Periodicamente su queste pagine si parla di allattamento. È di qualche tempo fa la notizia dei risultati della ricerca lanciata dall’Istituto Mario Negri sui tassi di allattamento in Italia. Neanche a dirlo i numeri non sono incoraggianti, ma la parte più interessante è il possibile collegamento tra tassi di allattamento, scolarizzazione e situazione lavorativa. Questa chiaramente non è una novità difatti mi ero già chiesto se ci fosse nessuna che allattava, dato che non sembravo vederle da nessuna parte. Se uno legge la pagina Facebook di Autosvezzamento.it sembra che TUTTE allattino, ma questa è solo un’isola felice e NON rappresentativa della popolazione nel suo complesso.
Ahimé si comincia male già in ospedale in quanto
Alla dimissione dopo il parto il 71% dei neonati è allattato al seno in modo esclusivo, quota che scende a 65% al momento della prima visita pediatrica (primo mese di vita).
Non ci si può non chiedere come mai quasi il 30% delle madri esce dall’ospedale con il biberon in mano. Mi pare chiaro che ci sia qualcosa che non funziona e sulla quale bisogna indagare per porvi rimedio quanto prima (aspetta e spera…)
Però un’aspetto interessante in quanto viene fuori che
L’allattamento esclusivo al seno fino al 6° mese prevale nelle mamme lavoratrici (32,9% vs 21,6% delle casalinghe o disoccupate) e con un’istruzione universitaria (31,9%) piuttosto che elementare (17,1%).
cosa che trovo davvero difficile da comprendere. Possibile che il tasso di scolarizzazione influisca? E in che modo? Sorprendente anche il fatto che la percentuali di allattanti che lavorano fuori casa è superiore del 50% rispetto a chi rimane a casa.
Altri dati ci dicono che
L’allattamento esclusivo al seno almeno fino al sesto mese prevale nelle regioni del Centro (34,4%), del Nord (31,3%) e scende notevolmente al Sud (23,9%). È più probabile se il parto è stato spontaneo (31,8%) e meno probabile in caso di cesareo (24,2%). L’allattamento prolungato al seno è inoltre più diffuso tra chi ha già avuto figli (32.2%) rispetto alle primipara (27,2%). L’età della mamma al parto e la nazionalità hanno, invece, un’influenza trascurabile sulla prevalenza di allattamento esclusivo al seno.
Invece per quanto riguarda l’alimentazione complementare a richiesta leggiamo che
…Lo svezzamento è avvenuto in media a 5,3 mesi e il 64% dei bambini era stato svezzato in modo tradizionale. L’alimentazione complementare a richiesta è risultata più frequente nelle regioni del Centro Italia, tra le mamme con un’istruzione superiore o universitaria e nei bambini allattati esclusivamente al seno almeno fino al sesto mese.
Anche se un po’ fuori tema sull’argomento dell’allattamento, vale la pena di citare questa osservazione che il Mario Negri fa nell’articolo originale (il grassetto è mio):
Allo svezzamento di tipo tradizionale, basato sull’introduzione di pappe, si è affiancato negli ultimi anni il cosiddetto autosvezzamento, in cui il bambino si alimenta prendendo piccole porzioni del cibo preparato per gli adulti. Pur se con evidenze non ancora conclusive, l’approccio dell’autosvezzamento appare associato a un comportamento alimentare più salutare e a un miglior accrescimento ponderale.
Potete leggere il comunicato stampa qui.
Qui invece trovate la pagina ufficiale dello studio Nascita.
Questo invece è lo studio originale.
Nel 2023 è uscito un altro articolo, che trovate qui, che riporta dati raccolti nel 2022 grossomodo confermando il trend.
Qui si dice che:
Non esiste in Italia un monitoraggio permanente dell’allattamento, ma da una survey del 2022 dell’Iss emerge che in media il 46% dei neonati a 2-3 mesi di vita è allattato in modo esclusivo al seno, percentuale che scende al 30% a 4-5 mesi, con le regioni del Sud che hanno dati estremamente più bassi e questo è inaccettabile”
Incredibile come al giorno d’oggi i tassi di allattamento in Italia ancora non vengano monitorati!