È una domanda curiosa, vero?
Me la sono fatta quando ho iniziato l’autosvezzamento con il mio bambino, perché riflettevo sul fatto che la decisione di intraprendere questo percorso entusiasmante fosse il primo, importante passo di una precisa scelta educativa. Mettevo mio figlio su una strada nuova, dalla quale non saremmo più tornati indietro e che avrebbe invitato anche noi genitori alla flessibilità, al rispetto, alla comprensione.
Questo modo finalmente sensato di approcciare l’incontro con il cibo rispetto alle abitudini più diffuse poteva essere, secondo me, paragonato all’innovazione educativa apportata dalle pedagogie cosiddette “di metodo”.
Ho cercato perciò di rispolverare i miei studi e le letture fatte per tentare di dare una risposta.
La premessa importante dal punto di vista storico è che solo Maria Montessori, medico, era vivente al tempo in cui (1939) la pediatra statunitense Clara M. Davis pubblicò i risultati del suo esperimento alimentare con i bambini che oggi si ritiene il capostipite del contemporaneo modo di intendere l’alimentazione complementare a richiesta. La Montessori ne ebbe notizia in quanto medico? Non si sa, anche se sarebbe bello ipotizzarlo: pare infatti che ella fosse sempre molto informata sulle iniziative d’oltreoceano. La sua accoglienza in Usa per un ciclo di conferenze, per esempio, fu trionfale. Tuttavia, in quell’anno, la Montessori aveva già avviato la sua nuova scuola, così come da tempo era stata aperta la scuola steineriana. Il suo fondatore Rudolf Steiner era invece morto nel 1925.
Quali sono i punti centrali delle due pedagogie? Possiamo trovare dei collegamenti tra queste e il rapporto con il cibo?
La pedagogia steineriana mette al centro l’idea che il bambino goda pienamente del suo diritto alla lentezza, apprendendo grazie all’imitazione e a una successione ritmica di attività consolidate che scandiscono le sue giornate in modo sereno e tranquillo. L’educatore – genitore o insegnante che sia – è il sole nella vita del bambino. È lui che, con saggezza e con misura, sceglie le attività più adatte, ne determina gli orari e ne definisce le modalità. Rispetto al cibo, si coglie una visione tradizionale del passaggio da dieta lattea a cibi solidi che resta in mano all’adulto: la preparazione della classica “pappa morbida” è ancora oggi molto sentito e praticato da chi si trova d’accordo con questa prospettiva educativa nella logica del fare “ogni cosa a suo tempo”.
L’idea cardine della pedagogia montessoriana consiste invece nel considerare il bambino capace di apprendere da solo. L’educatore è sì una guida, ma una guida che deve fare un rispettoso passo indietro. In famiglia, in asilo e poi a scuola vengono poste le condizioni migliori, affinché il bambino conquisti gradualmente ma piuttosto precocemente l’autonomia: l’autonomia è il mezzo per raggiungere la consapevolezza di sé come individuo armonico e responsabile e, a lungo termine, come essere umano libero. L’autonomia nel vestirsi e nel curare l’igiene, per esempio, è la chiave per apprendere l’amore verso se stessi, così come l’autonomia nel riordinare il proprio spazio di gioco è il fondamento per il rispetto degli altri.
L’alimentazione complementare a richiesta si fonda sulla convinzione che il bambino abbia in sé la capacità di essere autonomo nella regolazione delle sue necessità nutritive.
Uno a zero per la Montessori, dunque!
Vorrei permettere allo Steiner di recuperare terreno. Rudolf Steiner, infatti, ha proposto per primo un approccio più rispettoso della natura e del mestiere ad essa collegato: l’agricoltura. L’agricoltura biodinamica si deve proprio a lui. Il presupposto di Steiner è spirituale, oltre che medico e salutistico. Mangiare rispettando le stagionalità dei prodotti e preservandone il gusto originale senza eccedere con i condimenti mette l’essere umano in armonia con il cosmo.
Allo stesso modo, l’autosvezzamento ci semplifica la vita, consentendoci di cucinare per i bambini tutti i piatti che amiamo senza riserve, a patto che siano cucinati con alimenti sani e bilanciati tra loro.
Siamo in parità, oserei dire!
L’alimentazione complementare a richiesta, però, si regge anche su un altro pilastro: il valore di socialità dei pasti supera di gran lunga la mera funzione fisiologica del saziare la fame e di assumere tutti i componenti dei cibi utili alla crescita dell’organismo.
Volendo fare un paragone con i punti di vista steineriani e montessoriani, avremmo un piatto della bilancia che pende un po’ di più a favore dell’approccio steineriano. Qui il valore corale, il senso del gruppo prevalgono sulle abilità individuali: in questa pedagogia l’apprendimento è tanto migliore quanto più i bambini si percepiscono parte di un tutto organico e sensato. Ecco perché l’enfasi è posta sui girotondi, sul suonare in orchestra, sul recitare tutti insieme, sul cantare in coro.
La pedagogia montessoriana, viceversa, incoraggia l’iniziativa individuale proprio come motore della curiosità e quindi dell’apprendere. Lasciando il bambino libero di dedicarsi alla materia e all’attività che preferisce per il tempo che preferisce, egli si misurerà con le sue forze assecondando le sue naturali e migliori inclinazioni.
Due a uno per Rudolf Steiner! O forse no?
Presto la Montessori riesce a riequilibrare il gioco, con un’intuizione davvero degna di nota e che stenta tutt’oggi a decollare nelle famiglie. Maria Montessori sosteneva che i bambini non dovessero essere ingannati in merito a una legge di natura: la robustezza e la fragilità dei diversi materiali. Se noi diamo a un bambino – lei diceva – un bicchiere di vetro, imparerà a sue spese che esso può cadere e rompersi. Inutile rimproverarlo. Inutile risparmiargli il disappunto offrendogli un bicchiere di latta (la plastica di allora). Il bambino apprende dall’esperienza.
Negli asili montessori infatti ci sono bicchieri di vetro e piatti di ceramica.
Molte mamme che si sono dedicate con passione all’autosvezzamento potranno confermare che i bambini mangiano più volentieri con il piatto di ceramica e bevono più volentieri dal bicchiere di vetro; e ci ripagano della fiducia accordata con molti meno disastri!
Pari e patta!
Andiamo a vedere infine quali indicazioni danno i nostri amici pedagoghi rispetto al momento specifico dei pasti con i bambini. La sintonia è completa.
Sia per lo Steiner sia per la Montessori la cucina (intesa sia come locale sia come attività che vi si svolgono) è un’occasione splendida di formazione. Il bambino da piccolo osserva e in seguito prende parte alla preparazione dei pasti insieme ai genitori o agli insegnanti: lavare, tagliare, cuocere, apparecchiare e infine riporre tutto.
Il bambino ha così l’occasione di assistere a:
- azioni sensate, cioè procedimenti che hanno un inizio, uno svolgimento e una fine: pesare la pasta, cuocerla, condirla, mangiarla; apparecchiare, mangiare, sparecchiare.
- trasformazioni: da crudo a cotto, da duro a morbido, da insipido a condito.
- attività quotidiane, cioè azioni reali e non create appositamente per intrattenere il bambino.
È così importante il tempo che ruota attorno ai pasti che in molte aule montessoriane e steineriane c’è un angolo cottura, in modo che i bambini dell’asilo possano vedere gli insegnanti dedicarsi in prima persona e con loro alla preparazione del pranzo
Di nuovo pari! E che freschezza di idee per persone che hanno lavorato a cent’anni di distanza da noi!
Alla domanda con la quale ho aperto questo articolo forse non c’è una risposta precisa. Molte indicazioni sembrano propendere per un parallelismo più stretto tra autosvezzamento e pedagogia montessoriana, ma dipende dal fatto che, nel tempo, i sostenitori dell’approccio steineriano sono stati identificati come difensori di un certo rigore rispetto alla definizione di ciò che fa bene o non fa bene ai bambini. Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che lo Steiner ha suggerito molte pratiche pedagogiche ispirandosi alla sua stessa infanzia che fu improntata a grande autonomia e spirito d’iniziativa.
Mi è piaciuto ripercorrere qui alcuni punti salienti di queste due visioni dell’educazione, perché, proprio come l’alimentazione complementare a richiesta, esse sono nate per restituire ai bambini il loro posto nel mondo che non è solo accessorio o casuale. Maria Montessori e Rudolf Steiner hanno lottato, perché i figli fossero considerati veri protagonisti dell’umanità di cui attendere pazienti la rivelazione delle loro capacità, dei loro talenti e della loro volontà. La nostra attesa sarà premiata, un giorno, con donne e uomini pienamente liberi e capaci di decidere.
Scegliendo di iniziare l’autosvezzamento, ho presto compreso come genitore che cosa significhi essere un modello da imitare: le piccole azioni, i movimenti che compiamo a ogni pranzo e a ogni cena escono dall’automatismo e dall’abitudine per trasformarsi in scambio, dialogo, comunicazione. L’imitazione a tavola si è presto estesa alle altre attività della giornata.
A volte mio marito ed io ci chiediamo: stiamo andando nella direzione giusta? Questa volta la risposta c’è e suona forte e chiara: “Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino” (Maria Montessori).
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Un grazie speciale a Melassa di La pappa dolce che, in equilibrio creativo tra innovazioni steineriane e montessoriane, ha ispirato e aiutato la redazione di questo articolo.
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18 risposte
in medio stat virtus
Maria Rita Carruba
;o)
Bell’articolo complimenti ! Rinforza le mie convinzioni nel seguire il percorso dell’autosvezzamento e mio figlio ne e’ veramente felice .
Bellissimo articolo! Io adoro la Montessori e cerco di applicare i suoi metodi. Peccato che le scuole montessoriane siano ancora tanto rare in Italia!
Si si!!anche io avevo il mio pentolino con inciso maestra Beatrice!! il momento del pasto, così come la merenda era un vero e proprio rituale!!