L’eterna diatriba riguardo la differenza tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento e varie vie di mezzo si può ridurre, alla fine dei conti, a una semplice questione di controllo. Chi è al volante? Se il genitore, allora stai pur certo che non si parla di autosvezzamento. Questa è forse la maggiore differenza tra svezzamento tradizionale (o forse dovrei dire medicalizzato?) e autosvezzamento (altre le trovate in questo articolo dove autosvezzamento e svezzamento tradizionale sono messi a confronto).
Differenza tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento
Indubbiamente il controllo può assumere molte forme, alcune delle quali per nulla ovvie da individuare. Nell’articolo in cui parlavo del perché non bisogna forzare i bambini che non mangiano indicavo alcuni esempi di pressione “nascosta”, tra cui:
– corromperlo con giocattoli, promesse, dolci, ecc.
– mettere in scena giochetti vari per fargli mangiare un boccone
– troppe lodi
– farlo sentire in colpa
– implorarlo (dai, su… fallo per mamma)
– costringerlo (anche fisicamente)
– cucinare 10 cose diverse, come se ci si trovasse al ristorante
– “assaggia prima di dire no”
Quindi si parla di tutta una serie di azioni volte a manipolare il comportamento del bambino per ottenere che agisca nel modo che noi riteniamo sia il migliore, ovvero che ci mangi. Il riflessivo, qui, non è solo un modo di dire, ma esprime davvero chi è il soggetto della questione cibo. Tutti quanti possiamo aggiungere nuovi elementi alla lista, dopo tutto scagli la prima pietra chi non ha provato a far finire il piatto al proprio pargoletto 🙂
Di solito la scusa è che il genitore ha bisogno di sapere che il bambino mangi le giuste quantità così da ingerire tutti i nutrienti necessari (per un approfondimento sul non-argomento “nutrienti” vi rimando a questo articolo). Invece io sostengo che il genitore ha semplicemente bisogno di sentirsi in controllo o, se volete, di interpretare la parte del più forte. In tutti questi casi è il genitore che decide quanto e cosa il bambino deve mangiare e, se questi non si conforma alle sue aspettative, il livello d’ansia sale alle stelle e si parte con trucchi e sotterfugi (o con la forza, nei casi più tristi) per farlo mangiare in modo da vedere soddisfatto il proprio bisogno.
Tuttavia le cose non è detto che rimangano così per sempre. Rosanna dà un raggio di speranza scrivendo su Facebook:
Pensieri da domenica pomeriggio:
– figlia A non autosvezzata, ha sempre mangiato di gusto fino ai 3 anni…poi è diventata così selettiva da limitare le sue preferenze a due-tre piatti;
– figlia B autosvezzata, ha sempre gustato ogni pietanza, ogni gusto e consistenza.
Passa un po’ di tempo e figlia A, che ora ha 5 anni, mangia tutto, con piccole e limitate eccezioni. Figlia B, che ora ha 2 anni, è diventata iperselettiva e “non mi mangia più”.
Ho voluto raccontare questa storia per chi crede che i bimbi si abituano da piccoli, che con l’AS e con i cibi sani non avranno problemi.
La morale per me è invece un altra: con l’autosvezzamento ho imparato a fidarmi di figlia B che, più fortunata di figlia A, non subirà le mie angosce e le mie insistenze per provare a mangiare tutto. E immagino anche che figlia A, nel suo migliorato comportamento alimentare, abbia risentito positivamente del clima più sereno che si respira attorno alla tavola.
Grazie autosvezzamento!
Rosanna ci ricorda che fare autosvezzamento non equivale ad avere figli mangioni, ma ci spinge a fidarci dei nostri figli e per fare questo dobbiamo fare un trapianto di cervello abbandonando il nostro bisogno di controllare i bambini invece di guidarli permettendo loro di scegliere.
Successivamente ha anche lasciato questo PS (mia enfasi):
… siccome mi sono convinta che i bambini non si lasciano morire di fame, non ho preparato piatti alternativi quando la bimba grande si rifiutava di mangiare. E adesso quando le nonne si preoccupano perché la piccola non mangia e mettono in atto i loro stratagemmi, lei, la grande, le rimprovera dicendo: ma non sapete che non si costringe nessuno a mangiare???
Che dire… il messaggio sembra essere davvero arrivato.
Sullo stesso tono, c’è un messaggio di Maria Cristina, che dice (mia enfasi):
… non sono mai riuscita ad insegnare ai miei parenti a non ricattare mio figlio (per esempio “se non mangi la pasta, allora niente dolce”) oppure a corromperlo (del tipo “se mangi tutto allora dopo ti do il dolce”).
Non sono riuscita ad insegnare ai miei parenti che mio figlio non impara quello che gli dicono, ma impara quello che loro fanno.
Finché giorni fa mio figlio abbraccia lo zio e gli chiede: “zio, se ti do un bacino, tu mi compri una macchinina?“
Sentite, mi dispiace che mio figlio abbia imparato una cosa brutta, ma lasciatemi dire che se la sono meritata!
Il cibo usato come arma di baratto o di ricatto. Anche questa è una tecnica vecchia come il mondo, e guardate che ci vuole poco per trovarcisi…
Prendete ad esempio il messaggio seguente di Marta (sempre mia enfasi):
Spero di raggiungere la tua serenità e la tua saggezza! Ci provo, ma non è facile quando serra la bocca. 21 mesi autosvezzata e molto molto cocciuta.
In questo caso si può parlare davvero di bambina autosvezzata? Molto probabilmente, anzi certamente, no. In questa breve frase si vede chiaramente che quella al volante è la madre, la bambina non è d’accordo e di fatti non si conforma alle aspettative. Forse Marta pensa che per fare autosvezzamento basti dare qualcosa a pezzi o far pescare al bambino l’occasionale boccone dal proprio piatto. Invece fare autosvezzamento è
– fidarsi del bambino,
– fare scegliere,
– guidare senza imporre
– guidare senza ricattare,
– guidare senza corrompere
Tutto ciò si può riassumere semplicemente dicendo che fare autosvezzamento equivale ad abbandonare il controllo.
A chi dice che il proprio bambino non ha mai fatto storie e ha sempre accettato di buon grado quello che il genitore gli mette davanti, cito un passaggio di Amarli senza se e senza ma di Alfie Kohn:
… se a casa nostra viene premiata l’obbedienza, finiremo con il crescere figli che continueranno a fare quello che viene detto loro anche da chi sta fuori casa. [Una studiosa] fa notare come le capiti spesso di sentire genitori lamentarsi di bambini adolescenti: “Era un bambino tanto buono educato, perbene, in ordine. Lo guardi adesso!”. Al che l’autrice risponde: “Da quando era piccolo si è sempre vestito come gli dicevate di vestirsi; si comportava come gli dicevate di comportarsi; diceva le cose che gli dicevate di dire. Ora è qualcun altro a dirgli cosa deve fare… Non è cambiato. Continua a dare ascolto a chi gli dice cosa deve fare. Il problema è che non siete più voi, ma i coetanei.”
Qui chiaramente il contesto è molto più vasto in quanto riguarda l’educazione in generale, ma di certo lo stesso ragionamento si può estendere al particolare del cibo… Un bambino che fino a ieri si è dimostrato docile e accomodante per quanto riguarda il mangiare ecco che d’un tratto comincia a comportarsi in modo del tutto diverso. Ma siamo sicuri che semplicemente non ha sostituito nella sua mente la persona che vuole compiacere?
Quindi se pensiamo alle differenze tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento, fare autosvezzamento vuol dire cedere il controllo al diretto interessato, ovvero al bambino, in modo tale che possa scoprire da solo quando è sazio, quando ha fame, di cosa ha voglia, ecc. Se scegliamo sempre per lui come fa a imparare?
11 risposte
@federica , se da voi funziona va benissimo (e in molti casi è così), ma ci sono bambini che non rispondono così bene a input di questo genere. Prendi quello del dolce, se ci pensi il messaggio che trasmetti è che la pietanza principale fa schifo e il dolce è buono, ma se vuoi il dolce devi pagare pegno… 🙂