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“Non dobbiamo far sentire in colpa le madri che non allattano”

far sentire in colpa chi non ha allattato
Questo poster è del 1938.
La scritta dice più o meno: “Allatta il tuo bambino, la tua protezione contro i piccoli disturbi. Per informazioni richiedi una pubblicazione del ministero e chiedi al tuo medico”

L’ultimo tabù sembra essere quello di offendere le donne che non hanno allattato e non far sentire in colpa chi non ha allattato. Mai dire apertamente che

  • l’allattamento è il più indicato per il bambino,
  • puntualizzare che la formula non è ugualmente valida,
  • elencare i vari problemi, lievi, lievissimi o meno lievi, che possono essere ricondotti al latte artificiale.

L’imperativo è formulare un pensiero che non offenda chi non ha allattato. MAI far sentire in colpa che non ha allattato. Ma il timore è giustificato? Esiste davvero questo problema o è una creazione dei social e dei media?

Analizziamo la situazione.
Per come la vedo io, e certamente semplificando molto, le non allattanti si dividono in tre gruppi (teneteli a mente perché ricorrono spesso in questo articolo)

1. Chi non ha potuto

2. Chi non ha voluto

3. Chi dice che non ha potuto, ma in cuor suo pensa che avrebbe potuto fare di meglio.

Vediamo più in dettaglio:

1. Chi “non ha potuto” non può certo risentirsi quando sente dire che il latte artificiale è inferiore al materno. Sia che abbia vissuto problemi quali il ritorno al lavoro quasi immediato, una malattia o semplicemente non ci sia riuscita, era sufficientemente motivata a farcela, solo che, per vari motivi, purtroppo non ce l’ha fatta.

2. Chi “non ha allattato per scelta”, lo ha fatto con cognizione di causa valutando i pro e i contro. Quindi, anche se ne aveva la possibilità, per motivi suoi ha deciso di fare altrimenti. Di conseguenza, se una donna che ha scelto di non allattare legge di un nuovo lavoro scientifico  che ha provato che il latte artificiale è inferiore al materno, non può risentirsi. Al massimo, se ritiene l’informazione valida e se ci sarà una prossima volta, in futuro potrà prendere in considerazione di fare una scelta diversa.

3. Il terzo gruppo è quello più problematico, almeno in teoria. Onestamente non so quanto creda a certe storie che mi capita di leggere, di madri che, per aver dato un biberon di latte artificiale, vengono volutamente fatte sentire a disagio da occhiate malevole e commenti taglienti fatti con intenti meschini. Piuttosto, mi chiedo quante di queste critiche non siano semplicemente da ricondurre all’ipersensibilità della madre e dal desiderio, più o meno inconscio, di essere criticata (un discorso simile si può fare anche per chi allatta, quanto meno i primi mesi, ma questa è un’altra storia).

E così tu – madre che non sei riuscita a risolvere i problemi legati all’allattamento o il modo di affrontarlo e pensi che ci siano delle questioni tuttora irrisolte – se qualcuno fa presente che effettivamente “breast is best” ti senti chiamata in causa in prima persona; per te tu hai fallito. La questione è se questo sentirsi chiamati in causa ha effetti positivi o effetti negativi.

Il desiderio di essere politically correct e non offendere le non allattanti pervade sicuramente i mezzi di comunicazione. Prendiamo ad esempio la notizia di uno studio pubblicato molto di recente (e che trovate qui) che collega l’allattamento prolungato a un quoziente intellettivo più alto. La prima volta ho letto la notizia sul sito della BBC che nel riportarla ha sentito il bisogno di aggiungere (il grassetto è mio):

Gli esperti dicono che anche se i risultati dello studio non sono definitivi, sembrano confermare le linee guida vigenti che i bambini dovrebbero essere allattati per sei mesi.
Ma dicono che le madri possono comunque scegliere se allattare o meno.

E cosa vuole dire? Per chiarire questo concetto l’articolo poi continua citando un altro esperto che dice:

Tuttavia riconosciamo che non tutte le madri scelgono o sono in grado di allattare e il latte formulato è l’unica alternativa al latte materno per i primi 12 mesi di vita del bambino.

In altre parole hanno pensato… “Hhhmmm… c’è questa notizia, ma come facciamo a scriverla senza offendere gran parte delle nostre lettrici?”

Il quotidiano The Independent invece ha pubblicato un editoriale dal titolo: “Quindi l’allattamento favorisce il QI del bambino; prova a dirlo alle donne che non riescono ad allattare” il cui contenuto potete facilmente indovinare.

In entrambi i casi più che discutere i de/meriti del lavoro, se ne critica a priori il contenuto in quanto considerato inadatto per le madri che non allattano per paura che le faccia sentire in colpa; tirare in causa le donne che non sono riuscite ad allattare a causa di vari problemi viene considerato tabù. Ma allora che facciamo, dichiariamo la ricerca sull’allattamento illegale?

E in Italia come è stata riportata la notizia? Finora se n’è parlato pochissimo e nessuna delle testate cartacee mi pare se ne sia occupata – anche se nel 2011 La Repubblica ha parlato di un simile studio polacco. L’Huffington Post ha pigramente riportato parte del contenuto dell’articolo già citato dell’Independent dal quale hanno selezionato, tra le altre, questa frase:

Questi studi, pur utili, portano una critica implicita a chi non riesce ad avere successo nell’allattamento

Quindi anche questa testata ha deciso, piuttosto che parlare dello studio in sé, di criticarlo per il fatto stesso di esistere. Il mantra è sempre il medesimo, non tirare in ballo chi non allatta per non farla sentire in colpa, anche se implicitamente. Il problema non è mai il tasso di allattamento o i problemi che circondano le donne che desiderano allattare, ma lo studio che chiaramente non andava fatto.

Queste non sono certo cose nuove. Mi ricordo che anni fa lessi un post che mi colpì molto su un blog personale di una mamma: parlava dei pericoli dal non allattamento – potete leggere il nostro sullo stesso argomento qui – ed elencava le solite controindicazioni quali maggiori problemi gastrointestinali, otiti, ecc., ma al termine l’autrice finiva con questa frase (mia enfasi):

“Detto questo è logico che se non potete/volete allattare al seno avrete comunque un bambino sano, intelligente e meraviglioso…
… ribadisco che [se] per un motivo o un altro non si può/vuole allattare, non colpevolizzatevi! Una mamma serena vale più di mille anticorpi!

Ma allora che senso ha il post? Prima vuoi dare informazioni, ma poi mi dici che “è logico” che non contano per timore di far sentire in colpa la madre che non allatta?

Di esempi così è piena la rete, basta cercare su Google digitando le parole chiave preferite. Data la vastità delle testimonianze disponibili sembrerebbe vero che le madri che hanno avuto problemi con l’allattamento si offendano facilmente, o questo è il messaggio che passano i media.

Quello che però mi ha fatto scattare la molla e mi ha convinto a scrivere quello che leggete è stato il programma di Rai2 “Detto Fatto”. Premetto che fino all’altro giorno non ero al corrente dell’esistenza di questo spettacolo, né conoscevo la conduttrice, e devo ringraziare Marzia di Facebook per avermi segnalato che nella puntata del 23 marzo si parlava di svezzamento. Il programma è presentato dalla conduttrice Caterina Balivo, a quanto leggo anche lei è diventata madre di recente e almeno per un po’ sembra aver allattato – e, sì, questa informazione è rilevante.

Se volete vedere il pezzo sullo svezzamento (con cremine, brodini e liofilizzati vari) cliccate sul link poco sopra e cominciate dal minuto 26, ma non credo ne valga la pena. A me invece interessa cosa accade a partire dal minuto 38:26 e per i successivi 30 secondi circa e che vedete riassunto nel seguente “fotoromanzo”.

Non far sentire in colpa le donne che non allattano
Quella che vedete è Caterina Balivo, la presentatrice di Detto Fatto. Le immagini sono state prese dalla trasmissione del 23 marzo e corrispondono al dialogo riportato nei fumetti.

Il dialogo completo tra Caterina e la Pediatra ospite, che pare essere la sorella, è il seguente:

Caterina: Le mamme vanno in crisi, quando… quando c’è il passaggio dal latte allo svezzamento?

Pediatra: Allora, il latte resta comunque un alimento fondamentale per i bambini, Caterina. L’ideale è che anche l’allattamento continui fino al primo anno di vita (foto 1). Se però questo non è possibile…

Caterina: Scusami, l’allattamento… materno (foto 2)?

Pediatra: Esatto, fino al primo anno di vita (foto 3) è l’ideale sempre per il discorso degli anticorpi…

Caterina: Tanto, eh… però

Pediatra: È molto impegnativo; non sempre le mamme riescono, perché… comunque anche per esigenze lavorative, però sarebbe l’ideale. Se però questo non è possibile…

Caterina: Sì, però neanche far sentire in colpa le mamme che non hanno potuto allattare fino all’anno di vita! (foto 4)

Pediatra: Assolutamente, assolutamente…, Caterina…

Lasciamo perdere la questione su quale sia la durata ottimale dell’allattamento (o non ne usciamo più) ed esaminiamo invece la reazione della presentatrice che appare stupefatta alla sola idea che si possa allattare addirittura fino ai 12 mesi del bambino e che mette letteralmente le mani avanti per precisare che assolutamente non dobbiamo far sentire in colpa le madri che “non hanno potuto allattare fino all’anno di vita“. Che messaggio si sta facendo passare? Vediamo… Da una parte, ovviamente, che non si è mai visto un bambino allattato per un anno!! Dall’altra che eh però, se mi dici così poi chi non l’ha fatto si sente in colpa!! 

Vediamo la logica dell’argomentazione per la quale le donne che non allattano (a lungo) non possono sentir parlare di allattamento (se non in termini negativi).

Mi direte che non c’è niente di male ad essere empatici e a mostrarsi sensibili verso il dolore del prossimo. In teoria sono d’accordo, ma… il problema è che si parte da premesse, a mio avviso, sbagliate in quanto si vede la madre che non è riuscita ad allattare (a lungo o meno a lungo, la durata poco importa) come un essere indifeso che va protetto e alla quale non bisogna far pesare in alcun modo il suo fallimento – parola non scelta a caso in quanto se non pensasse, anche se solo inconsciamente di aver fallito, farebbe parte del gruppo (1), ovvero di quelle che non hanno potuto allattare.

Riesaminiamo i tre gruppi di donne non allattanti:

1. Tra le donne che hanno effettivamente provato ad allattare, ma non ci sono riuscite, quante sono a sentirsi veramente offese quando sentono che la formula altro non è che un surrogato? Non ho statistiche alla mano, ma mi verrebbe da dire molte meno di quanto non si pensi, dopo tutto qual è la logica per la quale ci si dovrebbe sentire in colpa, del resto più che mettercela tutta uno non può.

Per cui la donna che non è riuscita ad allattare nonostante tutta la buona volontà non se la prenderà a male se le dicono, ad esempio, del legame tra QI e (non) allattamento e sarà grata che la formula esiste, altrimenti la situazione del suo bambino sarebbe stata ben più grave.

2. Neanche la donna che non ha voluto allattare se la può prendere se le capita di leggere che il latte formulato non è all’altezza del materno, perché ha fatto una scelta libera e senza costrizioni. Al massimo farà spallucce e passerà oltre, oppure interiorizzerà l’informazione e magari la userà in futuro.

3. Ritorniamo quindi alle donne consapevoli o di aver rinunciato troppo presto o di non aver perseverato abbastanza, o di non aver ricevuto il supporto necessario, ecc ecc.

Dobbiamo essere rispettosi di questa categoria? Certo, così come dobbiamo essere rispettosi nei confronti di tutti, ma senza essere condiscendenti, e questo è il punto chiave.

Quali sono i motivi che non fanno riuscire le madri ad allattare? Una lista assolutamente non esaustiva può comprendere:

  • Pressione di chi ti sta intorno
  • Poca motivazione
  • Assistenza sanitaria di scarsa qualità
  • Difficile combinazione lavoro, famiglia e allattamento
  • Assenza di esempi di allattamento dal “vivo”
  • ecc. ecc.

Che si allatti poco è purtroppo un dato di fatto (basta leggere le statistiche – alcuni esempi li trovate in questo articolo), ma come risolviamo questa situazione? A mio avviso molto semplicemente cambiando la prospettiva e il tipo di conversazione spostandoci da

non facciamo sentire in colpa le madri che non hanno allattato (più o meno a lungo)” (atteggiamento per me per nulla empatico, ma estremamente condiscendente)

verso un più costruttivo

coinvolgiamo le donne che sentono che non sono riuscite nell’allattamento per assicurarci che gli stessi sbagli non vengano ripetuti in futuro“.

Le donne che sentono di aver vissuto un allattamento fallito sono le più indicate per chiedere a gran voce un cambiamento di mentalità e nelle strutture che faciliti chi madre ancora non lo è. Dopo tutto loro hanno vissuto questi problemi in prima persona e sanno cosa vuol dire doversi scontrare con una realtà che non è quella che ci immaginavamo.

Chi insegna alle donne che verranno come aumentare la possibilità di allattare?

– Le donne per cui l’allattamento è stato una passeggiata hanno poco da insegnare.

– Quelle che non sono interessate ad allattare, non sono in grado di insegnare.

Le donne che invece non sono soddisfatte di come sono andate le cose hanno tutto da insegnare e sono quelle che dovrebbero sbandierare studi come questi a destra e a manca esigendo a gran voce che chi diventerà madre domani o l’anno prossimo o tra 5 anni possa vivere un’esperienza migliore di quella che hanno vissuto loro, perché se lo meritano.

Senza essere uno psicologo, mi sembra lampante che un’esperienza catartica come questa le aiuterà a superare la delusione dell’allattamento fallito, molto, ma molto di più del nascondersi dietro (la paura) del senso di colpa, che è quello che, in modo condiscendente, teorizza tra gli altri la Balivo (e non posso non chiedermi… la Balivo a che categoria appartiene, la 1, la 2 o la 3?).

Se invece continuiamo come è stato fatto finora, con l’intoccabilità delle non-allattanti, garantiremo solo il ripetersi all’infinito della situazione attuale, ovvero tassi di allattamento molto bassi.

Se i problemi che hanno afflitto te non sono stati non solo risolti, ma neanche affrontati, chi verrà dopo di te si troverà nella stessa situazione. Nessun cambiamento, nessun miglioramento. Solo un ciclo che si ripete.

La donna che ritiene di essere stata informata male, assistita male, di non essere stata motivata, di non aver ritenuto l’allattamento sufficientemente importante, ecc. non vorrà cercare di aiutare le altre donne a risolvere il problema? Questa è la vera “sisterhood of motherhood” (come dice lo slogan pubblicitario di una ditta di latte artificiale americano) e non il silenzio e l’assenza di dibattito, come alcuni ci vogliono far credere, compresa la stessa ditta di latte artificiale che ha fatto suo questo messaggio in modo mirabile.

Il genere di (non) conversazione suggerito dai media non solo è sbagliato, ma nella migliore delle ipotesi è inutile e molto probabilmente controproducente.

[box]A chi non è riuscito ad allattare secondo i propri desideri, vi siete sentite frustrate/deluse a causa di ciò?

Se sì, come avete fatto a risollevarvi? Raccontatelo nei commenti.[/box]

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322 risposte

  1. Io alla prima gravidanza ho allattato Solone 3 mesi, ero davvero molto giovane e vivevo con i miei genitori, mia madre non voleva che allattassi a letto, allattare era diventato uno stress e se la bimba piangeva voleva dire che ero io che non avevo latte. Mi ha sempre detto che neanche lei aveva latte dopo i 3 mesi e che per di più il mio seno non si era neanche gonfiato, non volendo vedere la bimba piangere abbiamo iniziato a darle l’aggiunta e alla fine solo l’artificiale. Non ho sofferto in realtà anche se avrei voluto viverla megljo, mia figlia è cresciuta sanissima e con un bellissimo rapporto con me quindi non ho di che lamentarmi. Ora sto provando a rimanere nuovamente incinta e mi sto informando bene bene sull’allattamento al seno, questa volta spero sarà diverso anche se non so se riuscirò a far coincidere lavoro e allattamento.

    1. Ciao Rita,

      vedi com’è facile tramandare i miti? Non ci voleva tanto far convincere anche te, così avresti potuto convincere anche tua figlia all’occorrenza 🙂

    2. Ciao, per quanto riguarda far coincidere lavoro ed allattamento ti racconto la mia esperienza anche se poi ognuno ha i suoi orari ed esigenze. Io sono rimasta a casa con mia figlia fino al nono mese quindi avevo già iniziato ad introdurre cibi solidi quando ho ripreso il lavoro.Poi ho lavorato a pt (2 ore in meno di lavoro per allattamento) all’anno di mia figlia ho ripreso il tempo pieno parto alle 7 e torno alle 17.30 appena arrivo la piccola si attacca subito e ciuccio anche la notte ma il passaggio e stato graduale e non ha comportato grossi traumi.

      Il giovedì 31 dicembre 2015, Rita ha scritto:

      1. Ciao Daniela si sarebbe bello rimanere a casa fino al nono mese ma non posso. Io ho 2 lavoretti uno come dog Host che svolgo in casa e uno come insegnante di ripetizioni che mi impiega 2-3 ore al giorno fuori casa e mi chiedo se in queste ore mio figlio avesse fame come farebbe mio marito? Se mi tiro il latte e lui glielo da con il biberon il bambino si abitua al biberon e poi non vuole più il seno?

        Inviato dal mio dispositivo Samsung

        ——– Messaggio originale ——–

        1. Ma quanto ha adesso?
          Comunque se si parla di 2-3 ore al giorno è molto probabile che ce la faccia.
          Però non ho capito… prima hai detto che il bimbo prende solo l’artificiale… ah, ma forse parli del secondo…

        2. La mia prima dopo il 3 mese ha preso solo artificiale ed ora che sto cercando la gravidanza mi sto informando bene sull’allattamento e l’unica problematica a cui non riesco a trovare adeguata soluzione è il fattore lavoro. Come potrò gestire lavoro e allattamento premettendo che lavoro 2-3 ore fuori casa?

          Inviato dal mio dispositivo Samsung

          ——– Messaggio originale ——–

        3. E chi lo sa! Onestamente neanche ci penserei, tanto le variabili in gioco sono talmente tante che è impossibile fare previsioni. Quando sarà e ti troverai in una situazione, la gestirai al meglio per te e per il nuovo bambino. Magari tuo figlio sarà uno di quelli che vuole mangiare soltanto ogni tot ore per cui non avrai nessun problema oppure sarà uno di quelli vuole sempre stare attaccato. Ricette non esistono. L’unica è vedere caso per caso qual è la soluzione migliore. Peccato che non lo sai mai a priori ma solo a posteriori, ma ci troviamo tutti nella stessa barca quindi… l’unica cosa che posso dire è buttati e cerca supporto se ti dovesse servire.

        4. Sì ma se poi mi si frena l’allattamento?

          Inviato dal mio dispositivo Samsung

          ——– Messaggio originale ——–

        5. Rita, ripeto, i fattori in gioco sono tantissimi. Tu parti POSITIVA e poi vedremo. Tra l’altro, se stai via 2-3 ore davvero credo che il problema non sussista 🙂

  2. mah questa è una falsa guerra tra poveri….è ovvio che è meglio l’allattamento materno, ma parliamo di una cosa talmente soggettiva, che è inutile discutere, bisogna solo informare sulle proprietà positive dell’allattamente materno, ma se una mamma da l’artificiale è una scelta…e non può essere impugnata….ognuno da quel che può e vuole al proprio figlio, ed ognuno lo educa come può e come vuole, ovviamente con metodi che non ne ledi la salute (fisica o psichica), ma onestamente non ho mai sentito parlare di bambini morti denutriti perchè allattati con l’artificiale….poi l’esperienza mia personale è che il nostro primo figlio purtroppo mia moglie non ha potuto allattare (il piccolo non si attaccava all’inizio e siamo stati consigliati male), ma il 2° e la 3° solo latte naturale e autosvezzamento…..abbiamo visto che il materno era mille volte meglio….per mille motivi. ma magari è stata una nostra esperienza, e ad altri è andata in maniera opposta…boh…. l’importante è capire che è una cosa delicata…e invece che voler giudicare chi fa cose diverse dalle nostre, bisogna accettare le scelte o necessità di ognuno….punto.

    1. Ciao Emanuele,

      proprio l’altro giorno ho letto un post dove si diceva che un pomodoro di stagione, cresciuto al sole, maturato sulla pianta viene classificato come “scelto”, mentre uno cresciuto in una specie di serra, staccato quando ancora verde e maturato in una scatola di cartone a 1000 km di distanza è considerato “normale” (considera che noi siamo molto a nord e da noi i pomodori non crescono).
      Lo stesso discorso vale per quello che hai detto tu. Ti cito: “bisogna solo informare sulle proprietà positive dell’allattamento materno”. Anche tu sei caduto nella trappola del marketing… L’allattamento non presenta NESSUN vantaggio. Al massimo è non allattare che presenta degli svantaggi.
      Che da un punto di vista della popolazione (anche del primo mondo) allattare sia una “scelta” migliore è fuor di dubbio, ma questo è visibile solo a livello di popolazione e non del singolo (al contrario del terzo mondo dove può essere una questione di vita o di morte). L’esperienza del singolo, positiva o negativa che sia, ha poco valore, mentre se guardiamo la popolazione nel suo complesso, possiamo vedere dei trend più o meno definiti che poi guidano le linee guida di salute pubblica. Purtroppo però quando questo viene inquinato dagli interessi dei produttori e dal marketing, tutto diventa molto, ma molto più nebuloso e la gente è confusa. Così si finisce a parlare dei “benefici” del latte materno, un po’ come se si parlasse dei benefici dell’aria pulita, contro quella piena di smog com’è adesso a Roma e Milano (tra l’altro, se non te lo avessero detto, ti saresti accordo che i livelli di smog erano sopra il limite di guardia? E come vengono definiti questi limiti?)

      Fintanto che non allattare sarà considerano normale (anche se a livello inconscio), allora non si può dire che le dirette interessate possano effettivamente fare una scelta informata. Che scelta è se ti presento il latte artificiale come la norma e il latte materno come un di più?

      Questo lo hai letto?
      http://www.autosvezzamento.it/breast-is-best/

      Il 30/12/15 16:52, emanuele ha scritto:

  3. Non è questione di informazione o atteggiamento. Ho seguito corsi pre parto e post parto, mi sono informata leggendo, contattando consulenti ecc ma l’allattamento esclusivo non mi è stato amico. Sono daccordo con quanto dice Ada, e anche io non sopporto quelle mamme che “pur di allattare” affamano i propri figli per MESI. Ho iniziato l’allattamento a richiesta in maniera tranquilla, il bimbo cresceva in abbondanza e tutto andava bene. Poi tutto d’un tratto il bimbo ha smesso di crescere, non andava più di corpo ed era sempre nervoso. Per oltre 3 settimane questa cosa è andata avanti, nonostante attaccassi il bambino anche 15 volte al giorno (e non è uno scherzo) bevevo tanto, mangiavo bene, assecondavo il bimbo, ma il risultato era sempre lo stesso. Cosa avrei dovuto fare? Sono passata all’allattamento misto e, guarda un po’, non solo il bimbo ha ricominciato a crescere ma in breve è tornato ad andare di corpo. In precedenza non andava di corpo perchè il latte che prendeva da me era appena sufficiente per idratarsi! E nonostante attacchi continui e tutti gli accorgimenti la produzione di latte non si è mai calibrata come avrebbe dovuto. Non mi pento di essere passata al misto e lo rifarei altre 100 volte perchè so che ho fatto di tutto per rimanere in allattamento esclusivo, ma questo non doveva significare affamare mio figlio!

  4. Le informazioni ci sono, ma spesso le future mamme non “si educano” leggendo libri e manuali e non partecipano nemmeno ai corsi preparto pensando che tutto sia naturale e che non sia necessario imparare a fare la mamma. Altro problema nasce in ospedale dopo il parto, anche ospedali pro allattamento non hanno consulenti o personale veramente in grado di supportare le mamme: io ho fatto mille domande, ma se non le avessi fatte nessuno mi avrebbe realmente aiutato. Una volta a casa quando mi sono trovata in difficoltà ho contattato un consultorio e tutto ciò mi ha permesso di arrivare a 6 mesi e mezzo con allattamento esclusivo e ora alimentazione complementare.

  5. Mia suocera e mia cognata erano infastidite dal fatto che allattassi e per di più a richiesta. Loro non avevano neanche una goccia di latte con 4 figli ???!!!! E i loro bambini sono cresciuti perfettamente in ogni caso anche se svezzati a 3 mesi. Davanti a ciò non puoi dire altro.

  6. Io penso che tante mamme smettano nel momento più difficile. Mia figlia ha quasi 10 mesi e adesso é tutto più facile. La notte si sveglia ogni 2 ore, ma adesso si attacca quasi da sola e io continuo a dormire. E poi la mattina mi sale sopra al petto e si attacca al seno e si riaddormenta così, con le ginocchia sul letto e la testa e il busto sopra di me per traverso ed è tenerissima. È un momento che adoro e se avessi smesso prima non ci sarei mai arrivata. Svezzarla del tutto mi spaventa molto di più perché sicuramente piangerebbe se non gliela voglio dare. Preferisco molto di più lasciare le cose evolversi da sole. Sono d’accordo con qualcuno che dice che l’articolo è stato scritto da un uomo, logicamente ha senso ma le psiche delle donne funziona diversamente e ammetto che non abbia sempre senso, specialmente per gli uomini. Pensa che io mi sento ancora in colpa che le ho dato l’aggiunta il secondo e terzo giorno sotto consiglio della lactation consultant. Tornassi indietro mi rifiuterei categoricamente. Comunque, sono d’accordo con il fatto che uno studio scientifico è uno studio scientifico e basta. Se hanno scoperto che quello materno è meglio non c’è niente da argomentare o sentirsi offesi. Dopotutto tutti sanno che fumare fa male, ma non vedo fumatori sentirsi offesi dalla ricerca scientifica perché non riescono a smettere. Ciao ciao!

  7. A me è successo questo: dopo la mia gravidanza gemellare tutto sommato tranquilla, una ginecologa con poco tatto e la presunzione di non aver bisogno di consulenti o ostetriche per il post parto (quindi né io ho chiesto al mio medico o mi sono informata per altri canali, ma né lei si è interessata della questione allattamento… diciamo che non si è interessata a me in quanto madre, ma solo in quanto paziente) partorisco… e quasi ci lascio le penne (no, non sto scherzando). I bimbi stanno benissimo dopo il cesareo, invece io vengo operata nuovamente dopo mezzora per fermare l’emorragia. Terapia intensiva per me e nido per i bimbi che vedo dopo 12 ore, esausta. In ospedale ci sono rimasta di più di una partoriente “normale” e non per mia scelta, chiaramente, e ho avuto modo di essere assistita da più operatori che avevano opinioni diverse sull’allattamento: devi allattare su un fianco (ma sono due!! e poi non riesco neanche a muovermi); devi dare l’aggiunta (sì, ma prima di andartene mi avvicini i bimbi che non posso scendere dal letto!!!); devi assolutamente allattarli assieme (sì, ma su un braccio dove mi è venuta la flebite per via degli aghi ho una flebo attaccata e sull’altro pure!). Insomma, io non mi sono informata a dovere prima, ma da chi di dovere sono stata lasciata SOLA. Non ho avuto il tempo di sentirmi in colpa per non aver allattato come avrei voluto e ci ho provato per un paio di mesi. Dovevo rimettermi in forze, stare bene, per me e per loro. Se avessi un altro figlio, ora saprei come fare. E se una mia amica avesse delle difficoltà, saprei consigliarla. Concludo dicendo solo questo: non è molto costruttivo suddividere le mamme in mamme di classe A e mamme di classe B… ho visto spesso su Facebook questo tipo di atteggiamento molto “solidale”, oserei dire. In fondo siamo tutte sulla stessa barca… cerchiamo di non farla affondare.

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