In vari forum e su Facebook ho letto spesso di pediatri che si sono dichiarati contrari all’autosvezzamento per questo o quel motivo, insistendo invece che è necessario fare il brodo, seguire il calendario di introduzione degli alimenti, ecc. ecc.
Cosa può fare un genitore se si trova di fronte a un pediatra contrario all’autosvezzamento e che quindi non condivide le scelte del genitore sullo svezzamento del bambino?
Questo è un momento sempre difficile… dopo tutto come si fa ad andare contro il parere del dottore il quale “chiaramente” sa-tutto-sui-bambini-e-se-non-lo-dice-lui-non-si-può-fare? Anche il più convinto dei genitori si sentirà destabilizzato se il medico gli dice in modo categorico di comportarsi in un certo modo e non come gli sembra più naturale.
Il pediatra non sa tutto
Innanzitutto dobbiamo ricordarci che il dottore NON sa tutto: all’università avrà studiato certe patologie e poi si sarà specializzato in una determinata branca della medicina, per cui conoscerà meglio alcune problematiche rispetto ad altre, ma ciò non vuol dire che sappia tutto. Chiaramente se si parla di questioni prettamente mediche che rientrano nella sua sfera di competenza, lo specialista è in genere la persona più informata sull’argomento.
Lo svezzamento è una cosa naturale
Tuttavia serve davvero una persona con una laurea e una scuola di specializzazione alle spalle per decidere cosa e come dare da mangiare a un bambino, per quanto piccolo? Se così fosse, se lo svezzamento, così come molti altri aspetti della prima infanzia, davvero necessitasse di una medicalizzazione più o meno estrema mi aspetterei di vedere, anche in Italia, centinaia, se non migliaia di bambini che vengono su denutriti o con gravi deficienze in quanto di genitori scriteriati che non seguono le indicazioni del medico, e non solo in relazione allo (auto)svezzamento, ce ne sono sicuramente tantissimi.
Il medico che si occupa dei sani
Negli ultimi anni il pediatra è assurto al ruolo di “quello che si occupa anche dei sani”, in quanto, vedendo la gran maggioranza dei bambini per i cosiddetti “bilanci di salute”, in quasi tutti i casi si trova a “visitare” bambini che non hanno il benché minimo problema (medico).
Senza entrare nei meriti di questo genere di prevenzione, siccome purtroppo non si può andare dal dottore e uscirne senza qualcosa di tangibile (e scagli la prima pietra che non l’ha pensato almeno una volta), sia esso una ricetta medica, un parere esperto o un consiglio “culinario”, ecco quindi il proliferare di schemi e tabelle più o meno rigide per lo svezzamento, di dettami che provengono dall’alto su allattamento e nanna, di consigli e regole per avere un bambino “migliore”.
Il pediatra decisamente non è un tuttologo
Sono sicuro che il dottore faccia sempre del proprio meglio, tuttavia se usciamo dal campo specificamente medico questa figura non rappresenta più quello che-sa-tutto-sui-bambini-ecc., ma un semplice genitore, se ha figli, o un professionista che a causa del suo lavoro entra in contatto con molti bambini.
Piermarini dice in un suo articolo:
… in parte dell’ambiente medico dell’epoca vigeva la strana consuetudine che una volta laureati e abilitati alla professione si potesse, e dovesse, mettere da parte la “teoria” che si era studiata fino ad allora per passare rapidamente – e più saggiamente – alla “pratica” di cui erano ovviamente depositari i medici più anziani. Che la “pratica” fosse la strada giusta era logica e inconfutabile conseguenza del principio, ancora oggi in auge, che tutto ciò che si fa da gran tempo, ed è accettato dalla maggioranza silenziosa, deve essere per forza la scelta giusta – quello che gli anglosassoni definiscono “onorato dal tempo”.
Quando si parla di svezzamento (e non solo) quanto descritto da Piermarini sembra essere proprio ciò che accade… Gli schemini pediatrici per l’alimentazione non fanno parte del curriculum universitario (e come potrebbe essere altrimenti, dato che non fanno riferimento ad alcuna ricerca scientifica), per cui possono essere solo tramandati da dottore a dottore. Per cui chiediamoci se chi abbiamo davanti sia effettivamente un pediatra contrario all’autosvezzamento o semplicemente una persona che tramanda quanto gli è stato detto.
Chiedendo in giro ho scoperto che, ad esempio, a Trieste sono previste 2 ore sull’allattamento e 2 sull’alimentazione complementare; a Padova sono 6 ore in tutto. Questa sembra essere più o meno la media nazionale, ma al tempo stesso sono molte le istituzioni dove questi argomenti si affrontano in modo (se possibile) ancora più superficiale.
Il genitore deve riappropriarsi di quello che è suo
Quindi il genitore deve avere il coraggio di riappropriarsi di quello che è specificamente di sua competenza: allattamento, nanna, alimentazione e così via. Chiaramente può chiedere consigli a chi gli pare, ma è difficile dire quale consiglio, tra i tanti che riceverà, sarà quello migliore.
È assurdo pensare che un medico possa dirmi come tirare su mio figlio. Mi può consigliare, secondo la sua esperienza, e in questo senso il suo consiglio è senz’altro il benvenuto, ma il genitore deve ricordarsi che di altro non si parla se non di un consiglio, un parere d’amico, un’opinione personale e non bisogna scambiare tutto ciò per un parere medico in quanto non c’è una patologia da curare.
Tra l’altro, il fatto che i pediatri siano relativamente poco informati su tematiche quali allattamento o alimentazione complementare è, in teoria, un bene, perché così, ancora di più in teoria, possono devolverle a personale più qualificato mentre loro si concentrano su ciò che è più di loro competenza, ovvero curare le malattie. Il problema è che questo “personale più qualificato” in molti casi non si sa chi sia o non c’è proprio, per cui il genitore si trova spesso e volentieri a brancolare nel buio e finisce per chiedere aiuto proprio all’unica figura di riferimento che ha, il pediatra, oberandolo di lavoro che non gli compete e ricevendo consigli un po’ dubbi che, nel tempo, assumono sempre più autorità.
Attenzione alle fonti non verificate o attendibili
È vero che cercare le informazioni su internet è come giocare alla roulette, in quanto non sai cosa troverai, ma lo stesso vale per quanto riguarda il pediatra che dà informazioni non mediche (basta guardare in rete e si trova che dicono tutto e il contrario di tutto); lo stesso vale per la vicina con 4 figli e 15 nipoti; lo stesso vale per i parenti… Quanto ne sanno veramente di alimentazione, allattamento, ecc.? Mi posso davvero fidare che quello che mi dicono è corretto e rappresenta la migliore informazione possibile? Su questi argomenti ne so più io, genitore alle prime armi, o loro? E se le informazioni che mi danno sono contrastanti, che faccio?
Quando si parla di questioni non mediche non bisogna avere timore di seguire il proprio istinto, cambiare magari idea e ritrovarsi con un’opinione diversa da quella degli altri.
Ma allora cosa fare con un pediatra contrario all’autosvezzamento?
Allora che fare se il pediatra mi dice che è assolutamente contrario all’autosvezzamento?
Personalmente gli farei presente che in letteratura lo svezzamento “all’italiana” non è contemplato, che neanche il ministero della salute lo prevede e che sempre di più si va diffondendo l’idea che le allergie non si curano ritardando l’introduzione di alcuni alimenti o scaglionandoli.
Ciò chiaramente non toglie che ci saranno alcuni casi dove si dovrà fare attenzione a questo o a quello a causa di determinate patologie, ma queste sono le eccezioni, NON la regola e non ha senso medicalizzare tutta la popolazione perché qualcuno ha un genitore molto allergico o ha un’intolleranza ai pomodori rossi.
Ricordiamoci che lo svezzamento non è una malattia.