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Le etichette alimentari: queste sconosciute

Le etichette alimentari: queste sconosciute – etichette alimentariOgni giorno per il mio lavoro, per gli studi che ho fatto, per passione, ma, ancora di più, da quando sono mamma, mi confronto con i cibi e le norme che li regolamentano. Sono tante le persone che entrando in un supermercato al banco frigo cercano lo yogurt con la scadenza più lunga, le mozzarelle più fresche, guardano la frutta con attenzione per prendere quella più lucida e senza ammaccature. Ma quanti sono quelli che, al momento dell’acquisto, si soffermano a leggere le etichette dei prodotti?
Probabilmente ancora pochi.
E invece il tempo speso a valutare con attenzione i nostri acquisti fa sì che ne guadagniamo parecchio, soprattutto in salute.
Ma diciamo la verità, a volte le etichette e le tabelle nutrizionali appaiono piuttosto come degli oggetti misteriosi con strane diciture, numeri, nomi.

Facciamo chiarezza: generalmente la legge prevede che tutti gli alimenti siano provvisti di etichetta dove vengono dichiarate alcune informazioni essenziali: la denominazione del prodotto, gli ingredienti, la quantità di prodotto, il termine minimo di conservazione (o la data di scadenza), le condizioni particolari di conservazione, il nome del produttore. Alcuni cibi come per esempio gli alcolici, il vino, l’aceto, il sale, i prodotti ortofrutticoli freschi non trattati, i prodotti di panetteria non sono tenuti a riportare il termine minimo di conservazione.

Ci sarebbe tanto da dire su ognuna di queste cose, ma la parte che più mi preme chiarire è quella che riguarda la lista degli ingredienti.

La legge prevede che vengano messi in ordine decrescente di quantità. Ovvero se fra gli ingredienti di uno yogurt, per esempio, troviamo “latte, zucchero, preparato alla frutta” e in un altro troviamo “latte, frutta, zucchero” va da sé che nel primo caso la quantità di zuccheri è maggiore che nel secondo. Ma un’altra cosa dovrebbe attirare la nostra attenzione: la dicitura “preparato alla frutta”. Infatti scrivere “preparato alla frutta” non è la stessa cosa che scrivere“frutta”. Un preparato alla frutta è una base che contiene frutta in una certa percentuale ed in più altri ingredienti variabili come ad esempio grassi, zuccheri, emulsionanti, latte in polvere, aromi, ecc.

Ma le etichette possono nascondere anche altre insidie. Prendiamo per esempio gli elenchi dove è presente la dicitura aromi e/o aromi naturali. I primi solitamente sono di origine artificiale, ovvero sono prodotti di sintesi chimica, come per esempio la vanillina che nulla ha a che vedere con la vaniglia, oppure l’aroma di fragola che di certo non deriva dal frutto della fragola. La dicitura aromi naturali sembrerebbe molto più rassicurante, ci fa pensare a sterminate piantagioni di banane che vengono usate per insaporire il nostro yogurt, ma non sempre la realtà è questa, perché la dicitura si riferisce a come viene preparato l’aroma e non a cosa contiene, quindi per esempi l’amil-acetato che dà il gusto di banana può essere realizzato chimicamente ma anche essere estratto dalle banane con un solvente e quindi il nostro yogurt saprà di banana lo stesso, anche senza averne mai vista una! Come se non bastasse, a complicare la situazione spesso si trovano misteriosi numeri preceduti da una “E”. Vengono classificati con il nome di additivi alimentari e fra essi, oltre ai già citati aromi, possiamo trovare coloranti, emulsionanti, conservanti, dolcificanti, stabilizzanti, ecc.

Mi stupisco sempre di come alcune persone guardino con terrore un’etichetta quando scoprono che contiene additivi mentre altre persone rimangono al contrario completamente impassibili. La realtà è che nella lunga lista di additivi ce ne sono alcuni completamente innocui e altri di dubbio effetto o addirittura pericolosi per la salute. La soluzione ideale sarebbe quella di avere sempre a portata di mano un elenco tipo quello che trovate in questo sito e di consultarlo al bisogno. Poi col tempo sarà più semplice tenere a mente le sigle da evitare come per esempio E120, E123 coloranti rossi vietati in tantissimi Paesi ma ancora molto diffusi in Italia, che troviamo spesso nei dolci e negli aperitivi in bottiglietta. E’ anche vero che la legislazione spesso non aiuta perché moltissimi additivi sono permessi in UE ma vietati per esempio in Australia. In particolar modo in questa nazione ci sono severe ristrettezze che riguardano i cibi per l’infanzia: ovvero se da noi è possibile trovare E104 (colorante giallo) in cibi destinati ai bambini, all’altro capo del mondo ciò è impensabile.

È inoltre ragionevole riflettere sul fatto che alcuni considerano gli additivi una sorta di inganno verso il consumatore perché comunque il loro scopo è quello di mistificare le naturali caratteristiche del prodotto alimentare: dalle salsicce rosso vivo allo zucchero che più bianco non si può. In questa ottica è senz’altro preferibile scegliere alimenti senza additivi, e soprattutto nel caso in cui il consumatore sia un bambino a noi genitori tocca essere ancor più vigili e consapevoli di ciò che acquistiamo. Basti pensare che in Francia anni fa fu fatta un’inchiesta sui bambini e la loro capacità di discernere i gusti degli alimenti. Il risultato mise in evidenza come i bambini associassero al frutto della fragola non il suo “vero” sapore ma quello sintetico! Il rischio che oggigiorno si corre è quello di crescere bambini con capacità gustative standardizzate. E non solo, perché molti aromi e conservanti sono spesso causa di reazioni allergiche. A tal proposito un’importante passo avanti è stato fatto: la normativa europea ha infatti reso obbligatorio dichiarare in etichetta gli allergeni. (li trovate in questo documento) Una garanzia in più per il consumatore.

Leggere le etichette e le tabelle nutrizionali prima dell’acquisto non è solo una questione personale, è piuttosto il modo che abbiamo noi consumatori per fare acquisti consapevoli, un modo indiretto per orientare i produttori alimentari a offrire qualcosa di diverso e più sano. E mi auguro che qualcun altro voglia far sua questa semplice riflessione sugli acquisti: molti definiscono le etichette degli alimenti come una carta d’identità, a me piace definirle come un passaporto, se non sono in regola a casa mia non entrano.

Consiglio la visione di questa inchiesta di Report di qualche anno fa.

Esempi di come interpretare le tabelle nutrizionali le trovate in questo articolo sugli yogurt per bambini.

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E voi? Le etichette le leggete? Sapete cosa vogliono dire?
Raccontateci come vi regolate.

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7 risposte

  1. io mi sono dovuta fare viulenza le prime volte per lasciare sullo scaffale l’ovomaltina, che adoravo. sono tornata al latte con il caro vecchio cacao amaro, evtl. zuccherato da me (grazie mamma!). e gli altri 45 ingredienti dell’ovomaltina che ci stanno a fare? boh. ma stessero lí 🙂

  2. Io proprio l’altro giorno volevo comprare una cosa, ma leggendo gli ingredienti ho letto che il sale era al primo posto, così a malincuore l’ho lasciato sullo scaffale. Sigh… /A.

  3. io le leggo, non essendo esperta in genere mi regolo cosí: se non capisco di cosa si parla lascio lí e faccio in casa. é interessante che 9/10 quando leggo l’etichetta rinuncio a comprare.

  4. Devo dire che prima di approdare qui o di leggere un libro della Negri sull’alimentazione non ci facevo molto caso alle etichette. Ora leggo con attenzione soprattutto quelle degli yogurt e dei succhi di frutta, cose che do raramente a mio figlio ma che cerco di comprare senza zuccheri aggiunti. sono passata allo zucchero di canna (ma per i dolci uso ancora quello raffinato)  e rimango sempre stupita di come gli ingredienti cambino da prodotto a prodotto: perchè i biscotti arancioni per bambini hanno una lista di ingredienti lunga un metro (con olio di palma ed affini)  e biscotti di altre marche solo uova, zucchero, farina e poco altro? Detto questo se mio figlio beve un succo di frutta normale o mangia un biscotto “arancione” dal cuginetto (a cui ovviamente danno solo quelli perchè sono proprio per bambini) non mi preoccupo affatto. L’idea di portarsi dietro la lista degli additivi pericolosi è buona!
    Mio marito invece presta molta attenzione alla provenienza dei cibi, altra cosa ormai segnalata, ed evita olii di origine extraeuropea e soprattutto mozzarelle e latte proveniente da zone di Italia famose per avere gli allevamenti di mucche sopra a cumuli di immondizia e scorie sotterrate (non faccio nomi ma se ne è parlato tante volte proprio a report).

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