso se il loro bisogno di contatto verrà soddisfatto e le terribili storie che ci vengono tramandate dai nostri genitori (“non dormivi maai!! non volevi mangiare niente!!”) sono dovute in gran parte al tipo di puericultura in voga in quegli anni. La mia bimba invece sembra essersi studiata bene Bésame mucho di Carlos Gonzalez e, se pure l’idea di addormentarsi da sola in un lettino non l’ha mai sfiorata, non ha mai avuto problemi di sonno una volta lasciata vicino alla sua mamma. Il “metodo” che uso per addormentarla non consiste in estenuanti lotte con un esserino urlante ma nell’offrirle una bella tetta succulenta al primo stropicciamento d’occhi, il che in questi dieci mesi ha sempre funzionato alla grande. Non possediamo nessun biberon e non le ho mai offerto un cibo preparato appositamente per lei.
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Google cosa ne pensa?
Quando quest’estate si materializza all’improvviso la possibilità di partire per Il Viaggio Dei Miei Sogni, chiedo a Google che ne pensa: digito “Polinesia+Con+Bambino+Piccolo” e mi appare un quesito su Yahoo Answer dove alla mamma di un bambino di un anno con simili grilli per la testa viene detto che l’idea è folle: mancano i bar dove scaldare i biberon, è faticosissimo portare un passeggino in giro per il mondo, e poi in Polinesia ci si va da soli, il bambino preferirà di sicuro rimanere con i nonni.
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Ma allora partiamo!
È la mia prova del nove. Google, che come al solito mi riporta fedelmente la sacra opinione del Senso Comune affinché io possa provare il brivido di sentirmi una mamma postmoderna, ha detto sì.
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Come sarà il viaggio?
Sarà un viaggio avventuroso (nonostante la destinazione evochi infiniti scenari di relax) perché gireremo sette isole e due arcipelaghi alloggiando in piccole pensioni di famiglia e girando il più possibile; d’altronde chi conosce questo paese sa che le spiagge della Tahiti stereotipata che viene venduta sui cataloghi delle agenzie non esistono; la Polinesia si presta più ad un tipo di turismo dinamico che alla vita da spiaggia. Io ci sono stata sette anni fa per scrivere la tesi e ho sempre sognato di tornarci da turista, per vedere le mirabilia che mi sono persa da studentessa.
Il giorno della partenza Remedios ha 8 mesi e venti giorni; da tre mesi assaggia quel che mangiamo noi – preferendo di gran lunga il latte materno -, snobba il passeggino per fasce e baby carrier ergonomici e non ha mai mostrato alcuna difficoltà nell’addormentarsi in un letto diverso da quello abituale (dopo aver sprimacciato per bene il suo cuscino preferito: la tetta succulenta di cui sopra). Per quel che mi riguarda, è pronta per l’Oceano Pacifico: non riesco a trovare alcuna controindicazione al viaggio.
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Valigie
In valigia i vestiti di mia figlia occupano molto meno spazio dei miei e sistemiamo senza problemi nei 40 kg concessi i bagagli di tutti e tre, comprese maschere e pinne per lo snorkeling. Non sono famosa per la mia frugalità, eppure nonostante la presenza di una figlia sotto l’anno le valigie si chiudono senza problemi. Sembriamo (come effettivamente siamo) in procinto di andare in vacanza, non di un trasloco intercontinentale.
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Il volo (quasi un’epopea) e di nuovo Google
La Polinesia è lontana per chiunque parta dall’Italia, ma per noi sarà un viaggio ancora più interminabile: mio marito è messicano e per transitare dagli USA dovrebbe chiedere il visto all’ambasciata statunitense. Per il viaggio d’andata la soluzione più conveniente ci impone uno scalo di 22 h a Tokyo, mentre il ritorno sarà una terrificante epopea intercontinentale con brevi soste a Auckland e Sydney, una tratta di 16 ore fino a Dubai e ulteriori 6 h che separano Dubai da Venezia. Decidiamo di concentrarci sul viaggio d’andata: per il ritorno c’è quasi un mese di tempo. Digito bambini+aereo e leggo di pappine congelate in mono dosi (una ogni 5 h) da far scongelare alle hostess. Non oso nemmeno fare una ricerca del tipo bambini+fuso orario, dopo essere incappata in una discussione tra mamme angosciatissime per l’imminente arrivo dell’ora legale e delle terribili ripercussioni che questi 60 minuti avrebbero avuto sulla routine dei figli.
Saluto Google con una strizzatina d’occhio: ci rivedremo a settembre!
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In aereo
In aereo si affrettano a portarci una culla, che ci torna molto utile per appoggiare copertine/giochini (regalati gentilmente dalla Emirates)/amenità varie. Proviamo anche ad appoggiarci Remedios addormentata e ci trascorre una buona mezz’ora: un record per la figlia di Carlos Gonzalez. Le hostess mi chiedono se desideri degli omogeneizzati per la piccola e rispondo che preferisce il cibo normale (una esclama: she’s right!). Al momento del pasto assaggia qualche boccone e il pane d’alta quota la illumina d’immenso. Lo metto via per farglielo masticare durante l’atterraggio, visto che è il suo primo volo e non sappiamo come reagirà. Le prime sei ore trascorrono in fretta, tra un sonnellino e qualche mezz’ora spesa a razzolare per il corridoio dell’aereo. Atterriamo a Dubai senza che la bimba sembri accorgersi della differenza di quota.
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Scalo, un altro volo e un altro scalo
In aeroporto cerchiamo di far ballare nostra figlia, che ancora non gattona ma inizia a manifestare l’esigenza di muoversi. Sul volo per Tokyo dorme quasi tutto il tempo, per continuare poi a ronfare nell’hotel di Narita dove trascorreremo parte dello scalo giapponese. Remedios assaggia un piatto di ramen con grande interesse e al momento non sembra che il fuso orario la turbi particolarmente. Ci imbarchiamo per Pape’ete con grandissima emozione: sto per realizzare uno dei più grandi sogni della mia vita insieme a mio marito e a mia figlia! Nel corso delle prime due traversate intercontinentali è già successo qualcosa di magico: la bimba ha messo i primi due dentini. Credo che nel ricco folklore materno che si tramanda nelle famiglie un’impresa come “andare agli antipodi con un bebè dotato di due denti in uscita” potrebbe suonare come il massimo del masochismo, e invece finora si è rivelato tutt’al più un po’ noioso, come ci si può aspettare da una traversata di 9 ore.
Lo scalo nipponico invece è stato divertente: ho trovato un sacco di cose che non farei mai assaggiare a mia figlia (il kit-kat all’anguria, per esempio). I giapponesi adorano i bambini e in albergo un anziano signore dalle scarpe colorate ci regala alcune madeleines, facendoci segno di darle a Remedios. Mio marito gliene allunga una ma lo blocco all’istante: mi chiede se sia diventata improvvisamente paranoica: cosa ci può essere di minaccioso in un semplice dolcetto, seppur giapponese? Quando gli indico la data di scadenza impressa sulla confezione (aprile 2018) tuttavia si trova d’accordo con me.
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Finalmente siamo arrivati!
Noi adulti atterriamo sulla terra promessa stanchissimi; Remedios invece ha riposato proprio bene (sul suo materasso preferito, ovviamente) e non vede l’ora di andare alla scoperta di Tahiti. La imploriamo di dormire almeno mezz’ora, ma nostra figlia sembra aver studiato alla perfezione le tecniche per smaltire rapidamente il fuso orario: siccome arriviamo di mattina non chiude occhio per tutta la giornata, addormentandosi solo alle 17 (non così presto: in Polinesia andare a letto alle 20 è normale, non è un paese per nottambuli). La sua strategia risulta vincente perché in un paio di giorni ci siamo sintonizzati alla perfezione con il fuso orario locale. Quando non si addormenta prima di cena le offro come sempre il nostro cibo, ma come al solito preferisce la tetta (oltre ai suoi adorati pomodori, che estrae meticolosamente dalla mia insalata).
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I primi piatti locali
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Il piatto più famoso della Polinesia Francese è il pesce crudo al latte di cocco; purtroppo appena lasciamo Tahiti per le altre isole scopriamo che in questo periodo ci sono molte epidemie di gastroenterite e decido che Remedios non mangerà nulla di crudo (o di non sbucciato, nel caso della frutta). Con questi accorgimenti non ha mai avuto problemi di stomaco e ha assaggiato con grande piacere tutta la frutta tropicale su cui abbiamo avuto occasione di mettere mano. Ha scoperto le vere banane, i dolcissimi pompelmi del Sarawak che crescono in Polinesia, l’albero del pane (uru) fritto e… ha imparato a bere con la cannuccia!
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Non è solo in Italia che si dicono queste cose… 🙂
La dieta polinesiana è decisamente troppo proteica per i nostri gusti e lontano da Tahiti è davvero monotona e malsana (il tasso di obesità e diabete in Polinesia è un dato inquietante); di certo le esperienze culinarie non sono state il momento clou del nostro viaggio. Remedios però assaggia di buon grado quel che le passo, e poi per fortuna ha a disposizione la sua tetta. I commenti del tipo “allatti ancora??” si sprecano, vista l’enorme diffusione del latte artificiale in questo paese. Anche le nozioni di puericultura anni ’80 vanno alla grande: in ogni pensione ci aspetta un lettino per bebè che chiediamo di portar via dal momento che ruba prezioso spazio (perché sì… non solo Remedios non sembra aver risentito in nessun modo dei sedicimila km percorsi, ma ha anche iniziato a gattonare!). A Bora Bora l’homme de fatigue dell’hotel, incaricato di portar via il lettino, resta sconvolto dalla nostra richiesta: continua a dirci “ma lo sapete, vero, che non ci sono altri letti nella stanza??” “veramente c’è un letto matrimoniale…” “sì, ma lì dormite VOI DUE!” “certo: noi due e la bambina…” . L’idea sembra davvero disgustarlo e insiste per lasciare il lettino al suo posto, ma il bungalow è minuscolo e gli spieghiamo che rimarrebbe inutilizzato, dato che a Remedios non piace dormire da sola. Al che lui esclama: “ma cosa vuol dire? mettetela lì dentro con un biberon e vedrete!”. Quando gli spieghiamo che nostra figlia non ha mai bevuto da un biberon in vita sua, ci guarda con aria spaventata. Temo che troveremo gli assistenti sociali di Bora Bora sul terrazzo il mattino successivo, insieme alla colazione.
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“Con” i figli o “nonostante” i figli?
Non credo comunque che sia indispensabile essere tetta-dipendenti come Remedios per affrontare un viaggio simile: a Maupiti abbiamo conosciuto una coppia francese che girava per l’isola con due gemelle di diciotto mesi e i loro biberon di latte artificiale. Un’altra coppia di francesi invece viaggiava con quattro bambini, tra i sei anni e i nove mesi. Nessuno di loro si portava in spiaggia omogeneizzati o pappine e nessun genitore sembrava essere afflitto dalla mancanza di orari fissi per i pasti o dall’assenza di forni a microonde sull’isola. I numerosi genitori d’oltralpe che abbiamo incontrato non mi sono apparsi più informati dei loro colleghi italiani sul fronte della nutrizione infantile (nessuna delle donne francesi con cui ho chiacchierato ha allattato oltre i primissimi mesi del figlio; i genitori delle gemelle durante la cena le legavano nei passeggini e mangiavano indisturbati nonostante le bimbe cercassero di attirare la loro attenzione chiamando – molto educatamente – “mamma, mamma”); di sicuro però vivono l’arrivo di un figlio con grande rilassatezza. Preciso che miei giudizi estemporanei sull’approccio francese alla genitorialità hanno il valore di una spettegolata tra amici: comunque l’impressione che ho avuto per quanto riguarda le famiglie conosciute in viaggio è che cercassero per lo più di vivere nonostante i figli che insieme a loro. Nel complesso però ho apprezzato che non considerassero i bambini dei malati in costante pericolo di contaminazione o follia (nel caso in cui non si riesca a mantenere una rigida routine, ad esempio).
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Non è mai troppo presto
Noi siamo determinati a vivere insieme a Remedios e a coinvolgerla in quello che ci piace, perché prima che formativo o etico lo consideriamo gradevole. Ci è stato chiesto più volte perché abbiamo deciso di portarla in capo al mondo quando è troppo piccola per conservare dei ricordi di questo viaggio: io riciclo in queste occasioni la frase di una maestra di musica che conduce dei corsi per donne in gravidanza e neonati (corsi che abbiamo seguito, che nostra figlia ha molto apprezzato e in cui abbiamo imparato canzoncine e giochi rivelatisi provvidenziali durante gli spostamenti o nei momenti di nervosismo di Remedios). Secondo la maestra non è mai troppo presto per mettere i bambini di fronte alla bellezza; per questo nei cd che ci faceva ascoltare accostava L’orso che pesta i piedi a Casta Diva, La famiglia meraviglia a brani di Tchaicovsky.
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Cesenatico o Tahiti?
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Io credo che Remedios sarebbe stata felicissima anche in un family hotel di Cesenatico, eppure dubito che aver nuotato nella magnifica laguna di Moorea possa averle in qualche modo nuociuto, anche se non ho modo di stabilire se possa averle fatto “bene” (è BENE aver dato alla luce la Saga dell’Oloturia Olly, diventata subito la nostra immancabile e postmodernissima favola della buonanotte? Essersi fatte la doccia all’aperto su un atollo, rabbrividendo – tutte ringalluzzite – per i forti venti dell’oceano? Aver mangiato con gusto delle patate fritte in un olio che somigliava più a un brodo primordiale bruciacchiato che all’olio evo umbro di casetta? Aver rinunciato per un mese ai pannolini lavabili per usare una versione “ecologica” del Carrefour di Tahiti che ci lasciava tutte le mattine inondati di cacca?).
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Bisogna dirlo a Google!
Ha fatto di sicuro del bene alla nostra famiglia: abbiamo avuto la fortuna di vivere un’esperienza grandiosa e abbiamo constatato che la riproduzione in sé e per sé non implica l’apposizione di una pietra tombale sui viaggi esotici (e, mi azzardo a pensare, su nessuna delle proprie passioni). Adesso cercherò di raccontarlo a Google.
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Il trailer
Per finire ecco il trailer del film Alla ricerca del painapo perduto (il painapo è l’ananas, importato in Polinesia dagli inglesi). Non perdetevelo!!
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122 risposte
bravi! che bel racconto! ricordo un viaggio di lavoro tramutatosi in viaggio della speranza in Germania con diversi cambi di mezzi ( aereo, autobus, treno , tram…) mio figlio in tutto ciò che non fece una piega, arrivammo alle 11 di sera..io sfinita e lui tranquillo come sempre per tutto il viaggio! e ancora oggi ricorda quel viaggio con piacere e racconta di tutti mezzi su cui è stato a tutti 😀
woow…si”’…abbiamo fatto un bel tour in Italia…Toscana, Umbria, Emilia Romagna per poi ritornare a casa…tanti km e tanto divertiti e la mia piccola aveva 7 mesi.
una piccola valigia con i suoi vestiti, un sacchetto con le cose “indispensabili” per farla mangiare se non avessimo avuto un ristorantino low cost sotto mano e via all’avventura…
bello bello bello!!!
Che bello questo racconto:-D
mi è piaciuto molto e servito un sacc, io sono colombiana e la mia bimba ha 5 mesi, stiamo per partire a conoscere i famigliari, avevo un sacco di dubbi ma con questo racconto ho capito che mi sto facendo prendere dalle paranoie che la gente mi trasmette
grazie mille!!!!!
Bellissimo! Condivido subito e cito pure alcune frasi (stupenda quella della maestra di musica).
Emma viaggia da quando ha 4 mesi, per forza, dato che abitiamo in Germania, e per piacere. Agli amici che mi chiedono consigli dico sempre che viaggiare con i bimbi è meno complicato di quanto si pensi e che la maggior parte dei problemi che noi adulti ci facciamo sono inutili. Mi fanno tristezza quelle coppie che vanno in villaggio all inclusive, perché così possono lasciare i bimbi al mini club e “rilassarsi”. A parte il fatto che io non andrei in villaggio nemmeno sotto tortura, ma anche a chi piace questo tipo di vacanza, perché non condividerla con il proprio figlio, invece di liberarsene come un pacco per tutto il giorno?!
Emma ha volato, viaggiato in macchina, nave e camper senza nessun problema. Gli unici accorgimenti per i viaggi on the road, sono stati di fare pause più frequenti, in aree attrezzate con un piccolo Spielplatz o con un po’ di spazio verde per farla correre un po’. Siamo stati bloccati 5 ore in fila in autostrada per un incidente e lì ho scoperto di essere una persona piena di fantasia e di risorse (ovvero: come giocare a calcio sul tavolino del camper, legati al seggiolino auto, con Nello l’asinello).
Per ora siamo rimasti in Europa, ma la primavera prossima vorremmo andare in Turchia (che ok, è quasi Europa!) o un po’ più lontano – se la situazione politica in quella zona precipita. L’unico mio dubbio sono le vaccinazioni, perché Emma ha solo l’antitetanica e non vorrei doverle fare tutte le altre contemporaneamente.
PS: Cesenatico però non lo snobberei, noi una volta all’anno ci andiamo (in realtà in una’altra località nelle vicinanze) e ci siamo sempre trovati bene… per forza, è casa mia! 😉 Ok, in realtà se non ci abitasse la mia famiglia non credo proprio che ci andrei tanto spesso. Non che ci si stia male, ma ci sono talmente tanti posti nel mondo che vorrei vedere, che la riviera romagnola non sarebbe fra le mie priorità!
FrauIla non snobbo per nulla Cesenatico; anzi, visto che i miei genitori ci abitano vicino, vado spesso a Caorle. Non l’ho citata per dire che fa schifo eh 😀 ma per dire che molta gente riduce le “vacanze con i bambini” a posti di questo tipo (che non hanno nulla di male e offrono un’accoglienza di ottimo livello!).
Io invece sostengo (come hai ben inteso) che non ci sia bisogno di scegliere posti ATTREZZATI per i bambini per godersi le vacanze insieme a loro!
Per quanto riguarda le vaccinazioni, mia figlia le ha fatte tutte e adesso le farò anche tifo ed epatite A, visto che a Natale speriamo di andare in Messico e queste malattie sono molto diffuse. Inutile dire che sono decisamente a favore, ma è un argomento davvero OT!
e… sì, la maestra di musica è proprio una guru, glielo dico sempre 😀
Leggere tutti questi racconti mi fa un po’ invidia, ma devo ammettere… per viaggiare il problema non sono tanto le bambin, ma IO… Il viaggio in aereo è una palla tale!!!!
C’è da dire che però mi sento un po’ in imbarazzo se le bambine danno fastidio agli altri, se non altro perché so quando danno fastidio A ME i bambini degli altri che frignano tutto il tempo 😀
andrea_ @andrea_ diciamo che se mia figlia piangesse ininterrottamente per 16 ore sarei terrorizzata… ma perché sono certa che avrebbe qualche serio problema!
I bambini non frignano tutto il tempo senza una buona ragione, e in effetti mia figlia si è comportata come mi aspettavo (ha dormito un sacco, ciucciato tantissima tetta, ha sgambettato un bel po’, ha pianto quando si è scontrata con un poggiolo…). Io non mi sono annoiata perché nel corso delle sue lunghe dormite sono riuscita a vedere ben 3 dei film che mi ero persa negli ultimi 9 mesi 😀 . Qualche pianto è inevitabile, ma io non mi sento in imbarazzo se mia figlia piagnucchia un po’.
Mi imbarazzerei se, per dire, mio marito si ubriacasse e urlasse come un pazzo da Dubai a Venezia (faccio questo esempio perché, al povero marito in questione, una volta è capitato di sorbirsi un Parigi/Città del Messico in compagnia delle urla laceranti di un adulto sotto l’effetto di qualche sostanza illegale… e parlando con hostess e medici coinvolti loro malgrado in emergenze in volo, il problema degli ubriachi in alta quota sembra essere molto diffuso!). Sono ben altre le cose per le quali imbarazzarsi, a mio avviso. Un bimbo in salute e ben intrattenuto non piange per ore e ore, al massimo frigna un po’ (e un eventuale viaggiatore che proprio non è in grado di tollerarlo ha a disposizione delle fantastiche cuffie e circa 400 film da spararsi mentre i genitori calmano il pianto del virgulto 😀 )
bravi bravi bravi!
He he! anch’io ho dato una letta a Google, per poi ignorare totalmente tutto quello che avevo letto. Forse ci sono bimbi abitudinari, forse per natura, o forse perché gliel’hanno imposto. Ma nel caso della mia Cucciola, la sola idea di abitudine per quanto riguarda orari ecc. è incongrua.
Il primo viaggio della mia Cucciola è stato in macchina, a 3 mesi, abbiamo fatto un giretto da Milano al Molise, poi l’Abbruzzo, Roma, la Toscana, e ritorno. Niente passeggino, marsupio (sostituito alla fascia su ordine espresso dell’ortopedico per via della displasia all’anca) tetta esclusiva a volontà, ma si lettino da viaggio, perché la Cucciola ama avere i spazi suoi. Trekking sul Monte Amaro in tutta tranquillità e passeggiate ovunque, cambio pannolino in altura sulla morbida erbetta verde, con l’unica difficoltà che lì non c’era nulla di piatto e la cosa era un pò acrobatica.
A 7 mesi, l’abbiamo portata un mese in giro per il Canada, sempre con il suo lettino e niente passeggino. Si è divertita da matti, era felice come una pasqua di incontrare gente nuova e di osservare posti ed animali (il sommo della gioia è stato raggiunto osservando una colonia immensa di uccelli marini che decollavano ed atterravano in continuazione con grida comiche: lei, nel marsupio, batteva le braccia e faceva loro il verso…), ha cominciato anche lei a gattonare a razzo (nonostante il tutore per la displasia), rincorrendo un grosso tappo da lei eletto giocattolo preferito. Non credo avessimo neanche preso altri giocattoli, salvo forse il suo drago di pezza, ma a lei interessava il tappo. Volo zero problemi, tetta al decollo e all’atterraggio per evitare problemi eventuali con la quota, ma tutto tranquillo. Zero problemi con il fuso orario (tanto, all’epoca non dormiva mai a lungo, perché il tutore per la displasia le impediva di muoversi come voleva nel letto, e la faceva svegliare). Il cibo dell’aereo, della cui qualità si può anche evitare di parlare, non lo poteva toccare perché colmo di latte, a cui è allergica. Aveva le sue pappette (che non era proprio il caso di riscaldare, non ha mai amato le cose calde), più per distrazione che per altro, quando si stufava della tetta. Niente biberon, vogliamo scherzare! Poi, durante il viaggio, le proponevo una pappetta solo la sera, che soltamente mangiava volentieri. Allora non ero informata dell’autosvezzamento, quindi, pappette.
1 anno e 3 mesi, nuovo volo intercontinentale, stavolta molto più lungo. Cucciola ha da qualche tempo deciso che la tetta non l’interessa più, e quindi abbiamo da gestire i biberon (sa bere da bicchieri e tazze, ma in un ambiente così stretto e scomodo, così come in macchina, meglio – molto meglio – il bibi). Cucciola non è tanto dell’idea di stare ferma, invece fare su e giù ridendo per tutta la corsia dell’aereo, siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii! Al ritorno, per fortuna, si è spaparanzata nella culletta per dormire un pò di più. Fuso orario zero problemi. Divertimento assoluto. Patatine fritte, gamberoni, pesce di ogni tipo, acqua gassata con menta e lime e tanto ghiaccio, con la cannuccia, che bello! Abitudini???? quali abitudini??? Ma vogliamo scherzare!!! Abbiamo lasciato a casa il lettino da viaggio, oramai si dorme o nel letto con mamma e/o papà (molte camere hanno doppio letto matrimoniale, perché stringersi?), oppure, sommissima goduria, su una cuccia composta da copriletti ripiegati per terra, con il suo lenzuolo, la sua copertina e il suo cuscino. Adesso abbiamo i due cani di peluche inseparabilissimi, e qualche piccolo giocattolo poco ingombranti, che sostanzialmente rimarranno in valigia: molto, ma molto, molto più interessante il mondo esterno! La sera usciamo a Key West, Cucciola si piazza sui davanzali dei locali dove si suona rock o country e balla scatenata. Voglia di andare via, zero. Ma non ci fanno entrare perché lei ha (palesemente) meno di 21 anni. Giuro, non le faccio bere birra!
1 anno e 7 mesi, Milano-New-York-Phoenix, Arizona: problemi zero. Non ha neanche voluto correre in giro per l’aereo, oramai una globe-trotter professionista. Al ritorno, nonostante non ci abbiano dato la culletta e i due lunghi voli fossero assai scomodi, è rimasta serenissima. Un’altra bimba più grande ha pianto disperata per tutto il viaggio, e lei voleva solo andare a farle cara cara per consolarla. Fuso orario, solo un giorno o due di adeguamento al ritorno. Motel diverso ogni due o 3 giorni, se non ogni sera? zero problemi, prendeva subito possesso dei luoghi con disinvoltura, e si faceva notti beate, sempre nelle cuccie create a terra per lei. E’ rimasta molto più stressata quando siamo tornati a casa, non era minimamente interessata a ritrovare le sue cose, anzi, le sue prime parole di ritorno sul suolo dello Stivale sono state *non mi piace*. Cibo, abbiamo sempre una schiscietta per lei, da farci il pic nic nei panorami spettacolari che andiamo ad ammirare al tramonto, se no mangia quello che mangiamo noi, con particolare successo per i bistecconi al sangue, le pannocchie di mais da rosicchiare, le patate al cartoccio, e menzione speciale per i fagioli rossi e salsiccia al pomodoro, da mangiare direttamente dalla scatoletta come un vero cowboy, disdegnando la prima colazione di deliziosi biscotti bio. Impazzisce di gioia per i cactus, gli animali quali che siano, dalle formiche ai cervi, i sassolini di tutti i colori. Unico punto di sclero: ad un certo punto, ci faceva capire che non aveva più voglia di stare in macchina – ma su 8.500 km in 1 mese, direi che si può anche capire! abbiamo cercato di non esagerare e di lasciarle abbastanza tempo ogni giorno per correre e giocare fuori.
Allora, si, è vero, abbiamo evitato i paesi dove sono richieste vaccinazioni o terapie preventive contro malattie pericolose come la febbre gialla e la malaria, per questi aspettiamo che sia un pò più grande. Siamo andati in paesi dove solitamente si trovano buone condizioni igieniche e non vedi la carne esposta al sole sui mercati in mezzo ad una nube di mosche. E, grossa concessione al nostro soltio modus operandi, abbiamo prenotato molti alberghi, sopratutto nelle zone note come più turistiche: è vero che irrigidisce il programma, ma avevamo calcolato le tappe per non dover girare in macchina un minuto in più dello stretto necessario.
W i viaggi!
alexaleaia che bello alexaleala! anch’io conto di fare così: si evitano i posti malarici (per il momento :P) e per il resto via libera a quasi tutto.
Mia figlia, prima di compiere tre mesi, era gia’ stata in tre paesi d’europa :-), e preso l’aereo (tutto per piacere). pero’ appunto ci siamo limitati all’europe e cercando di aggiustare i viaggi anche alle sue esigenze. A un anno e tre mesi ha apprezzato (stupendomi) moltissimo legoland, ed e’ diventata tossica di patatine fritte. Devo dire che a me il viaggio intercontinentale spaventerebbe un poco essenzialmente per il volo. Gli spazi in economica sono ristretti ed io soffro un po’, non ho idea di come reggerebbe lei. Anche con l’idea che se sclera a meta’ viaggio non c’e’ modo di fermarsi/fare una pausa e avresti anche il disagio del fastidio che arrechi agli altri viaggiatori.Avete osato e avete vinto :-).
@Alessandra In aereo se hai un bimbo ti danno tendenzialmente i posti in “prima fila”, quindi di spazio per far razzolare il bimbo ce n’è! Su una delle tratte non ce n’erano più di disponibili (pare che il passatempo preferito degli inglesi sia quello di fare Sydney/Dubai con i loro piccoli) e, nonostante l’aereo iper pieno, ci hanno trovato un posto supplementare. Io non mi pongo il problema del fastidio arrecato agli altri: ho avuto la fortuna di viaggiare abbastanza anche prima di avere mia figlia, e di bimbi urlanti in aereo ne ho sempre trovati e li ho considerati alla stregua degli altri fastidi da intercontinentale, che sono molti… ma c’è ben di peggio nella vita :D.
Non mi piace tra l’altro pensare in questi termini (calcolare il “fastidio” che le mie scelte potrebbero arrecare agli altri): credo che, parlando di scelte “lecite” (quali quella di viaggiare con mia figlia, o di allattare in pubblico: sai a quanti dibattiti sul fastidio che la vista di una tetta potrebbe portare all’eventuale pubblico ho assistito?!), la gente dovrebbe andare un po’ a scuola di tolleranza :O) .
Detto questo, io conosco mia figlia: so che non “sclera” se ha a disposizione un po’ di spazio per muoversi e soprattutto la mia tetta, quindi più che osare sono andata sul sicuro. Ha “sclerato” per qualche minuto solo una volta che si è scontrata contro il bracciolo di un sedile (non male per un’epopea di 48 h). Gonzalez avrebbe di sicuro notato che i bimbi imbizzarriti avevano tutti a disposizione il biberon, e non la tetta anestetica 😉 . Comunque gli inglesi non sembravano porsi nessun problema di questo tipo e gli aerei sembravo dei giardini d’infanzia!
grande Luana! vedo che ci capiamo 🙂
Bravissimi Bella esperienza. Io sono venuta da sola in Italia con Mia figlia per un
mese a trovare i nonni viviamo a Sydney mio marito e’ australiano il viaggio in aereo e’ stato facile, il jet lag inesistente, per tutto il resto c’e’ il lattuccio di mamma. Io dico sempre la gravidanza non e’ una malattia, il parto non e’ un’operaZione e I figli non sono una condanna!